Nocività,
salute, lavoro: esperienze italiane e internazionali
Università
degli Studi di Padova – Dipartimento di Filosofia,
Sociologia,Pedagogia e Psicologia Applicata
30
maggio 2018
LA
LOTTA DEGLI ESPOSTI ALL’AMIANTO IN ITALIA
La
storia della lotta contro l’amianto in Italia, - detto anche
asbesto, il più economico e “ miglior termo-dispersore al mondo”
- è una storia di anni di battaglie collettive di uomini e donne che
spesso sono rimasti senza volto e senza nome, ma sono riusciti a
sfondare il muro di omertà e di complicità eretto da un sistema
industriale basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che,
pur di realizzare il massimo profitto, non ha esitato consapevolmente
di mandare a morte centinaia di miglia lavoratori nelle fabbriche, le
loro
mogli e figli e anche tanti cittadini che mai hanno visto una fabbrica. La nostra è una storia che è costata enormi sacrifici economici e umani ed è tuttora costellata dalle conseguenze mortali sui lavoratori e sulla popolazione. Se non si bonificherà il territorio, continuerà l’inquinamento degli esseri umani, degli animali e della natura e si continuerà a morire. Nonostante il ricatto fra occupazione e lavoro, la lotta dei lavoratori per la tutela dei loro diritti, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è stata una lunga lotta che non ha fine. Una lotta difficile e drammatica di sfruttati che hanno dovuto guadagnarsi il pane in luoghi di lavoro nocivi, esposti a sostanze cancerogene, dove si lavorava l’amianto o dove quest’agente killer era, ed è, presente.
La
pericolosità dell’amianto e il danno letale che provocava alla
salute di chi ne veniva in contatto era noto fin dall’inizio del
Novecento.
In
Italia fino agli anni 30’ la silicosi e l’asbestosi erano
patologie non riconosciute come professionali, ma alla fine degli
anni 30 - anche grazie agli studi del prof. Vigliani, oltre che per
porre fine al contenzioso e per assecondare lo sforzo bellico in una
fase particolare della 2° Guerra Mondiale, quando le sorti del
conflitto sembravano ormai segnate - il legislatore approvò la legge
455 del 12/4/1943 con la quale era finalmente stabilita la
“Estensione dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali alla silicosi e all’asbestosi”. Si trattava di un
sia pur minimo riconoscimento per i lavoratori dell’amianto che si
erano ammalati.
Lo
Stato italiano era dunque consapevole, fin dagli inizi degli anni
’40, del rischio morbigeno legato all’esposizione a polveri e
fibre di amianto aerodisperse nell’ambiente lavorativo.
mogli e figli e anche tanti cittadini che mai hanno visto una fabbrica. La nostra è una storia che è costata enormi sacrifici economici e umani ed è tuttora costellata dalle conseguenze mortali sui lavoratori e sulla popolazione. Se non si bonificherà il territorio, continuerà l’inquinamento degli esseri umani, degli animali e della natura e si continuerà a morire. Nonostante il ricatto fra occupazione e lavoro, la lotta dei lavoratori per la tutela dei loro diritti, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è stata una lunga lotta che non ha fine. Una lotta difficile e drammatica di sfruttati che hanno dovuto guadagnarsi il pane in luoghi di lavoro nocivi, esposti a sostanze cancerogene, dove si lavorava l’amianto o dove quest’agente killer era, ed è, presente.
Un
ritardo, quello dello Stato Italiano, ingiustificato e colpevole,
perché già
nel 1983 l’allora Comunità Europea (Cee), tramite la direttiva
477, aveva dichiarato fuori legge l’amianto. Tuttavia per sei anni
nessun governo accoglie le seppur timide indicazioni comunitarie e
nel 1989 l’Italia viene giudicata inadempiente, ma la sanzione
europea non comporta alcuna reazione immediata. Bisognerà attendere
il 27 marzo di tre anni dopo perché la legge 257 venga approvata dal
Parlamento.
Con
questa legge viene sancito il divieto di estrazione, importazione,
lavorazione, utilizzazione, commercializzazione, trattamento e
smaltimento ed esportazione dell’amianto e dei prodotti che lo
contengono. La messa al bando è affiancata da una proroga di due
anni per permettere agli industriali di smaltirlo. Questo significa
che per 9 anni lo Stato Italiano, cioè tutti i governi che si sono
succeduti, sono stati responsabili e complici delle lobbies
dell’amianto e di Confindustria nella mattanza di centinaia di
migliaia di operai e di loro famigliari.
Ci
sono volute grandi mobilitazioni, battaglie politiche e sindacali, e
anche battaglie giudiziarie per far approvare finalmente, nel 1992,
dopo un lungo presidio di due giorni e due notti dei lavoratori
dell’Eternit di Casale Monferrato, della Breda, e rappresentanti di
molte altre fabbriche italiane sotto il parlamento, una legge che
mettesse al bando la produzione e la commercializzazione di questa
sostanza killer e disponesse un insieme di norme rivolte a tutelare
la salute degli esposti, prevedendo misure di risarcimento per coloro
che avevano dovuto svolgere una attività così pericolosa.
Purtroppo
l’amianto provoca malattie e morte, anche molti anni dopo che si
smesso di lavorarlo a causa dei lunghi tempi di latenza di tali
patologie.
Questo
materiale, contenuto in oltre 3 mila prodotti -dai mastici ai
sigillanti, dalle pasticche dei freni alle corde, dalle conduttore di
acqua potabile alle intercapedini e stucchi per strutture anche
pubbliche, come asili, ospedali e scuole - era considerato il
“miglior termodispersore al mondo”. Così pratico e a buon
mercato da essere finito anche sui tetti: 2,5 miliardi di metri
quadrati è la superficie di coperture in eternit in Italia,
equivalente a circa 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto.
Conveniente
ma mortale: quand’è sottoposto a sforzi si usura, liberando
nell’aria miliardi di particelle che, se inalate, provocano danni
enormi.
Ogni
anno, in Italia, secondo l’Inail, provoca 4mila vittime. Una parte
rilevante delle 90 mila morti censite all’anno dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità, secondo cui nel mondo 125 milioni di persone
- ancora oggi- sono esposte all’amianto nei luoghi di lavoro.
Le
patologie interessano l’apparato respiratorio - asbestosi, tumore
maligno del polmone e della laringe, mesotelioma pleurico -; poi c’è
il mesotelioma peritoneale, quello pericardico, della tunica vaginale
del testicolo o il tumore maligno dell’ovaio. Placche e
inspessimenti pleurici diffusi. L’amianto colpisce anche l’apparato
digerente. È un attacco invisibile e senza fretta quello delle
particelle di asbesto, con un intervallo di latenza tra l’inizio
dell’esposizione e la comparsa della malattia che in genere dura
decenni: 46 anni, secondo i dati pubblicati nel 2012 nel
Quarto
rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi dell’Inail.
Prima
ancora della “malattia” però, l’amianto evoca la “fabbrica”.
Anche perché l’Italia, fino alla fine degli anni 80, è stato il
maggior produttore di amianto d’Europa: dal dopoguerra al 1990 ha
partorito 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo, seconda solo all’ex
Unione Sovietica.
Sono
trascorsi 26 anni dall’entrata in vigore della legge 257/92 che
metteva al bando l’amianto. I tempi lunghi di molti processi hanno
salvato gli assassini per prescrizione, pochi si sono conclusi con
condanne, molti con l’assoluzione degli imputati per “non aver
commesso il fatto”, come se fosse stata colpa degli operai, delle
vittime, aver respirato sostanze cancerogene, lasciando liberi e
impuniti i responsabili della morte di migliaia di operai e
lavoratori: alle vittime, oltre al danno, la beffa.
In
ogni caso anche oggi, dal nord al sud, sono diversi i processi in
corso: da quelli a Milano (ATM, Breda/Ansaldo, Pirelli, Alfa Romeo )
a quelli contro la Fibronit a Palermo e Broni, Fincantieri a
Monfalcone, Montefibre a Verbania, Montedison a Mantova, la Marina
Militare
a Venezia.
Ci
sono persino procedimenti sulle autostrade ad es. sulla Prebemi per
l’amianto sotterrato, anche qui in veneto sotto la A31 in Val
d’Astico (Vicenza).
La
nostra esperienza prima, e successivamente anche la letteratura
scientifica, ci hanno insegnato che le fibrille di amianto possono
entrare nell’organismo sia attraverso le vie respiratorie sia
attraverso il tubo gastroenterico. Le fibre d’amianto sono
pericolose sia se inalate, sia se ingerite, con i cibi, sia quando
vengono in contatto con tessuti di rivestimento, epidermico e/o
mucoso. Tutti i tessuti, nessuno escluso, vengono colpiti da
questa azione patogena. Il tessuto polmonare, le membrane sierose
(pleura, peritoneo, pericardio, tonaca vaginale del testicolo), sono
i bersagli più comuni dell’azione cancerogena.
I
Comitati e le Associazioni delle vittime dell’amianto si battono da
anni per la sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio, per la
giustizia. Oltre al dolore e alla disperazione che provano quando
qualcuno di caro viene colpito per una malattia senza speranza, i
famigliari delle vittime restano per anni in balia dei Tribunali e
dell’Inail in attesa un risarcimento che non arriva mai o che se
qualche volta arriva è troppo tardi.
La
lotta delle associazione e comitati è una lotta contro un intero
sistema capitalista che privilegia il profitto alla vita umana e che
si scontra con muri di gomma, governi e istituzioni complici, rimandi
infiniti di istituti come INAIL e INPS che dovrebbero garantire i
diritti e che invece sembrano voler costruire risparmi sulla pelle
dei lavoratori (si calcola che l’INAIL abbia un “tesoretto” di
oltre trenta miliardi di euro). Infine la rabbia per una giustizia
che non c’è, una giustizia di classe che assolve i colpevoli e
condanna spesso le vittime a pagare anche le spese dei tribunali.
Nel
2008 noi lavoratori, con le nostre Associazioni e Comitati, ed anche
singolarmente, abbiamo deciso di ricorrere alla Corte Europea per i
Diritti dell’Uomo di Strasburgo, per denunciare la violazione dei
loro diritti e delle norme costituzionali sulle quali si fonda la
Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, che all’articolo 1 della
Costituzione proclama che la Repubblica è fondata sul lavoro; ma il
più delle volte questa è finzione, apparenza; nella realtà la
Repubblica, nel suo manifestarsi concreto ancora oggi, dimentica la
sicurezza sul lavoro e l’integrità fisica di chi ha dedicato e
dedica la vita al progresso individuale e collettivo, producendo la
ricchezza di questo paese.
Di
fronte alle stragi collettive, ai morti del lavoro, si alzano per
qualche giorno voci di denuncia del capo dello stato, ministri,
politici e sindacalisti; voci impotenti e ipocrite, perché il giorno
dopo tutto continua come prima.
Il
motore del sistema capitalista, della nostra società e del sistema
economico è il profitto, il dio denaro, il mercato, che dispone
della vita e della morte degli esseri umani a cui tutti gli altri
diritti umani sono subordinati se compatibili con esso.
Al
centro del mondo ci sono i “diritti” delle multinazionali, delle
rendite finanziarie, dei profitti e non certo il lavoro, la sua
difesa, la sua tutela, quel lavoro che pure la Costituzione considera
essere lo strumento di affermazione e di progresso, personale e
collettivo. Se la centralità è l'impresa, l’intensificazione
incessante del lavoro, il ridurne sempre più i costi, tagliare i
tempi, aumentare gli orari – questo è quanto avvenuto
concretamente nel corso degli ultimi anni – ebbene, gli incidenti
non solo non diminuiranno, ma continueranno ad aumentare, così come
aumenteranno le malattie professionali, che per altro le istituzioni
si ostinano a non riconoscere.
Lunghe
cause che durano anni e che spesso si concludono per la sopraggiunta
morte dei lavoratori già minati nel fisico. Processi penali
lunghissimi che, anche in casi di condanna dei datori di lavoro per
omicidio colposo, fanno scattare la prescrizione e la conseguente
impunità per i responsabili della morte di centinaia di migliaia di
lavoratori, colpevoli che tutto sapevano sulla pericolosità del
minerale killer ma che, in nome della ricerca del massimo profitto,
nulla hanno fatto per evitare queste morti annunciate. In questi anni
migliaia di operai, lavoratori italiani, i loro famigliari e intere
famiglie sono state sterminate dal pericoloso e silenzioso killer e
molti aspettano ancora invano giustizia. Sono passati, ormai e
purtroppo, molti anni da quando ci siamo resi conto che tante vittime
dell’amianto potevano essere salvate, da quando abbiamo tutti
capito che le responsabilità per la tragedia causata da questa
fibra–killer sono molteplici e di varia origine, da quando persino
le aziende hanno cessato di negare le gravissime e letali conseguenze
delle esposizioni all’amianto (purché a loro non attribuibili).
Ancor
più grave è il comportamento dei politici, sindacalisti, medici,
Governi, istituzioni, enti amministrativi preposti (Inail, Inps,
ecc), sia pure a livello di amministrazione delle cause giudiziarie
(civili, amministrative e penali). che, pur riconoscendo i letali
influssi sui lavoratori e la popolazione dell’amianto nulla fanno.
La
vicenda dell’amianto ci conferma invece che siamo ancora lontani
dal pieno riconoscimento di questo diritto.
Anche
se siamo coscienti di combattere contro una società che privilegia
il profitto rispetto alla vita umana questo non ci impedisce però di
continuare a lavorare e a lottare per fare in modo che i diritti
dell’uomo, in concreto e non solo in astratto, possano essere
pienamente e pacificamente riconosciuti, a ogni livello e in ogni
settore della nostra vita: da quello politico a quello giudiziario,
da quello sociale a quello amministrativo.
La
morte sul lavoro e di lavoro non è mai una fatalità
Sesto
San Giovanni, dove è nato il nostro Comitato, aveva 42.000 operai
concentrati in 8 grandi fabbriche, su una popolazione di 90.000
abitanti. Quando, tra i nostri compagni di lavoro, cominciavano ad
aumentare il numero delle neoplasie e di altre malattie
professionali, riconducibili all’esposizione all’amianto e ad
altri cancerogeni (cromo, nickel, piombo, ecc.), ci siamo convinti
della necessità di non delegare più ad altri la tutela dei nostri
diritti se non a noi stessi e che la morte sul lavoro e di lavoro non
è mai una fatalità. Non il destino, ma la sete di profitto e
l’indifferenza di molti è la causa di tante tragedie.
Il
nostro non è un caso isolato! Noi ci siamo costituiti in Comitato,
altri in associazioni, per svolgere quella essenziale funzione di
difesa dei lavoratori e per la tutela dei loro diritti. Gli studi
epidemiologici hanno, purtroppo, confermato la più alta incidenza di
queste patologie tra i lavoratori di Sesto San Giovanni, rispetto al
resto della popolazione. Certo è che, come ha dimostrato la scienza
medico-legale, inalare polveri di amianto favorisce i processi
cancerogeni, li determina e li accelera. L’intera penisola italiana
è percorsa da una silenziosa e strisciante tragedia, cosparsa di
lacrime e sangue.
Dai
dati Inail si rileva che solo nei primi mesi dell’anno (fino al 28
maggio 2018) ci sono stati 286 morti sul lavoro in Italia, 24 in più
del 2017, in crescita del 9,2%.
Sono
migliaia i morti per infortuni sul lavoro e malattie professionali,
quasi un bollettino di guerra, dove tuttavia a morire sono sempre e
solo gli operai.
Esiste
una guerra non dichiarata fra sfruttati e sfruttatori in cui i morti,
i feriti e gli invalidi si contano da una parte sola; gli operai, i
lavoratori che producono ricchezza da cui sono esclusi. Così
scriveva G. Berlinguer in (Medicina del lavoro in La salute nella
fabbrica, edizioni Italia – URSS, Roma 1972, pag, 32): “Nel
ventennio 1946–1966 si sono verificate in Italia 22.860.964 casi di
infortunio e di malattia professionale, con 82.557 morti e con
966.880 invalidi. Quasi un milione di invalidi, il doppio di quelli
causati in Italia dalle due guerre mondiali, che furono circa mezzo
milione. Mentre la media degli infortuni e malattie professionali nel
ventennio 1946–1966 è stata lievemente superiore ad 1 milione di
casi annui, negli anni dal 1967 al 1969 la cifra è salita ad oltre
1,5 milioni di casi e nel 1970 ad 1.650.000 casi”.
Già
nel 1974, più di quarant’anni fa, lo S.M.A.L. (Servizio di
Medicina Preventiva per gli Ambienti di Lavoro) di Sesto San Giovanni
aveva evidenziato, in rapporti inoltrati alla Direzione Aziendale
Breda Fucine, all’Assessorato alla Sanità, al Servizio Sanitario
Aziendale, all’Ufficiale Sanitario, all’Ispettorato del Lavoro,
ai Sindacati CGIL–CISL–UIL e alla FLM (Federazione Lavoratori
Metalmeccanici) i pericoli dell’amianto usato nelle fabbriche..
L’organizzazione del lavoro prescindeva dalla tutela della salute o
era quanto meno inadeguata a quel fine, privilegiando il profitto al
rispetto dei diritti. Molti dei nostri compagni di lavoro sono morti
senza ottenere giustizia e non è migliore la situazione nel resto
dell’Italia ed in altri territori. Tuttavia dobbiamo combattere
spesso nell’indifferenza la nostra battaglia di civiltà, che dalle
aule dei Tribunali d’Italia abbiamo, ora, trasferito anche presso
la Corte Europea di Strasburgo, facendo ricorso contro la Repubblica
Italiana e l’Inail, rei di avere ancora una volta, dopo aver
dimenticato, discriminato e conculcato diritti già acquisiti e
costituzionalmente rilevanti.
La
tutela della salute sancita dalla Carta Costituzionale si è quasi
sempre fermata ai cancelli delle fabbriche e dove è stato possibile
farla rispettare è stato solo grazie alle lotte dei lavoratori.
Abbiamo
dato vita, dunque, al Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi
di Lavoro e nel Territorio intraprendendo una battaglia di giustizia
e verità combattendo contro un muro di omertà e di complicità.
Quando lo Stato capitalista padrone delle industrie pubbliche
nasconde, al pari degli industriali privati, o minimizza la
pericolosità dell’amianto killer, diventa esso stesso assassino e
complice di padroni e manager privati che per realizzare il massimo
profitto calpestano la salute e la vita umana.
Più
volte, insieme ai nostri compagni di lavoro, abbiamo protestato per
la mancanza d’aspiratori e delle condizioni di sicurezza,
denunciando che – mentre tutti parlavano di robotica o di fabbrica
automatizzata – in fabbrica ci si ammalava e si moriva. Ogni volta,
davanti alle proteste, la direzione aziendale prospettava la chiusura
della fabbrica. I sindacati confederali consigliavano di non
scioperare né di interrompere la produzione. Tuttavia, i “sacrifici”
non hanno evitato lo smembramento della fabbrica, la cassa
integrazione e la chiusura della Breda. Lo stesso processo è
avvenuto nelle altre fabbriche sestesi e italiane, con la chiusura
della Falck, dell’Ercole Marelli, della Magneti Marelli,
dell’Ansaldo e di tutte le altre grandi fabbriche.
Ogni
anno muoiono nel mondo per cause legate all’attività lavorativa 2
milioni di persone, 100 mila solo per l’amianto, mentre gli
infortuni totali sono 270 milioni.
Nella
”civile” Italia gli infortuni sul lavoro sono oltre un milione.
Solo per le malattie derivate dall’amianto ogni anno muoiono nel
nostro paese più di 4.000 lavoratori. A queste cifre vanno aggiunte
le migliaia di morti dovute a malattie causate all’inquinamento
ambientale e quelli derivanti dai 3 milioni e 500 mila lavoratori
stranieri e italiani in nero, che non rientrano nei conteggi Inail.
Quindi non è azzardato pensare che i morti sul lavoro e di lavoro in
Italia, siano più di 10 al giorno. Ogni anno il costo sociale degli
infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è pari al 4% del
PIL mondiale, ma il costo pagato dai lavoratori è molto più alto.
E’
in questo contesto che si colloca la nostra battaglia politica, etica
e morale, prima che legale.
Le
vicenda processuali e le morti certe o sospette per amianto in Italia
assumono un aspetto singolare e per certi versi sconcertante! Molti
processi, a cominciare da quello Eternit di Casale Monferrato, sono
finiti con la assoluzione per prescrizione e cioè per il venir meno
della pretesa punitiva dello Stato per il decorso del tempo. Altro
che …. giustizia è fatta!
Non
intendiamo delegare a nessuno la difesa dei nostri diritti. Con le
altre Associazioni stiamo lavorando per costruire un grande movimento
che unifichi tutte le lotte operaie e popolari, nella battaglia
contro lo sfruttamento e le logiche di morte. Lottiamo per imporre
condizioni di sicurezza nella organizzazione del lavoro, affinché
altri non debbano subire e patire quello che abbiamo subito noi, i
nostri compagni di lavoro e i nostri famigliari.
La
nostra lotta ha fatto comprendere a molti lavoratori che la loro
malattia non era causata da un infausto destino, ma aveva precise
responsabilità in chi sapeva e nulla ha fatto per evitare queste
morti annunciate e questo ha dato a molti un motivo in più per
combattere. Crediamo che il primo dovere della magistratura sia
quello di indagare su tutte la morti “innaturali” perseguendo i
responsabili e continueremo a lottare insieme a tutti coloro che
vogliono far valere il principio: “prima di tutto la salute” e
far diventare realtà il fatto che “senza sicurezza non ci può
essere lavoro”.
Gli
Imprenditori, agli esordi, hanno avuto la colpa di nascondere le
ricerche scientifiche che hanno evidenziato la nocività
dell’asbesto, occultando dolosamente la conseguenza dell’insorgenza
di estese patologie tra i lavoratori, tra i loro familiari, e tra
molti cittadini comuni esposti al minerale nell’ambiente di vita.
Tuttavia in tempi più recenti, la verità storica ha trovato
soddisfazione in alcuni Tribunali con le due recenti sentenze della
Terza e Quarta Sezione della Corte di Cassazione sui morti d’amianto
alla Centrale Enel di Chivasso (To) e Turbigo (Mi) che hanno
condannato i dirigenti per la morte dei lavoratori affermando che:
“il
superamento, alla stregua della letteratura scientifica ormai
consolidata, della teoria della cd. dose killer non può che
comportare, sul piano logico, l’adesione all’ipotesi scientifica,
avente fondamento epidemiologico, secondo cui l’aumento della
esposizione produce effetti nel periodo di induzione e di latenza”.
-
Sentenza
4560/2018, III Sezione Penale della Cassazione.
La
recentissima sentenza della IV Sezione Penale della Corte di
Cassazione del 18 maggio 2018 ha confermato le condanne per i
numerosi casi di lavoratori deceduti per patologie derivanti
dall’amianto presso la Fincantieri di Monfalcone.
Sembra
che il vento stia cambiando, e questo avviene grazie a chi non si è
mai arreso, alle lotte dei lavoratori.
Tuttavia,
per decenni, la sete di potere e di guadagno degli imprenditori ha
goduto della complicità esterna, dell’ignoranza passiva e/o attiva
di medici, di consulenti tecnici, di legali, di giudici, di
funzionari delle amministrazioni pubbliche, di detentori del potere
esecutivo e/o di quello legislativo che - con la loro indifferenza, i
silenzi e con le bugie - hanno frequentemente fuorviato e manipolato
l’opinione pubblica. Per troppi anni, in cambio del salario, i
lavoratori sono stati costretti a lavorare in ambienti malsani e
insicuri col risultato che milioni di persone che hanno costruito la
ricchezza di questo paese hanno perso la vita , morendo fra atroci
sofferenze, per arricchire i loro padroni.
In
questo panorama desolante, possiamo tuttavia vantare molti,
importanti, risultati per tutti, lavoratori e cittadini: la
sorveglianza sanitaria gratuita per tutti gli esposti all’amianto
che, per quanto prevista dalla legge, un molte regioni non veniva
attuata; la costituzione di un Fondo Vittime dell’Amianto ma
soprattutto l’aumento della consapevolezza del rischio amianto,
attraverso manifestazioni di piazza, convegni, pubblicizzazione dei
processi intentati ai responsabili di questo crimine “di pace”.
Infine
continuiamo la nostra battaglia lottando per il futuro nostro e delle
generazioni che verranno: la prevenzione primaria, il “rischio
zero” del cancerogeno asbesto e di tutti gli inquinanti.
Comitato
per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Per
contatti: cell. 335 7850799
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