venerdì 17 aprile 2020

pc 17 aprile - Speciale Proletari comunisti 10 - Su coronavirus, crisi e Rete dei comunisti!

Breve nota per il dibattito

Nel campo di coloro che si stanno cimentando con l’analisi dell’“emergenza coronavirus” e con le relative “soluzioni”, troviamo i compagni della Rete dei comunisti con i loro articoli pubblicati tra marzo e i primi di aprile, sul sito Contropiano.
I compagni che “rivendicano l’orgoglio” di essere appunto comunisti, con la loro analisi vogliono fare chiarezza tra i militanti in questo terribile frangente storico: “Siamo di fronte ad un fenomeno che per estensione e profondità non ha corrispettivi nella Storia universale contemporanea”, dicono, (questa eccessiva enfasi pervade quasi tutti i loro scritti), affinché questi militanti traggano delle parole d’ordine per l’azione politica!
Ma i marxisti vanno all’essenza della cosa per analizzarla. Fanno questo i compagni della Rete? Aiutano a fare chiarezza? No! anzi... Nonostante la valanga di analisi e declamazioni e critiche al “complottismo”, restano in superficie, creano ulteriore confusione e intorbidano le acque, e questo perché nonostante la smentita, il fondo della loro concezione, della loro “analisi”, è proprio di tipo “complottistico” e cioè una concezione antimaterialistica e antidialettica.
Qui ci limitiamo ad alcune battute che prendono in considerazione questo punto fondamentale, questa
concezione. Naturalmente non stiamo parlando di “complotti” come quelli che girano tra le persone semplici, come per esempio “il coronavirus è una manovra degli Usa contro la Cina, ecc.”, ma proprio della concezione filosofica che si nasconde dietro una montagna di belle parole tinte di rosso.
I compagni, che dicono che “sia utile riutilizzare i termini marxiani che ci aiutano meglio a capire”, affermano che questa crisi che stiamo affrontando è una “crisi di sistema” con frasi del tipo: “Capitalismo a fine corsa”… “Visibile fallimento del sistema dominante”… “coronavirus … come prodotto diretto di una crisi sistemica”… Vediamo.
Di quale sistema si parla? Ma, naturalmente, dicono i compagni, del sistema capitalistico, e specificano usando la sigla MPC per dire Modo di produzione capitalistico. E perché il MPC è in crisi? Tutti sanno, o dovrebbero sapere, diciamo noi, che il sistema capitalistisco entra periodicamente in crisi sempre più profonde perché questa è la sua essenza, perché questa è l’espressione della sua contraddizione interna, il capitalismo è la contraddizione in processo, dice Marx. Per semplificare: sfruttamento di una massa di persone per il profitto di pochi (contraddizione capitale/lavoro, proletariato contro borghesia, anche dentro la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione, come citano anche i compagni della Rete, che ad un certo punto impedisce l’ulteriore sviluppo sociale, anzi ne diventa potente ostacolo), che trascina con sé la distruzione di esseri umani e dell’ambiente in cui essi vivono. Queste caratteristiche specifiche del Capitalismo, di questo specifico modo di produzione e riproduzione sociale, che come ogni cosa vivente e dialetticamente si modifica nel tempo, si sono ingigantite all’inverosimile, e il sistema si è evoluto in imperialismo, (non in “globalizzazione” né “mondializzazione” come amano invece ripetere i compagni), le sue metastasi si sono radicate in tutto il globo terrestre, insomma il Capitale rinnova all’infinito i suoi meccanismi di morte, trascina con sé uomini e cose nel baratro della distruzione, e si presenta come un sistema sociale irriformabile.
Questa sua caratteristica interna si riproduce ininterrottamente, sempre, e sempre crea la “crisi di sistema!” Quindi, logica comunista vuole che, se questo è insopportabile per l’umanità, è il sistema che bisogna cambiare!
Ma i compagni “vedono” sì che la crisi, per esempio questa del coronavirus, crea enormi problemi di tenuta del sistema, apre al suo interno “linee di faglia”, come le chiamano, e cercano pure di individuarne i periodici momenti storici importanti in cui si sono prodotte come la prima guerra mondiale, la seconda guerra mondiale… ma poi non approfondiscono la faglia, anzi rimangono alla superficie e la loro analisi si riduce alla ricerca di ago e filo per una possibile “ricucitura” della faglia stessa.
È così che i compagni invece del sistema cambiano il piano dell’analisi, applicano, per dirla con le loro parole, un “tentativo di sviare l’attenzione dalle vere cause che hanno prodotto…” e cominciano a descrivere i mali di questa società, l’analisi diventa tutta tecnica, economica, rimane in superficie e diventa la ricerca non di un “modo di produzione” diverso, ma di una politica diversa, si sgancia dalla materialità che produce i fenomeni e alla fine resta un sistema economico definito solo come modo di governo. E individuano un modo di governo più “consono” al loro modo di pensare la società nella Cina di oggi, per esempio! E ci ritroviamo con una “mondializzazione” buona che ne dovrebbe sostituire una cattiva!
Quindi, a questo punto, se non è la contraddizione interna al Capitale a creare le crisi, cioè qualcosa che è cresciuto al suo interno tanto da doverlo rendere obsoleto e da rendere assolutamente necessaria la sua sostituzione, e dal quale il Capitale non può sfuggire, allora la crisi è creata da qualcosa di esterno, è un’ingerenza, un evento, un disturbo, qualcosa o qualcuno di cattivo, insomma in questo senso si tratta di un modo di pensare antimaterialistico e antidialettico che sfocia cioè nella teoria del complotto e sfocia nella superstizione (speriamo che l’evento accada o non accada…); non “comprendendo” i fenomeni reali, l’analisi prende a base e si risolve in questioni di morale, etica (non ciò che è, che così si è sviluppato ed è, ma se è “buono”, “giusto”…).
Per non scadere in tutto questo insieme insignificante di parole l’analisi scientifica è necessaria! Perché è da essa, per parafrasare Engels, che poi “nascono le rivendicazioni”, e sono queste, oltre alle conseguenti azioni concrete, che fanno la differenza tra i rivoluzionari e no. Le rivendicazioni dei compagni delle Rete esprimono una posizione interessata perché cercano di adattare l’analisi alle soluzioni e non viceversa… soluzioni di tipo riformista, come quelle che si riflettono chiaramente nella loro concezione dello Stato: “Stato sociale come conquista di civiltà” non come risultato momentaneo dello scontro di classe, “… lo Stato non è solo quel Moloch che opprime i popoli, ma può essere uno strumento di emancipazione contro ogni logica privatistica” … questo “strumento” sarebbe semmai lo “stato socialista”, insomma non parlano dello Stato del Capitale ma di Stato senza aggettivi.
Tutte le loro rivendicazioni parlano chiaro, infatti. Grazie alla crisi intravvedono e auspicano “nuove alleanze”, per esempio tra la Cina e altri paesi imperialisti, magari tutti contro l’imperialismo cattivo degli USA e della UE; ricercano un altro “modello di integrazione regionale” e parlano di “priorità sociali degli investimenti”, come se avessero il potere di fare qualcosa, per non parlare della “creazione di un’area euro mediterranea che agganci le proprie prospettive a quei paesi che sono antagonisti all’attuale sviluppo imperialista”, e quali sarebbero?
Per i compagni, insomma, queste crisi rompono una presunta armonia che esisterebbe per esempio in Cina che sarebbe una “società tuttora in ‘transizione’, in cui agiscono e si scontrano classi, interessi, modelli differenti [?], che sembrano però giunti ad un livello di sintesi superiore a quello espresso altrove”, insomma quella dello “Stato del benessere”, e qui, dice Engels, ci ritroviamo con militanti che si dicono comunisti e hanno una “utopistica rappresentazione del Capitale”, gente che ricade nell’utopia, e ancora “con mezzi utopistici vogliono eliminare l’ingiustizia”, perché, nella sostanza, diciamo noi e sempre citando Engels, si tratta di “gente cresciuta nel socialismo di stato”, oggi nel “welfare state”. Ma la funzione dello Stato, dovrebbero sapere i compagni marxisti, anche con il “welfare”, è di essere al servizio del Capitale. Altrimenti bisogna dire che si tratta di nostalgici del welfare che si appellano ad un nuovo welfare, insomma ad uno stato “socialdemocratico”, e questo è molto vecchio, altro che analisi aggiornata! In questo senso i militanti della Rete sono vittime del pensiero unico… “nel quale siamo stati immersi per trent’anni” dicono loro stessi!
Quindi, senza base scientifica corretta anche le rivendicazioni saranno riformiste, nonostante le tante “buone intenzioni”! Ma c’è un altro importantissimo concetto contro la teoria antiscientifica del complotto ed è quello che il risultato sociale, per dirla ancora con Engels, cioè la condizione attuale in cui viviamo, avviene alle spalle degli attori sociali:“E precisamente, sono queste delle condizioni che si formano senza che coloro che vi partecipano ne abbiano coscienza e che possono essere astratte dalla pratica quotidiana solo mediante una ricerca teorica difficile”. Possiamo dire che per i riformisti questa ricerca non è difficile ma impossibile, e che anche la rivoluzione sociale avviene alle spalle della borghesia e dei riformisti di ogni sorta.

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