Multe e carcere a mendicanti, ambulanti, a chi indossa il burqa o il niqab, a chi ricorre all'estero alla maternità surrogata, più miseria per i poveri e maggiori profitti per i ricchi, oltre, naturalmente, al beneficio dell'impunità per chi ammazza per "legittima difesa", ossia per difendere un presunto diritto di proprietà - ieri a Macerata sulle "nostre donne", oggi a Rosarno sulle lamiere di una ex fornace, divenuta discarica di rifiuti tossici - o più indirettamente per il profitto (oltre 600 i morti dall'inizio dell'anno, sul lavoro e in itinere)
Questo in sintesi il programma del governo fascio-populista:
1) Si conferma l'appartenenza alla NATO, con gli USA quale alleato privilegiato, ma senza scontentare lo zar.
2) Sparare per difendere la proprietà privata è sempre legittimo.
3) Più carceri, rafforzamento del carcere duro e meno ospedali e scuole, possibilmente quelle che ci sono vanno militarizzate
2) Sparare per difendere la proprietà privata è sempre legittimo.
3) Più carceri, rafforzamento del carcere duro e meno ospedali e scuole, possibilmente quelle che ci sono vanno militarizzate
4) Leva obbligatoria
5) Campi di concentramento per 500.000 migranti fino al rimpatrio.
5) Campi di concentramento per 500.000 migranti fino al rimpatrio.
6) Nuove forme di "voucher" per aiutare i padroncini
7) Reddito di cittadinanza sempre più lontano e a condizione di accettare qualsiasi lavoro di merda in qualsiasi parte d'Italia
8) Sgomberi di massa per i senza casa che hanno occupato case vuote perché non hanno una casa.
9) Chiusura (ruspa) dei campi ROM, cacciata dei 60.000 nomadi che vi abitano e sottrazione dei loro figli (35.000) ai genitori.
10) Via le tasse ai ricchi e agli industriali con la Flat Tax.
11) Via libera alle devastazioni ambientali.
12) Più spese militari, incremento dell'industria bellica, più soldi, privilegi e sconti per le forze dell'ordine
12) Più spese militari, incremento dell'industria bellica, più soldi, privilegi e sconti per le forze dell'ordine
13) Non un euro ai terremotati
14) Qualche euro alle donne italiane che fanno figli
Questa si chiama guerra ed è una GUERRA DI CLASSE, combattuta con ogni mezzo dalla borghesia contro il proletariato. E oggi l'alleanza Lega-M5S è l'espressione politica degli interessi del capitalismo italiano, è la legittimazione di "ogni mezzo" di cui la borghesia oggi si avvale per vincere questa guerra, non ultimo il rendere legale l'illegale, come il fascismo, come la cosidetta mafia mercatista, come le scommesse della stessa Lega su strumenti finanziari di grandi banche e multinazionali all'estero (l’americana General Electric, la spagnola Gas Natural, l'indiana Arcelor Mittal, che ha acquistato l’Ilva promettendo di lasciare a casa circa 4mila lavoratori). Altro che «Europa serva di banche e multinazionali», altro che «Fuori la mafia dallo Stato»! Con la Flax tax adesso anche la Lega può far rientrare dal paradiso fiscale in Lussemburgo il suo tesoro, d'altronde lo Stato sono loro!
Lo Stato sono loro, ma i soldi sono i nostri e quindi è nostro interesse vedere dove sono andati a finire.
Da L'Espresso
I soldi dei leghisti nascosti in Lussemburgo
Gli affari dei tre commercialisti scelti da Salvini per gestire i fondi del partito. Tra fiduciarie svizzere e holding offshore
DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE
È questa la sede dell’associazione “Più voci”? La portiera di via Angelo Maj 24, a Bergamo, sgrana gli occhi. «Mai sentita nominare», risponde. Eppure, secondo i documenti ufficiali ottenuti da L’Espresso, è in questo condominio a sei piani color verde acqua che è stata registrata l’associazione fondata da tre
commercialisti fedelissimi di Matteo Salvini. Un’associazione importante per capire come il leader della Lega ha riorganizzato le finanze del partito dopo gli scandali della gestione Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, le condanne per truffa, i sequestri milionari. In meno di un anno, dall’ottobre del 2015 all’agosto del 2016, sul conto corrente della “Più Voci” sono arrivati bonifici per un totale di 313.900 euro. Denaro versato principalmente da Esselunga e dall’immobiliarista romano Luca Parnasi. Soldi che “l’organizzazione culturale” ha girato subito dopo a due società molto vicine alla Lega: Radio Padania e Mc srl, l’impresa che edita il quotidiano online Il Populista. Possibile che nemmeno la portiera dello stabile abbia mai sentito parlare della “Più Voci”, la porta girevole creata dai cassieri di Salvini per incamerare finanziamenti privati? Davanti all’insistenza dei cronisti, l’anziana signora ha un sussulto. Estrae da un cassetto un foglio bianco: vi sono riportati i nomi di una ventina di società. La portiera scorre attentamente l’elenco. «Eccola», esclama, «l’associazione “Più Voci” in effetti è qui, in quella porta», e la indica con il dito al piano terra.
La porta è quella dello studio Dea Consulting, di proprietà di due commercialisti bergamaschi poco noti: Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. Sono stati loro, insieme al collega e tesoriere leghista Giulio Centemero, a creare l’associazione. Sempre loro a depositare all’ufficio brevetti il marchio “Salvini premier”, sfondo blu e scritta bianca in stile Trump. E ancora loro a spostare il baricentro finanziario del partito da Milano, in via Bellerio, sede storica del Carroccio, alla più modesta via Angelo Maj, nella Bergamo dell’ex ministro Roberto Calderoli, bossiano del cerchio magico fino alla tempesta dell’indagine sulla truffa dei rimborsi elettorali, poi unico della vecchia guardia a sedersi con Salvini al tavolo delle trattative con i Cinquestelle. Passato e futuro che si incrociano in questa palazzina residenziale di Bergamo bassa. Con al centro i tre giovani contabili scelti da Matteo per gestire la cassa. Tutti nati nel 1979, tutti laureati in economia e commercio all’università di Bergamo, dove si sono conosciuti nei primi anni 2000. È indagando sugli affari dei tre commercialisti che si scopre una lista infinita di società. Una ragnatela che nasconde parecchie sorprese. Ci sono ad esempio sette imprese registrate presso lo studio Dea Consulting, di cui è però impossibile conoscere il reale proprietario: a controllarle è una fiduciaria che porta lontano dai confini nazionali cari a Salvini. Seguendo il flusso di denaro si arriva in Lussemburgo passando per la Svizzera. E ci si imbatte pure nella nipote di Silvio Berlusconi, azionista di minoranza della pattuglia di aziendine che fanno base presso lo studio dei commercialisti leghisti. Ma non è tutto. Approfondendo gli affari dei cassieri del Carroccio si arriva a un’impresa di Di Rubba e Manzoni che noleggia auto, il cui fatturato si è impennato da quando la Lega è diventata sua cliente. E c’è pure una grande tipografia della bergamasca, anche questa diventata fornitrice di punta del partito gestione-Salvini, il cui proprietario ha fatto guadagnare oltre un milione di euro a Di Rubba.
Operazione Lussemburgo
Centemero, Di Rubba e Manzoni. Gli amministratori della cassa del partito, traslocata in gran fretta dalla milanese via Bellerio alla bergamasca via Angelo Maj. Tutti e tre con ruoli di peso all’interno della Lega. Centemero è il tesoriere del partito. Gli altri due ad aprile sono stati nominati rispettivamente direttore amministrativo e revisore contabile dei gruppi parlamentari, Manzoni alla Camera e Di Rubba al Senato. Un ruolo delicato, perché chi lo ricopre ha a che fare con soldi della collettività. I gruppi parlamentari sono infatti sovvenzionati dallo Stato. E con la fine del finanziamento pubblico ai partiti, sono rimasti l’unico canale attraverso cui le forze politiche possono incamerare denaro dei contribuenti. Per questo sarebbe auspicabile evitare commistioni tra il ruolo pubblico e quello privato dei professionisti impegnati ad amministrare o a vigilare sui conti dei gruppi parlamentari.
Al vertice del trio di cassieri Salvini ha posto Centemero, militante di lungo corso e tesoriere ufficiale del partito dal 2014. Compito particolarmente delicato viste le grane finanziarie in cui si è impelagata la Lega dopo la truffa sui 48 milioni di euro di rimborsi elettorali (sentenza di primo grado). Già assistente a Bruxelles di Salvini, che dice di conoscere da quando aveva 17 anni, il giovane commercialista è l’unico dei tre contabili ad essersi guadagnato un posto in Parlamento alle ultime elezioni. L’uomo a cui è stato affidato il compito di mettere in sesto le casse leghiste ha in effetti un curriculum di tutto rispetto. Niente a che vedere con Francesco Belsito, che prima di assumere la carica di tesoriere faceva l’autista. Nato in Brianza e residente a Milano, Giulio vanta un master in Bocconi e uno alla Boston University di Bruxelles, esperienze lavorative in multinazionali come Ibm e Pricewaterhouse Coopers, una passione non comune per le lingue (dice di cavarsela persino con l’armeno, l’arabo e il cinese). Nel curriculum non lo scrive, ma a facilitare la sua scalata nel mondo della politica potrebbe essere stata anche una parentela prestigiosa: sua sorella si chiama infatti Elena, più volte deputata di Forza Italia.
È stato Centemero a spostare gli affari più riservati della Lega da Milano a Bergamo, nello studio commercialistico di via Angelo Maj 24, quello degli ex compagni di università Di Rubba e Manzoni.
Questo civico alle porte del centro storico è diventato oggi il crocevia di decine di società sconosciute ai più. Sette di queste, però, sono più speciali delle altre. La proprietà è infatti impossibile da decifrare. Un lavoro da professionisti, quali sono in effetti i cassieri di Matteo. Risalendo la catena di controllo delle sette imprese registrate presso lo studio Dea Consulting ci si imbatte infatti in una fiduciaria italiana, a sua volta controllate da una holding lussemburghese dietro la quale si trova un’altra fiduciaria. Un’architettura perfetta per celare l’identità dei proprietari e ottimizzare il carico fiscale. Tutto legale, meglio dirlo subito. Ma andiamo con ordine. Tutte le azioni delle sette società italiane - che in comune hanno il fatto di essere state fondate tra il 2014 e il 2016, dopo la presa del potere di Salvini e la nomina di Centemero a tesoriere del partito - sono detenute dalla Seven Fiduciaria di Bergamo, a sua volta controllata da un’altra impresa bergamasca, la Sevenbit. Il presidente del consiglio d’amministrazione di quest’ultima si chiama Angelo Lazzari, che si presenta sul web come ingegnere ed ex promotore finanziario, prima in Mediolanum e poi in Unicredit, oggi manager con base in Lussemburgo.
Fondata nel 2015, la Sevenbit conta una trentina di azionisti - tra questi anche la nipote di Berlusconi, Alessia, attraverso la Blue Srl - ma la maggioranza delle quote, il 90 per cento, è in mano alla Ivad Sarl, sede in Rue Antoine Jans 10, Lussemburgo, fondata nel 2008 dallo stesso Lazzari. Impossibile conoscere l’origine dei capitali attraverso cui l’azienda è cresciuta a dismisura.
Di sicuro, dal dicembre del 2015 la holding lussemburghese ha un nuovo proprietario ufficiale, e anche questa volta è italiano. Si chiama Prima Fiduciaria ed è specializzata nella creazione di trust, cioè fondazioni anonime. Tra gli azionisti della Prima Fiduciaria troviamo un’altra lussemburghese, la Arc advisory company. Che ci riporta dritti al punto di partenza, visto che è stata fondata nel 2006 proprio da Lazzari. Anche in questo caso, però, è impossibile tracciare l’origine dei capitali: il socio di controllo della Arc advisory company è infatti la Ligustrum, una società immobiliare svizzera, con base a Lugano, le cui azioni sono intestate al portatore. Perché tutta questa riservatezza dietro a sette piccole imprese della bergamasca? Ci sono legami tra queste società e la Lega? Alle domande de L’Espresso, sia Centemero che i colleghi Di Rubba e Manzoni hanno risposto allo stesso modo. Non hanno fornito informazioni sui beneficiari ultimi della Seven Fiduciaria, ma hanno assicurato che le sette aziende in questione non hanno legami né diretti né indiretti con la Lega.
Tuttavia un fatto è indiscutibile: in una di queste l’amministratore è il tesoriere del partito, cioè Centemero, e in una seconda lo stesso ruolo è ricoperto dal professionista, Manzoni, scelto per amministrare il gruppo parlamentare alla Camera. Oltretutto quest’ultimo è stato scelto per guidare l’ammiraglia delle finanze del Carroccio, la Fin Group, di proprietà del partito.
Di certo colpisce notare come il nuovo fortino degli affari leghisti porti nel paradiso fiscale europeo per eccellenza, quello in cui hanno trovato rifugio i grandi capitali della finanza speculativa. Il Granducato per anni governato da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, volto del cosiddetto establishment e guardiano dei vincoli di bilancio europei che Salvini vorrebbe demolire in nome del sovranismo. Eppure, se da un lato Matteo promette una lunga guerra di trincea alle istituzioni comunitarie e si dice pronto a scommettere che la flat tax rimetterà in sesto i conti pubblici italiani, dall’altro non sembra preoccupato dagli affari offshore legati ai suoi fedelissimi cassieri. Affari in cui ricorrono spesso gli stessi nomi. Come quello di Giorgio Balduzzi, presente come procuratore speciale della Seven Fiduciaria all’atto di costituzione di alcune delle imprese registrate presso lo studio di Manzoni e Di Rubba. Balduzzi si mostra come numero uno della Wic Private Equitiy, una holding che gestisce investimenti. Nello stesso gruppo lavora Laura Balduzzi, che fino a settembre 2013 era la titolare dello studio poi venduto al duo Manzoni-Di Rubba.
Un altro nome ricorrente è quello di Alberto Maria Ciambella. È il notaio, anche lui bergamasco, che ha registrato tutte e sette le società domiciliate al 24 di via Angelo Maj, quelle riconducibili all’anonima holding lussemburghese Ivad. Ma è anche l’ufficiale che ha firmato tutti i rogiti attraverso cui la Lega ha sparpagliato il suo ricco patrimonio tra le varie sezioni regionali del partito, prontamente dotate di codice fiscale e quindi di autonomia patrimoniale. Una mossa inedita, realizzata dopo l’arrivo di Salvini al potere e l’avvio dell’inchiesta per truffa che poco dopo avrebbe portato al sequestro dei conti del Carroccio, sui quali finora i magistrati di Genova hanno trovato poco più di 3 milioni di euro rispetto ai 48 milioni che cercavano. Una coincidenza, forse, quella del notaio Ciambella. O più probabilmente la conferma che Bergamo è diventata il nuovo centro finanziario della Lega di Salvini, il posto più sicuro per ridare fiato agli affari. Quelli dichiarati e quelli più segreti.
Un amico d’oro
La funzione pubblica e quella privata si mischiano spesso anche quando si prova a ricostruire l’ascesa del commercialista Di Rubba, nominato ad aprile scorso direttore amministrativo del gruppo parlamentare della Lega al Senato. Una fortuna pazzesca, quella del 39enne commercialista di Gazzaniga. Ex dipendente di Ubi Banca, appassionato di montagna e motocross, da quando Salvini è diventato segretario del partito lui ha accumulato incarichi prestigiosi: presidente di Lombardia Film Commission, la fondazione controllata dalla Regione che ha come scopo quello di promuovere sul territorio lombardo le produzioni video; consigliere d’amministrazione di Radio Padania, la storica emittente del Carroccio in cui il segretario federale ha mosso i primi passi; amministratore unico di Pontida Fin, la cassaforte immobiliare del Carroccio, oggi rimasta l’unica azienda del partito con un patrimonio rilevante.
Ripartiamo allora da lui, da Di Rubba e dalla sua fortuna. Non quella politica, però, ma quella finanziaria. Il gioiellino di famiglia si chiama Dea Spa, società immobiliare in cui Centemero e Manzoni hanno avuto incarichi di vigilanza, che conta oltre 20 proprietà tra case e terreni. Il vero colpaccio, però, Alberto l’ha messo a segno di recente. E ha fatto tutto da solo, senza l’aiuto dei familiari. Una compravendita azionaria da far impallidire i più smaliziati venture capitalist. Al centro dell’affare c’è la Arti Group Holding, società fondata a Bergamo nel dicembre dell’anno scorso e attualmente inattiva, dicono le visure camerali. Quando viene costituita, Arti Group Holding ha tre azionisti: Alessandro Bulfon con il 49 per cento, Marzio Carrara con il 45 per cento e Alberto Di Rubba con il 6 per cento. Cinque mesi dopo, il 10 maggio 2018, Di Rubba vende la sua quota a Carrara, che così ottiene il controllo dell’azienda (51 per cento).
Una normale operazione finanziaria, verrebbe da dire. Non fosse per le cifre in ballo. Al momento della fondazione della Arti Group Holding, il 6 per cento in mano a Di Rubba valeva 10 mila euro. Cinque mesi dopo, per acquistarla Carrara ha versato sul conto del commercialista bergamasco la bellezza di 1,1 milioni di euro. Che cosa è successo nel frattempo per giustificare una maggiorazione di prezzo del genere? Le cronache locali raccontano che poco dopo la costituzione, a gennaio di quest’anno, Arti Group Holding ha acquisito dal fondo tedesco Bavaria due aziende della bergamasca: la Eurogravure e il Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche. Un’operazione importante, che non spiega però il motivo di quella straordinaria rivalutazione delle quote in mano a Di Rubba. Di certo c’è che nel frattempo Carrara ha migliorato il suo rapporto con la Lega. Secondo due fonti interne al partito consultate da L’Espresso, proprio negli ultimi mesi il movimento guidato da Salvini ha scelto di affidare buona parte delle forniture di stampa, volantini e manifesti elettorali, a un’azienda di Costa di Mezzate, sempre in provincia di Bergamo. Si chiama Cpz. E il proprietario è lo stesso Carrara. Interpellati da L’Espresso sul prezzo della compravendita, il proprietario della Cpz e Di Rubba hanno risposto nello stesso modo: l’operazione – si sono limitati a spiegare - «rientra nel più vasto piano di acquisizioni mobiliari che il gruppo Carrara sta compiendo».
Quanto ha incassato l’imprenditore bergamasco dalla Lega nel 2017? A questa domanda sia Carrara che il tesoriere leghista Centemero hanno preferito non ribattere, giustificando la scelta con il rispetto della normativa sulla privacy e gli obblighi di riservatezza sui dati economici sensibili. Carrara ha voluto precisare che «da oltre vent’anni» il suo gruppo stampa per «numerose forze politiche», ma ha sempre mantenuto «una posizione di assoluta neutralità nei confronti della politica». E alla domanda “come spiega l’aumento delle forniture alla Lega nell’ultimo periodo?”, l’imprenditore ha risposto così: «Qualora vi fosse stato un aumento delle forniture in favore della Lega, ritengo possa essere attribuito alla campagna elettorale conclusasi con il voto dello scorso aprile».
Onorevole stampatore
Di certo l’eventuale aumento delle forniture della Cpz deve avere oscurato il ruolo della storica tipografia usata dal Carroccio negli anni di Bossi. Si chiama Boniardi Grafiche, ha sede a Milano e fino al 2016 ha registrato fatturati invidiabili per un’impresa di soli 9 dipendenti, oltre 2 milioni di euro all’anno. C’era solo un problema: i crediti verso i clienti, lievitati costantemente fino a sfiorare 1,5 milioni di euro. Quanti di questi erano appannaggio della Lega? Anche su questo punto il tesoriere Centemero ha spiegato di non poter rispondere a causa di «precisi obblighi di legge che mi impongono il rispetto della riservatezza», assicurando al contempo che tutte queste informazioni sono «oggetto nel caso della Lega a numerosi controlli da parte di diversi organi in sede di certificazione di bilancio e in seno alle commissioni a ciò preposte». Alcune fonti interne al partito raccontano però che per sanare i debiti sia stata escogitata una soluzione a costo zero. Almeno per le casse del partito. Alle ultime elezioni la Lega ha candidato Fabio Massimo Boniardi, 46 anni, figlio del fondatore della Boniardi Grafiche nonché azionista dell’impresa. Boniardi – che è pure consigliere comunale a Bollate, assessore a Garbagnate Milanese e vice segretario provinciale del partito - è stato eletto alla Camera e ora, se le elezioni in arrivo non gli scompagineranno i piani, potrà contare su cinque anni di stipendio. Pubblico, ovviamente. Non sarebbe questo l’unico fornitore fortunato della Lega.
Tra le nuove aziende scelte dal Carroccio, raccontano tre fonti interne al partito, da un paio d’anni c’è infatti anche un’azienda bergamasca chiamata Non Solo Auto. Fornisce servizi di noleggio di autovetture, e anche questa ha sede legale nel condominio verde acqua di via Angelo Maj 24. La società è stata fondata alla fine del 2015 e nel giro di due anni il suo giro d’affari è cresciuto parecchio, arrivando a toccare un fatturato di 268 mila euro nel 2017. Non male per un’impresa che dichiara di non avere nemmeno un dipendente. Chi sono i fortunati proprietari della Non Solo Auto? Proprio Di Rubba e Manzoni. I quali respingono qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi. Alla nostra richiesta di conoscere il fatturato della Non Solo Auto riferibile alla Lega, i due commercialisti bergamaschi hanno opposto il riserbo «per evidenti motivi di privacy e commerciali», argomentando che «né il dottor Di Rubba, né tantomeno il dottor Manzoni hanno ruoli di responsabilità esecutiva, strategica né funzioni dirigenziali» all’interno della Lega, partito per il quale i due dicono di svolgere «attività tecniche di natura amministrativa». E in effetti, tecnicamente, le cose stanno proprio così: i due sono presenti in diverse società legate al Carroccio, ma sempre come amministratori, membri del cda o del collegio sindacale. Nessun incarico politico, insomma, nemmeno adesso che i due professionisti lombardi hanno varcato la soglia dei palazzi romani con gli incarichi assunti alla Camera e al Senato.
Se di Di Rubba abbiamo già detto, vale la pena conoscere meglio Manzoni. Laureato anche lui in Economia e commercio all’università di Bergamo, vanta un dottorato in “strategie di impresa” e decine di pubblicazioni nazionali e internazionali. Oltre a gestire lo studio di via Angelo Maj, da quando Salvini è diventato leader del partito il suo curriculum si è arricchito con una serie di nomine in società pubbliche e private. È ad esempio nel collegio sindacale di Cogeme e Anita, due multiutility lombarde a controllo pubblico, in quello di Metropolitana Milanese e di Arexpo, ma è soprattutto l’amministratore unico della Fin Group, la storica holding del partito creata, insieme a Pontida Fin, per gestire quello che un tempo era un ricco patrimonio.
Ruoli strategici, occupati in passato da uomini fedelissimi a Umberto Bossi, che oggi sono concentrati nelle mani di questi giovani commercialisti. Professionisti cresciuti vicino a Pontida, nel cuore pulsante della Padania secessionista, e diventati nel silenzio generale i cassieri della nuova Lega a vocazione sovranista, quella che dice di voler difendere i confini e combattere le ingiustizie europee. Chissà se tra queste Salvini include anche i vantaggi finanziari offerti dal Lussemburgo.
commercialisti fedelissimi di Matteo Salvini. Un’associazione importante per capire come il leader della Lega ha riorganizzato le finanze del partito dopo gli scandali della gestione Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, le condanne per truffa, i sequestri milionari. In meno di un anno, dall’ottobre del 2015 all’agosto del 2016, sul conto corrente della “Più Voci” sono arrivati bonifici per un totale di 313.900 euro. Denaro versato principalmente da Esselunga e dall’immobiliarista romano Luca Parnasi. Soldi che “l’organizzazione culturale” ha girato subito dopo a due società molto vicine alla Lega: Radio Padania e Mc srl, l’impresa che edita il quotidiano online Il Populista. Possibile che nemmeno la portiera dello stabile abbia mai sentito parlare della “Più Voci”, la porta girevole creata dai cassieri di Salvini per incamerare finanziamenti privati? Davanti all’insistenza dei cronisti, l’anziana signora ha un sussulto. Estrae da un cassetto un foglio bianco: vi sono riportati i nomi di una ventina di società. La portiera scorre attentamente l’elenco. «Eccola», esclama, «l’associazione “Più Voci” in effetti è qui, in quella porta», e la indica con il dito al piano terra.
La porta è quella dello studio Dea Consulting, di proprietà di due commercialisti bergamaschi poco noti: Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. Sono stati loro, insieme al collega e tesoriere leghista Giulio Centemero, a creare l’associazione. Sempre loro a depositare all’ufficio brevetti il marchio “Salvini premier”, sfondo blu e scritta bianca in stile Trump. E ancora loro a spostare il baricentro finanziario del partito da Milano, in via Bellerio, sede storica del Carroccio, alla più modesta via Angelo Maj, nella Bergamo dell’ex ministro Roberto Calderoli, bossiano del cerchio magico fino alla tempesta dell’indagine sulla truffa dei rimborsi elettorali, poi unico della vecchia guardia a sedersi con Salvini al tavolo delle trattative con i Cinquestelle. Passato e futuro che si incrociano in questa palazzina residenziale di Bergamo bassa. Con al centro i tre giovani contabili scelti da Matteo per gestire la cassa. Tutti nati nel 1979, tutti laureati in economia e commercio all’università di Bergamo, dove si sono conosciuti nei primi anni 2000. È indagando sugli affari dei tre commercialisti che si scopre una lista infinita di società. Una ragnatela che nasconde parecchie sorprese. Ci sono ad esempio sette imprese registrate presso lo studio Dea Consulting, di cui è però impossibile conoscere il reale proprietario: a controllarle è una fiduciaria che porta lontano dai confini nazionali cari a Salvini. Seguendo il flusso di denaro si arriva in Lussemburgo passando per la Svizzera. E ci si imbatte pure nella nipote di Silvio Berlusconi, azionista di minoranza della pattuglia di aziendine che fanno base presso lo studio dei commercialisti leghisti. Ma non è tutto. Approfondendo gli affari dei cassieri del Carroccio si arriva a un’impresa di Di Rubba e Manzoni che noleggia auto, il cui fatturato si è impennato da quando la Lega è diventata sua cliente. E c’è pure una grande tipografia della bergamasca, anche questa diventata fornitrice di punta del partito gestione-Salvini, il cui proprietario ha fatto guadagnare oltre un milione di euro a Di Rubba.
Operazione Lussemburgo
Centemero, Di Rubba e Manzoni. Gli amministratori della cassa del partito, traslocata in gran fretta dalla milanese via Bellerio alla bergamasca via Angelo Maj. Tutti e tre con ruoli di peso all’interno della Lega. Centemero è il tesoriere del partito. Gli altri due ad aprile sono stati nominati rispettivamente direttore amministrativo e revisore contabile dei gruppi parlamentari, Manzoni alla Camera e Di Rubba al Senato. Un ruolo delicato, perché chi lo ricopre ha a che fare con soldi della collettività. I gruppi parlamentari sono infatti sovvenzionati dallo Stato. E con la fine del finanziamento pubblico ai partiti, sono rimasti l’unico canale attraverso cui le forze politiche possono incamerare denaro dei contribuenti. Per questo sarebbe auspicabile evitare commistioni tra il ruolo pubblico e quello privato dei professionisti impegnati ad amministrare o a vigilare sui conti dei gruppi parlamentari.
Al vertice del trio di cassieri Salvini ha posto Centemero, militante di lungo corso e tesoriere ufficiale del partito dal 2014. Compito particolarmente delicato viste le grane finanziarie in cui si è impelagata la Lega dopo la truffa sui 48 milioni di euro di rimborsi elettorali (sentenza di primo grado). Già assistente a Bruxelles di Salvini, che dice di conoscere da quando aveva 17 anni, il giovane commercialista è l’unico dei tre contabili ad essersi guadagnato un posto in Parlamento alle ultime elezioni. L’uomo a cui è stato affidato il compito di mettere in sesto le casse leghiste ha in effetti un curriculum di tutto rispetto. Niente a che vedere con Francesco Belsito, che prima di assumere la carica di tesoriere faceva l’autista. Nato in Brianza e residente a Milano, Giulio vanta un master in Bocconi e uno alla Boston University di Bruxelles, esperienze lavorative in multinazionali come Ibm e Pricewaterhouse Coopers, una passione non comune per le lingue (dice di cavarsela persino con l’armeno, l’arabo e il cinese). Nel curriculum non lo scrive, ma a facilitare la sua scalata nel mondo della politica potrebbe essere stata anche una parentela prestigiosa: sua sorella si chiama infatti Elena, più volte deputata di Forza Italia.
È stato Centemero a spostare gli affari più riservati della Lega da Milano a Bergamo, nello studio commercialistico di via Angelo Maj 24, quello degli ex compagni di università Di Rubba e Manzoni.
Questo civico alle porte del centro storico è diventato oggi il crocevia di decine di società sconosciute ai più. Sette di queste, però, sono più speciali delle altre. La proprietà è infatti impossibile da decifrare. Un lavoro da professionisti, quali sono in effetti i cassieri di Matteo. Risalendo la catena di controllo delle sette imprese registrate presso lo studio Dea Consulting ci si imbatte infatti in una fiduciaria italiana, a sua volta controllate da una holding lussemburghese dietro la quale si trova un’altra fiduciaria. Un’architettura perfetta per celare l’identità dei proprietari e ottimizzare il carico fiscale. Tutto legale, meglio dirlo subito. Ma andiamo con ordine. Tutte le azioni delle sette società italiane - che in comune hanno il fatto di essere state fondate tra il 2014 e il 2016, dopo la presa del potere di Salvini e la nomina di Centemero a tesoriere del partito - sono detenute dalla Seven Fiduciaria di Bergamo, a sua volta controllata da un’altra impresa bergamasca, la Sevenbit. Il presidente del consiglio d’amministrazione di quest’ultima si chiama Angelo Lazzari, che si presenta sul web come ingegnere ed ex promotore finanziario, prima in Mediolanum e poi in Unicredit, oggi manager con base in Lussemburgo.
Fondata nel 2015, la Sevenbit conta una trentina di azionisti - tra questi anche la nipote di Berlusconi, Alessia, attraverso la Blue Srl - ma la maggioranza delle quote, il 90 per cento, è in mano alla Ivad Sarl, sede in Rue Antoine Jans 10, Lussemburgo, fondata nel 2008 dallo stesso Lazzari. Impossibile conoscere l’origine dei capitali attraverso cui l’azienda è cresciuta a dismisura.
Di sicuro, dal dicembre del 2015 la holding lussemburghese ha un nuovo proprietario ufficiale, e anche questa volta è italiano. Si chiama Prima Fiduciaria ed è specializzata nella creazione di trust, cioè fondazioni anonime. Tra gli azionisti della Prima Fiduciaria troviamo un’altra lussemburghese, la Arc advisory company. Che ci riporta dritti al punto di partenza, visto che è stata fondata nel 2006 proprio da Lazzari. Anche in questo caso, però, è impossibile tracciare l’origine dei capitali: il socio di controllo della Arc advisory company è infatti la Ligustrum, una società immobiliare svizzera, con base a Lugano, le cui azioni sono intestate al portatore. Perché tutta questa riservatezza dietro a sette piccole imprese della bergamasca? Ci sono legami tra queste società e la Lega? Alle domande de L’Espresso, sia Centemero che i colleghi Di Rubba e Manzoni hanno risposto allo stesso modo. Non hanno fornito informazioni sui beneficiari ultimi della Seven Fiduciaria, ma hanno assicurato che le sette aziende in questione non hanno legami né diretti né indiretti con la Lega.
Tuttavia un fatto è indiscutibile: in una di queste l’amministratore è il tesoriere del partito, cioè Centemero, e in una seconda lo stesso ruolo è ricoperto dal professionista, Manzoni, scelto per amministrare il gruppo parlamentare alla Camera. Oltretutto quest’ultimo è stato scelto per guidare l’ammiraglia delle finanze del Carroccio, la Fin Group, di proprietà del partito.
Di certo colpisce notare come il nuovo fortino degli affari leghisti porti nel paradiso fiscale europeo per eccellenza, quello in cui hanno trovato rifugio i grandi capitali della finanza speculativa. Il Granducato per anni governato da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, volto del cosiddetto establishment e guardiano dei vincoli di bilancio europei che Salvini vorrebbe demolire in nome del sovranismo. Eppure, se da un lato Matteo promette una lunga guerra di trincea alle istituzioni comunitarie e si dice pronto a scommettere che la flat tax rimetterà in sesto i conti pubblici italiani, dall’altro non sembra preoccupato dagli affari offshore legati ai suoi fedelissimi cassieri. Affari in cui ricorrono spesso gli stessi nomi. Come quello di Giorgio Balduzzi, presente come procuratore speciale della Seven Fiduciaria all’atto di costituzione di alcune delle imprese registrate presso lo studio di Manzoni e Di Rubba. Balduzzi si mostra come numero uno della Wic Private Equitiy, una holding che gestisce investimenti. Nello stesso gruppo lavora Laura Balduzzi, che fino a settembre 2013 era la titolare dello studio poi venduto al duo Manzoni-Di Rubba.
Un altro nome ricorrente è quello di Alberto Maria Ciambella. È il notaio, anche lui bergamasco, che ha registrato tutte e sette le società domiciliate al 24 di via Angelo Maj, quelle riconducibili all’anonima holding lussemburghese Ivad. Ma è anche l’ufficiale che ha firmato tutti i rogiti attraverso cui la Lega ha sparpagliato il suo ricco patrimonio tra le varie sezioni regionali del partito, prontamente dotate di codice fiscale e quindi di autonomia patrimoniale. Una mossa inedita, realizzata dopo l’arrivo di Salvini al potere e l’avvio dell’inchiesta per truffa che poco dopo avrebbe portato al sequestro dei conti del Carroccio, sui quali finora i magistrati di Genova hanno trovato poco più di 3 milioni di euro rispetto ai 48 milioni che cercavano. Una coincidenza, forse, quella del notaio Ciambella. O più probabilmente la conferma che Bergamo è diventata il nuovo centro finanziario della Lega di Salvini, il posto più sicuro per ridare fiato agli affari. Quelli dichiarati e quelli più segreti.
Un amico d’oro
La funzione pubblica e quella privata si mischiano spesso anche quando si prova a ricostruire l’ascesa del commercialista Di Rubba, nominato ad aprile scorso direttore amministrativo del gruppo parlamentare della Lega al Senato. Una fortuna pazzesca, quella del 39enne commercialista di Gazzaniga. Ex dipendente di Ubi Banca, appassionato di montagna e motocross, da quando Salvini è diventato segretario del partito lui ha accumulato incarichi prestigiosi: presidente di Lombardia Film Commission, la fondazione controllata dalla Regione che ha come scopo quello di promuovere sul territorio lombardo le produzioni video; consigliere d’amministrazione di Radio Padania, la storica emittente del Carroccio in cui il segretario federale ha mosso i primi passi; amministratore unico di Pontida Fin, la cassaforte immobiliare del Carroccio, oggi rimasta l’unica azienda del partito con un patrimonio rilevante.
Ripartiamo allora da lui, da Di Rubba e dalla sua fortuna. Non quella politica, però, ma quella finanziaria. Il gioiellino di famiglia si chiama Dea Spa, società immobiliare in cui Centemero e Manzoni hanno avuto incarichi di vigilanza, che conta oltre 20 proprietà tra case e terreni. Il vero colpaccio, però, Alberto l’ha messo a segno di recente. E ha fatto tutto da solo, senza l’aiuto dei familiari. Una compravendita azionaria da far impallidire i più smaliziati venture capitalist. Al centro dell’affare c’è la Arti Group Holding, società fondata a Bergamo nel dicembre dell’anno scorso e attualmente inattiva, dicono le visure camerali. Quando viene costituita, Arti Group Holding ha tre azionisti: Alessandro Bulfon con il 49 per cento, Marzio Carrara con il 45 per cento e Alberto Di Rubba con il 6 per cento. Cinque mesi dopo, il 10 maggio 2018, Di Rubba vende la sua quota a Carrara, che così ottiene il controllo dell’azienda (51 per cento).
Una normale operazione finanziaria, verrebbe da dire. Non fosse per le cifre in ballo. Al momento della fondazione della Arti Group Holding, il 6 per cento in mano a Di Rubba valeva 10 mila euro. Cinque mesi dopo, per acquistarla Carrara ha versato sul conto del commercialista bergamasco la bellezza di 1,1 milioni di euro. Che cosa è successo nel frattempo per giustificare una maggiorazione di prezzo del genere? Le cronache locali raccontano che poco dopo la costituzione, a gennaio di quest’anno, Arti Group Holding ha acquisito dal fondo tedesco Bavaria due aziende della bergamasca: la Eurogravure e il Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche. Un’operazione importante, che non spiega però il motivo di quella straordinaria rivalutazione delle quote in mano a Di Rubba. Di certo c’è che nel frattempo Carrara ha migliorato il suo rapporto con la Lega. Secondo due fonti interne al partito consultate da L’Espresso, proprio negli ultimi mesi il movimento guidato da Salvini ha scelto di affidare buona parte delle forniture di stampa, volantini e manifesti elettorali, a un’azienda di Costa di Mezzate, sempre in provincia di Bergamo. Si chiama Cpz. E il proprietario è lo stesso Carrara. Interpellati da L’Espresso sul prezzo della compravendita, il proprietario della Cpz e Di Rubba hanno risposto nello stesso modo: l’operazione – si sono limitati a spiegare - «rientra nel più vasto piano di acquisizioni mobiliari che il gruppo Carrara sta compiendo».
Quanto ha incassato l’imprenditore bergamasco dalla Lega nel 2017? A questa domanda sia Carrara che il tesoriere leghista Centemero hanno preferito non ribattere, giustificando la scelta con il rispetto della normativa sulla privacy e gli obblighi di riservatezza sui dati economici sensibili. Carrara ha voluto precisare che «da oltre vent’anni» il suo gruppo stampa per «numerose forze politiche», ma ha sempre mantenuto «una posizione di assoluta neutralità nei confronti della politica». E alla domanda “come spiega l’aumento delle forniture alla Lega nell’ultimo periodo?”, l’imprenditore ha risposto così: «Qualora vi fosse stato un aumento delle forniture in favore della Lega, ritengo possa essere attribuito alla campagna elettorale conclusasi con il voto dello scorso aprile».
Onorevole stampatore
Di certo l’eventuale aumento delle forniture della Cpz deve avere oscurato il ruolo della storica tipografia usata dal Carroccio negli anni di Bossi. Si chiama Boniardi Grafiche, ha sede a Milano e fino al 2016 ha registrato fatturati invidiabili per un’impresa di soli 9 dipendenti, oltre 2 milioni di euro all’anno. C’era solo un problema: i crediti verso i clienti, lievitati costantemente fino a sfiorare 1,5 milioni di euro. Quanti di questi erano appannaggio della Lega? Anche su questo punto il tesoriere Centemero ha spiegato di non poter rispondere a causa di «precisi obblighi di legge che mi impongono il rispetto della riservatezza», assicurando al contempo che tutte queste informazioni sono «oggetto nel caso della Lega a numerosi controlli da parte di diversi organi in sede di certificazione di bilancio e in seno alle commissioni a ciò preposte». Alcune fonti interne al partito raccontano però che per sanare i debiti sia stata escogitata una soluzione a costo zero. Almeno per le casse del partito. Alle ultime elezioni la Lega ha candidato Fabio Massimo Boniardi, 46 anni, figlio del fondatore della Boniardi Grafiche nonché azionista dell’impresa. Boniardi – che è pure consigliere comunale a Bollate, assessore a Garbagnate Milanese e vice segretario provinciale del partito - è stato eletto alla Camera e ora, se le elezioni in arrivo non gli scompagineranno i piani, potrà contare su cinque anni di stipendio. Pubblico, ovviamente. Non sarebbe questo l’unico fornitore fortunato della Lega.
Tra le nuove aziende scelte dal Carroccio, raccontano tre fonti interne al partito, da un paio d’anni c’è infatti anche un’azienda bergamasca chiamata Non Solo Auto. Fornisce servizi di noleggio di autovetture, e anche questa ha sede legale nel condominio verde acqua di via Angelo Maj 24. La società è stata fondata alla fine del 2015 e nel giro di due anni il suo giro d’affari è cresciuto parecchio, arrivando a toccare un fatturato di 268 mila euro nel 2017. Non male per un’impresa che dichiara di non avere nemmeno un dipendente. Chi sono i fortunati proprietari della Non Solo Auto? Proprio Di Rubba e Manzoni. I quali respingono qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi. Alla nostra richiesta di conoscere il fatturato della Non Solo Auto riferibile alla Lega, i due commercialisti bergamaschi hanno opposto il riserbo «per evidenti motivi di privacy e commerciali», argomentando che «né il dottor Di Rubba, né tantomeno il dottor Manzoni hanno ruoli di responsabilità esecutiva, strategica né funzioni dirigenziali» all’interno della Lega, partito per il quale i due dicono di svolgere «attività tecniche di natura amministrativa». E in effetti, tecnicamente, le cose stanno proprio così: i due sono presenti in diverse società legate al Carroccio, ma sempre come amministratori, membri del cda o del collegio sindacale. Nessun incarico politico, insomma, nemmeno adesso che i due professionisti lombardi hanno varcato la soglia dei palazzi romani con gli incarichi assunti alla Camera e al Senato.
Se di Di Rubba abbiamo già detto, vale la pena conoscere meglio Manzoni. Laureato anche lui in Economia e commercio all’università di Bergamo, vanta un dottorato in “strategie di impresa” e decine di pubblicazioni nazionali e internazionali. Oltre a gestire lo studio di via Angelo Maj, da quando Salvini è diventato leader del partito il suo curriculum si è arricchito con una serie di nomine in società pubbliche e private. È ad esempio nel collegio sindacale di Cogeme e Anita, due multiutility lombarde a controllo pubblico, in quello di Metropolitana Milanese e di Arexpo, ma è soprattutto l’amministratore unico della Fin Group, la storica holding del partito creata, insieme a Pontida Fin, per gestire quello che un tempo era un ricco patrimonio.
Ruoli strategici, occupati in passato da uomini fedelissimi a Umberto Bossi, che oggi sono concentrati nelle mani di questi giovani commercialisti. Professionisti cresciuti vicino a Pontida, nel cuore pulsante della Padania secessionista, e diventati nel silenzio generale i cassieri della nuova Lega a vocazione sovranista, quella che dice di voler difendere i confini e combattere le ingiustizie europee. Chissà se tra queste Salvini include anche i vantaggi finanziari offerti dal Lussemburgo.
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