“Il 25 Aprile non
è una ricorrenza…” è uno slogan che il movimento antifascista
porta nei cortei, che scrive nei volantini, nelle pubblicazioni, ci
viene dalla forza storica dell’esperienza degli uomini e donne
della Resistenza Antifascista.
Le condizioni
storiche, i problemi che vivono le masse, sono stati via via il
contesto su cui il movimento antifascista dal dopoguerra ha reso
attuale il messaggio “ora e sempre, Resistenza”.
Ieri sono stati il
dissenso, la disobbedienza, la lotta, che, confluiti nel fiume in
piena della Resistenza, hanno travolto e spazzato via le porcherie
che il sistema economico e politico dei capitalisti (chiamiamolo con
il suo nome scientifico: imperialista) e dei latifondisti aveva
pesantemente scaricato sulle masse: la guerra mondiale e il
nazifascismo.
Le masse arrivarono
a comprendere nel tempo, purtroppo - e questo ha significato tanto
dolore, sacrifici, sangue e galera- che il sistema dei padroni
capitalisti aveva portato ad una crisi economica
mondiale, disoccupazione e miseria, e che proprio questo sistema imperialista era il responsabile sia della grande carneficina dei popoli e sia di quella guerra interna permanente per cui i padroni hanno messo i nazifascisti alla guida dello Stato per salvare tutto il loro sistema economico e politico. I mercati da conquistare, i monopoli, la concentrazione e la centralizzazione del Capitale, le merci e capitali da esportare, l’occupazione militare delle colonie, portarono la concorrenza tra i capitalisti ad un punto tale che questi nodi non fu possibile sciogliere se non con una guerra. I nazionalisti e i nazifascisti tornarono utili al Capitale per esercitare la sua dittatura.
mondiale, disoccupazione e miseria, e che proprio questo sistema imperialista era il responsabile sia della grande carneficina dei popoli e sia di quella guerra interna permanente per cui i padroni hanno messo i nazifascisti alla guida dello Stato per salvare tutto il loro sistema economico e politico. I mercati da conquistare, i monopoli, la concentrazione e la centralizzazione del Capitale, le merci e capitali da esportare, l’occupazione militare delle colonie, portarono la concorrenza tra i capitalisti ad un punto tale che questi nodi non fu possibile sciogliere se non con una guerra. I nazionalisti e i nazifascisti tornarono utili al Capitale per esercitare la sua dittatura.
Per liberarsi dalla
guerra e dal nazifascismo le masse vinsero l’attendismo, lo
scetticismo e la paura e riuscirono ad organizzare la rivolta,
l’insurrezione armata, con gli scioperi operai nelle fabbriche che
avevano lanciato il segnale della ribellione. L’esempio, il
coraggio e l’attività organizzata tra le masse di chi infondeva la
speranza negli anni in cui questa era ridotta a pezzi sono stati
determinanti per il processo di liberazione.
Oggi, il contesto in
cui l’antifascismo ha qualcosa da dire alle masse è questa
pandemia virale che sta facendo strage, con numerose vittime. Come la
guerra di ieri. E, allo stesso modo, per condurre questa guerra a
nome di tutta la società, i governi borghesi, gli Stati dei padroni,
rispondono con lo stato d’emergenza, con l’attacco alle libertà
fondamentali, con le dittature.
Come la guerra di
ieri, quella di oggi -la pandemia- è anch’essa prodotta da questo
sistema imperialista ed è nelle sue città che oggi esplode come una
bomba. I rapporti commerciali, le guerre, la penetrazione economica
degli stati imperialisti ai danni dei popoli oppressi sono le sue vie
di diffusione.
Sono le documentate
analisi che la scienza ha prodotto il più efficace atto d’accusa
contro il modello di produzione capitalista. E’ questo modo di
produzione basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e
sulla competizione per il profitto, cioè sono la distruzione
ambientale, l’allevamento intensivo, l’agrindustria, la
devastazione ambientale e le guerre che sono responsabili dello
scatenarsi di agenti patogeni aggressivi e, in alcuni casi, letali
per gli esseri umani. Questo modo di produzione basato sul profitto
ci espone e ci esporrà sempre a nuove epidemie, e questo dimostra
ancora una volta che il sistema capitalistico è in contrasto con il
progresso dell’umanità.
La classe dei
capitalisti non potrà mai cambiare perché “cambiare” significa
essere un’altra cosa, mettere in discussione il loro potere e le
loro proprietà, significa togliersi di mezzo e far decidere cosa e
come produrre agli operai, mettere la salute al primo posto, il
benessere delle masse e non il profitto per tutta la loro classe. Lo
faranno solo se costretti con la forza delle masse e della classe
operaia perché così è stato nei fatti e la Resistenza è stato un
grande esempio di questa forza. Un lavoro incompiuto, certo, ma è
sempre attuale il suo messaggio.
L’Italia è
pesantemente colpita da questa guerra che è la pandemia. Le misure
sanitarie sono i necessari e i principali provvedimenti che qualsiasi
governo è tenuto a prendere. Ma, per contenere l’epidemia, oggi lo
Stato ha assunto i “pieni poteri” con misure che limitano
pesantemente le libertà fondamentali: militarizza le città, attacca
il diritto di sciopero, impedisce le manifestazioni, manda polizia ed
esercito al Sud contro chi non ha soldi per fare la spesa. E’ da
tempo che i capitalisti di casa nostra spingevano i governi verso un
moderno fascismo. Nel nome della “sicurezza” i governi hanno
voluto creare un clima di paura, di panico, per giustificare leggi da
“stato d’emergenza”.
E lo “stato di
emergenza”, se non è formalmente una dittatura, molto gli
somiglia. La Costituzione nata dalla Resistenza Antifascista non è
abrogata formalmente ma di fatto.
Hanno dato “pieni
poteri” persino alla commissione di garanzia sugli scioperi che ha
posto il divieto, senza precedenti nella storia di questa repubblica
borghese, accompagnato dalle pesantissime sanzioni nei confronti
dello Slai cobas per il sindacato di classe per non aver revocato lo
sciopero delle donne del 9 marzo scorso e nei confronti dell’Usb
per lo sciopero del 25 marzo. Quali interessi tutela uno Stato che
impedisce lo sciopero e impone invece alle lavoratrici e ai
lavoratori di produrre per i padroni in deroga alla tanto abusata
“distanza sociale”?
Il ministro degli
Interni, con una circolare, arriva a mobilitare i Prefetti sui
Sindaci per “contenere le manifestazioni di disagio” cioè la
fame, la disoccupazione, la mancanza di case “in quei contesti
territoriali nei quali più alto è il rischio di tensioni".
E' la rivolta
sociale l'incubo per i capitalisti e per lo Stato.
Il ministro degli
Interni pone l'allarme sui "focolai di espressione
estremistica": chiaramente il riferimento è alle giuste
proteste, alle lotte delle masse popolari, dei lavoratori, che
cominciano già adesso a rivendicare, e lo faranno ancora di più una
volta finita "l'emergenza", condizioni di vita dignitose, e
per reprimere l'azione interna a queste proteste degli organismi di
lotta, dei sindacati di base e di classe, dei movimenti antagonisti,
dei rivoluzionari.
L’ingiustizia
sociale non l’ha prodotta la pandemia, semmai l’ha aggravata. Per
questo sistema sociale capitalistico la mancanza di lavoro, di
reddito, di case è la “normalità”. E molti cominciano a dire
che è proprio questa “normalità” il problema. Il sistema
sanitario allo sfascio così come i soldi regalati ai padroni che
fanno profitti con le grandi opere come la TAV o con la guerra non
sono stati causati dal coronavirus.
“Restare a casa”
risponde più alle esigenze di uno Stato incapace di dare soluzione
ai problemi sociali piuttosto che a contenere il contagio virale.
Queste misure
emergenziali servono ai padroni e allo Stato adesso, ma saranno
necessari ad essi ancora più domani, una volta finita la fase più
acuta di questa pandemia, che le userà nei confronti delle giuste
proteste operaie e popolari.
Se chiudiamo gli
occhi su questo e se non troviamo e mettiamo in pratica tutte le
forme possibili di opposizione che comunque tengano conto della
pandemia, sarà più difficile domani opporci ad una dittatura
aperta.
La lezione della
Resistenza Antifascista ci deve aiutare a risollevare se davvero
vogliamo far pagare i costi a chi è la causa di tutto questo.
Ieri i capitalisti
imposero la dittatura in Italia per salvarsi dalla crisi economica e
sociale da essi provocata.
L’opposizione al
regime si cominciò a sviluppare con il dissenso, con la
disobbedienza, con la lotta e con la Resistenza.
Per liberarci di
questo sistema e di una nuova dittatura sempre al servizio dei
padroni, ORA E SEMPRE servirà il dissenso, la disobbedienza, la
lotta e la Nuova Resistenza.
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