LA
CONDIZIONE E LA NECESSARIA LOTTA DELLE DONNE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
L’emergenza
del coronavirus sta amplificando oggettivamente quella che era una
condizione di sfruttamento e di oppressione che la maggioranza delle
donne proletarie già viveva nel nostro paese.
L'emergenza
sta investendo tutti gli aspetti della vita delle donne, il lavoro/il
non lavoro, il salari/il non salario, il carico dei servizi sociali,
la questione della violenza e dei femminicidi, l’aborto, ecc..
Sulla
questione del lavoro, da un lato per il coronavirus vasti settori di
lavoratrici dall’oggi al domani hanno perso il lavoro per la
chiusura o sospensione di alcuni settori, come le cooperative
sociali, il settore turistico, il settore della ristorazione, del
commercio, delle pulizie/servizi, come alcune fabbriche; tantissime
lavoratrici che vivevano una situazione già di precarietà rischiano
ora di non rientrare più al lavoro anche dopo l'emergenza.
Le
misure di ammortizzatori sociali per chi ha dovuto andare a casa sono
assolutamente insufficienti, arriveranno con forte ritardo e
tagliano comunque almeno il 20% dei salari, spesso già molto bassi.
In
tutto un altro settore dove le lavoratrici sono soprattutto immigrate
occupate come badanti, lavoratrici domestiche, le donne si stanno
ritrovando in una situazione non solo pesantissima di non lavoro (e
per tante di perdita di casa), ma anche fuori dalle misure di
sostegno salariale del governo.
Dall’altro
lato, le lavoratrici che stanno continuando a lavorare si ritrovano
in una condizione non solo di più sfruttamento ma addirittura di
nessuna tutela, prevenzione per la loro salute e vita, anche a
rischio di morire, come è accaduto per es. nella logistica. La prima
linea è sicuramente costituita da
tutte le lavoratrici che lavorano nel mondo della sanità, degli ospedali del Covd-19. Le dottoresse, le infermiere, le operatrici socio sanitarie, le donne delle ditte delle pulizie si stanno ritrovando nel vortice di questa emergenza a lavorare in una situazione di orari massacranti, mancanza di dispositivi di protezione e sicurezza adeguati; una situazione che sta facendo emergere in maniera palese il massacro che è stato fatto alla sanità da tutti i governi e che oggi viene scaricato pesantemente sulla pelle, oltre che dei malati, dei lavoratori e lavoratrici, mettendo a rischio la vita – più di 100 medici sono già morti, come decine di infermiere: Rosaria alla Rsa di Milano, le due infermiere a Bergamo e Cremona, ecc. come Daniela a Monza suicidata/uccisa dallo stress/disperazione. Tutte restano pesantemente nel conto da far pagare a padroni, governo, Stato borghese.
tutte le lavoratrici che lavorano nel mondo della sanità, degli ospedali del Covd-19. Le dottoresse, le infermiere, le operatrici socio sanitarie, le donne delle ditte delle pulizie si stanno ritrovando nel vortice di questa emergenza a lavorare in una situazione di orari massacranti, mancanza di dispositivi di protezione e sicurezza adeguati; una situazione che sta facendo emergere in maniera palese il massacro che è stato fatto alla sanità da tutti i governi e che oggi viene scaricato pesantemente sulla pelle, oltre che dei malati, dei lavoratori e lavoratrici, mettendo a rischio la vita – più di 100 medici sono già morti, come decine di infermiere: Rosaria alla Rsa di Milano, le due infermiere a Bergamo e Cremona, ecc. come Daniela a Monza suicidata/uccisa dallo stress/disperazione. Tutte restano pesantemente nel conto da far pagare a padroni, governo, Stato borghese.
Se
le lavoratrici nella sanità si ribellano e pretendono almeno
mascherine, guanti rischiano di essere licenziate, come è avvenuto
nell'ospedale di Livorno e di Genova.
Le
operaie di fabbrica fino a poco tempo fa hanno dovuto lavorare perché
quello che conta per il capitale è il plusvalore, il profitto e non
la vita degli operai e delle operaie, per cui si può continuare
benissimo a produrre pure in quelle fabbriche non essenziali, e senza
le misure di sicurezza necessarie. Qui solo gli scioperi spontanei
degli operai in diverse fabbriche hanno costretto il governo a fare
una selezione tra le cosiddette fabbriche non essenziali e quelle
essenziali - ma sotto la pressione di industriali ora via via tutte
torneranno ad aprire.
Per
le operaie che stanno continuando a lavorare nelle fabbriche
alimentari o farmaceutiche, le lavoratrici dei supermercati, al di là
dei protocolli che il governo ha firmato con i sindacati confederali,
permangono diverse situazioni in cui le operaie lavorano senza alcuna
sicurezza, a rischio di ammalarsi gravemente.
Per
non parlare di tutto il settore delle lavoratrici dell’agricoltura,
in cui stanno tante donne migranti. Queste o hanno perso il lavoro o
oggi stanno ancora peggio dei moderni schiavi perché a una
situazione di lavoro durissima ora si aggiunge il coronavirus e
queste lavoratrici sono lasciate allo sbando.
Il
governo in questi mesi è uscito con tutta una serie di decreti, però
pochissimo o quasi niente è stato posto per quanto riguarda la
condizione di vita delle donne; verso cui, invece, la misura
principale: stare a casa” risulta contriproducente e a rischio.
Perché
quando si dice “state a casa, state chiuse” e ci fanno vedere le
pubblicità con scene di tranquillità e rilassatezza “che bello
stare dentro le case” in realtà questo non è assolutamente vero e
corrispondente alla realtà. Stare chiuse a casa 24 ore su 24 per la
maggioranza delle donne, significa vedersi scaricare in maniera
ancora più pesante tutto quello che è il lavoro di cura e della
famiglia dei figli, del marito, dei parenti anziani, il lavoro
domestico, ecc., significa
subire uno stress psicologico che ti fa ammalare più del
coronavirus.
E'
come se si desse per scontato che per le donne “restiamoacasa” è
normale, sarebbe compatibile con il ruolo prevalente che questo
sistema borghese affida alle donne, di cura, assistenza,
riproduzione, “ammortizzato sociale”. Il governo approfitta anche
di questa situazione, per tenerci più incatenate al ruolo che questa
società vuole per noi, principalmente: moglie, madre, “supplenti
dello stato”.
La misura di bonus
spesa, che si traduce in poche decine di euro a poche famiglie
“indigenti” quando tante famiglie ora sono senza salario, è
ridicola e offensiva, una indegna elemosina, contro cui giustamente
tante persone, soprattutto donne, si sono ribellate rifiutandosi di
pagare la spesa, come nelle proteste a Palermo, a Napoli.
Anche
per quelle donne che ora lavorano a casa in smart working, questa
soluzione si trasforma in una altra catena: le donne
contemporaneamente mentre lavorano si devono occupare dei bambini, li
devono seguire nella didattica a distanza, devono fare le pulizie,
devono cucinare; cioè devono stare continuamente a lavorare senza
limiti di orario, con un pesantissimo stress psicofisico.
Padroni
e governo hanno realizzato la perfetta “conciliazione di lavoro e
famiglia”, non separandoli, ma intrecciandoli minuto per minuto,
rendendo così palese il doppio sfruttamento e oppressione.
Siamo
tornati al lavoro a domicilio, in chiave moderna, con cui il capitale
realizzava e realizza “due piccioni con una fava”: allungamento
dei tempi dello sfruttamento, riduzione dei salari, controllo del
lavoro (oggi anche più facilitato con i mezzi informatici). Mentre
viene garantito il ruolo di riproduzione della forza-lavoro delle
donne col lavoro domestico.
Ma
stare chiuse dentro casa significa anche esasperare e amplificare le
situazioni in cui le donne sono costrette a vivere 24 ore su 24 con
mariti, partner violenti. In queste settimane, sono decini i
femminicidi, le varie forme di violenza sessuale, maltrattamenti
incentivati dalla convivenza forzata, non ultima la ragazza uccisa a
Messina dal suo compagno. Per le donne, che dalle stesse statistiche
risultano più forti, meno contagiate dal coronavirus, la morte viene
più stando chiuse in casa col proprio assassino che dal coronavirus.
E la tragica beffa viene dallo stesso Stato, come è successo a
Taranto, in cui un giudice ha mandato ai domiciliari un marito che
aveva tentato di uccidere la moglie.
Quale
è la soluzione del governo? Delegare la difesa dai femminicidi alla
polizia, predisponendo un app a cui le donne in pericolo possono
chiamare.
Una soluzione assolutamente inutile e anche
ambigua. Inutile perché le donne che si sono rivolte alla polizia
hanno già sperimentato come quelle denunce rimangano chiuse in un
cassetto e poi sono state uccise lo stesso. Ma diciamo anche ambigua
perchè l’APP della polizia a cui ci si dovrebbe rivolgere è la
stessa con cui si invitano le persone a segnalare il bullo o il
drogato o il clochard, creata all'insegna
di mobilitare i cittadini a farsi parte attiva della politica
securitaria, del clima di controllo dell'altro che
diventa il mio nemico; alla stessa stregua di chi in questo periodo
sta dietro le finestre a vedere se c’è il cittadino che scende per
strada per segnalarlo alla polizia, e quel cittadino diventa il tuo
nemico principale deviando da quello che è invece il vero nemico,
cioè il governo.
Tutto
l'opposto di un clima attivo di solidarietà/unità che deve esserci
tra le donne e che solo può difendere dai femminicidi.
L'Mfpr
nella piattaforma dello sciopero delle donne dice: allontanamento
dalle case di mariti/conviventi violenti; interventi
immediati contro i denunciati per violenze, stalking, maltrattamenti;
case
rifugio, centri antiviolenza, case delle donne.
Poi
ci sono le donne che sono messe in conto preventivo dei dati dei
decessi per coronavirus.
Sono
le immigrate nei CPR, le detenute che sono semplicemente cancellate,
esistono solo quando si ribellano per essere duramente represse.
Nel
Cpr di Ponte Galeria le immigrate vivono nel terrore di prendersi il
coronavirus, sono in 6 in stanze piccole, mangiano, si lavano
ammassate come prima. Lo stesso per le donne nelle carceri, da
Poggioreale alle Vallette di Torino, rischiano ogni giorno la vita,
nessuna assistenza sanitaria è garantita, anzi nell'emergenza è
diminuita. Le “distanze” non valgono per loro. Le rivolte in
tante carceri hanno gridato questa morte annunciata dello Stato. Ma
questo non entra nei decreti del governo ma solo nei massacri,
punizioni fatte dalle forze dell'ordine.
E
oggi sono soprattutto le donne che continuano fuori dalle carceri le
proteste, chiedendo che i loro familiari siano trattati come tutte le
altre persone, stando a casa nel periodo dell'emergenza.
Ma
questa emergenza vuol dire anche tanto altro per la vita delle donne.
Le
donne partoriscono nei corridoi dei pronto soccorsi. Le donne oggi
non possono abortire. Se già prima le donne avevano difficoltà
enormi ad abortire in un paese dove c’è un altissimo tasso di
obiettori di coscienza e ospedali assolutamente inadeguati, oggi con
il collasso degli ospedali si trovano in una condizione più pesante.
Sarebbe normale e logico che venissero adottate soluzioni già
proposte da alcune associazioni di donne, come l’aborto
farmacologico, l'allungamento del periodo in cui è possibile
prendere la pillola, ma non se ne parla completamente. Se questo è
un modo per risolvere il problema della scarsa natalità – di cui
la Ministra della famiglia dell'attuale governo, come prima i fascio
integralisti alla Salvini, si erano lamentati – dobbiamo dire che
col coronavirus stanno cercando di risolverlo...
Se
questa è la situazione, è altrettanto vero che essa rende ancora
più necessario per le donne ribellarsi, unirsi e lottare ancora più
di prima.
Quest’anno
l'8 marzo e lo sciopero delle donne sono caduti proprio in piena
emergenza coronavirus. Hanno fatto di tutto per impedire lo sciopero
ma il MFPR lo ha fatto lo stesso. Lo sciopero delle donne quest'anno
accanto al suo significato politico ideologico di tappa importante
del cammino della lotta rivoluzionaria delle donne, ha avuto un
valore aggiunto, di essere una sfida contro lo Stato e il governo che
hanno cercato di vietarlo, annunciando pesanti sanzioni. Ma tante
operaie, lavoratrici, precarie, sfidando i divieti, hanno detto: “Se
siamo buone a lavorare fianco a fianco, siamo buone a scioperare!”.
E
questo sciopero ha mostrato ancora più chiaramente che c'è un
femminismo piccolo e medio borghese che accetta i divieti, accetta di
“stare a casa” rinunciando alla lotta e facendosi docile anello
dell'appello alla “solidarietà nazionale” dello Stato borghese,
e un femminismo proletario rivoluzionario che dice: è necessaria
ancora più ribellione, più lotta, rafforzare la marcia delle donne
per la rivoluzione, per mettere fine alla vera “pandemia”, il
sistema del capitale che sempre più mostra il suo inevitabile volto
patriarcale contro le donne.
Noi
donne per la nostra condizione portiamo avanti una denuncia, una
critica, una prospettiva, una lotta a 360°, che tocca tutti gli
aspetti della condizione di vita, di lavoro, a quello familiare, a
quello sessuale, a quello culturale, a tutti gli aspetti
dell’umanità! Questo ci deve incoraggiare, ci rende più
determinate.
In
questa “emergenza” vogliamo affermare ancora di più la “nostra
emergenza”: che tutta la nostra vita deve cambiare!
Le
lotte che stavamo facendo prima le continuiamo e anzi nuove lotte si
devono fare e facciamo.
Questa
emergenza ci pone la necessità di riorganizzarci anche in forme
nuove, in forme creative.
Noi
diciamo NO alla chiusura, a volerci isolare, individualizzare.
SI
all'unità, al collegamento, alla socializzazione, partendo anche dai
caseggiati, dai quartieri, dai momenti in cui stiamo in fila a fare
la spesa, ecc.;
Ci
vuole in questo momento la solidarietà attiva, l'aiuto reciproco,
non certo per scaricare lo Stato dal rispondere ai bisogni delle
donne ma per rafforzare l'unità e la mobilitazione delle donne
contro questo sistema.
Utilizziamo
anche i mezzi informatici in maniera più creativa e più larga per
collegarci a livello nazionale. Usiamo
questo tempo maggiore in casa per studiare, per armarci teoricamente;
perchè per le donne, la teoria rivoluzionaria è un'arma da
rivolgere con più forza e prospettiva contro questo sistema
borghese. Usiamo il tempo per armarci la testa, perchè si armino le
nostre mani, i nostri corpi.
Organizziamo
una giornata in cui come donne facciamo sentire forte la nostra
protesta e le nostre ragioni di lotta.
collegatevi
al blog: https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/
o
alla pagina fecebook:
https://www.facebook.com/movimentofemminista.proletariorivoluzionario/
Movimento
femminista proletario rivoluzionario
Aprile '20
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