Nel campo di coloro che
si stanno cimentando con l’analisi dell’“emergenza coronavirus”
e con le relative “soluzioni”, troviamo i compagni della Rete dei
comunisti con i loro articoli pubblicati tra marzo e i primi di
aprile, sul sito Contropiano.
I compagni che
“rivendicano l’orgoglio” di essere appunto comunisti, con la
loro analisi vogliono fare chiarezza tra i militanti in questo
terribile frangente storico: “Siamo di fronte ad un
fenomeno che per estensione e profondità non ha corrispettivi nella
Storia universale contemporanea”, dicono, (questa eccessiva
enfasi pervade quasi tutti i loro scritti), affinché questi
militanti traggano delle parole d’ordine per l’azione politica!
Ma i marxisti
vanno all’essenza della cosa per analizzarla. Fanno questo i
compagni della Rete? Aiutano a fare chiarezza? No! anzi... Nonostante
la valanga di analisi e declamazioni e critiche al “complottismo”,
restano in superficie, creano ulteriore confusione e
intorbidano le acque, e questo perché nonostante la smentita, il
fondo della loro concezione, della loro “analisi”, è proprio di
tipo “complottistico” e cioè una concezione antimaterialistica e
antidialettica.
Qui ci limitiamo ad
alcune battute che prendono in considerazione questo punto
fondamentale, questa
concezione. Naturalmente non stiamo parlando di “complotti” come quelli che girano tra le persone semplici, come per esempio “il coronavirus è una manovra degli Usa contro la Cina, ecc.”, ma proprio della concezione filosofica che si nasconde dietro una montagna di belle parole tinte di rosso.
concezione. Naturalmente non stiamo parlando di “complotti” come quelli che girano tra le persone semplici, come per esempio “il coronavirus è una manovra degli Usa contro la Cina, ecc.”, ma proprio della concezione filosofica che si nasconde dietro una montagna di belle parole tinte di rosso.
I compagni, che
dicono che “sia utile riutilizzare i termini marxiani che
ci aiutano meglio a capire”, affermano che questa crisi che
stiamo affrontando è una “crisi di sistema” con frasi del
tipo: “Capitalismo a fine corsa”… “Visibile fallimento del
sistema dominante”… “coronavirus … come prodotto diretto di
una crisi sistemica”… Vediamo.
Di quale sistema
si parla? Ma, naturalmente, dicono i compagni, del sistema
capitalistico, e specificano usando la sigla MPC per dire Modo
di produzione capitalistico. E perché il MPC è in crisi? Tutti
sanno, o dovrebbero sapere, diciamo noi, che il sistema
capitalistisco entra periodicamente in crisi sempre più profonde
perché questa è la sua essenza, perché questa è
l’espressione della sua contraddizione interna, il
capitalismo è la contraddizione in processo, dice Marx. Per
semplificare: sfruttamento di una massa di persone per il profitto di
pochi (contraddizione capitale/lavoro, proletariato contro borghesia,
anche dentro la contraddizione tra forze produttive e rapporti di
produzione, come citano anche i compagni della Rete, che ad un certo
punto impedisce l’ulteriore sviluppo sociale, anzi ne diventa
potente ostacolo), che trascina con sé la distruzione di esseri
umani e dell’ambiente in cui essi vivono. Queste caratteristiche
specifiche del Capitalismo, di questo specifico modo di
produzione e riproduzione sociale, che come ogni cosa vivente e
dialetticamente si modifica nel tempo, si sono ingigantite
all’inverosimile, e il sistema si è evoluto in imperialismo,
(non in “globalizzazione” né “mondializzazione” come amano
invece ripetere i compagni), le sue metastasi si sono radicate in
tutto il globo terrestre, insomma il Capitale rinnova all’infinito
i suoi meccanismi di morte, trascina con sé uomini e cose nel
baratro della distruzione, e si presenta come un sistema sociale
irriformabile.
Questa sua caratteristica
interna si riproduce ininterrottamente, sempre, e sempre
crea la “crisi di sistema!” Quindi, logica comunista
vuole che, se questo è insopportabile per l’umanità, è il
sistema che bisogna cambiare!
Ma i compagni “vedono”
sì che la crisi, per esempio questa del coronavirus, crea enormi
problemi di tenuta del sistema, apre al suo interno “linee di
faglia”, come le chiamano, e cercano pure di individuarne i
periodici momenti storici importanti in cui si sono prodotte come la
prima guerra mondiale, la seconda guerra mondiale… ma poi non
approfondiscono la faglia, anzi rimangono alla superficie e la loro
analisi si riduce alla ricerca di ago e filo per una possibile
“ricucitura” della faglia stessa.
È così che i compagni
invece del sistema cambiano il piano dell’analisi,
applicano, per dirla con le loro parole, un “tentativo di sviare
l’attenzione dalle vere cause che hanno prodotto…” e cominciano
a descrivere i mali di questa società, l’analisi diventa tutta
tecnica, economica, rimane in superficie e diventa la ricerca non di
un “modo di produzione” diverso, ma di una politica diversa,
si sgancia dalla materialità che produce i fenomeni e alla fine
resta un sistema economico definito solo come modo di governo.
E individuano un modo di governo più “consono” al loro modo di
pensare la società nella Cina di oggi, per esempio! E ci ritroviamo
con una “mondializzazione” buona che ne dovrebbe sostituire una
cattiva!
Quindi, a questo punto,
se non è la contraddizione interna al Capitale a creare le crisi,
cioè qualcosa che è cresciuto al suo interno tanto da
doverlo rendere obsoleto e da rendere assolutamente necessaria la sua
sostituzione, e dal quale il Capitale non può sfuggire,
allora la crisi è creata da qualcosa di esterno, è
un’ingerenza, un evento, un disturbo, qualcosa
o qualcuno di cattivo, insomma in questo senso si tratta di un
modo di pensare antimaterialistico e antidialettico che sfocia cioè
nella teoria del complotto e sfocia nella superstizione (speriamo
che l’evento accada o non accada…); non “comprendendo”
i fenomeni reali, l’analisi prende a base e si risolve in questioni
di morale, etica (non ciò che è, che così si è
sviluppato ed è, ma se è “buono”, “giusto”…).
Per non scadere in tutto
questo insieme insignificante di parole l’analisi scientifica è
necessaria! Perché è da essa, per parafrasare Engels, che poi
“nascono le rivendicazioni”, e sono queste, oltre
alle conseguenti azioni concrete, che fanno la differenza tra i
rivoluzionari e no. Le rivendicazioni dei compagni delle Rete
esprimono una posizione interessata perché cercano
di adattare l’analisi alle soluzioni e non viceversa…
soluzioni di tipo riformista, come quelle che si riflettono
chiaramente nella loro concezione dello Stato: “Stato
sociale come conquista di civiltà” non come risultato
momentaneo dello scontro di classe, “… lo Stato non è solo
quel Moloch che opprime i popoli, ma può essere uno strumento di
emancipazione contro ogni logica privatistica” … questo
“strumento” sarebbe semmai lo “stato socialista”, insomma non
parlano dello Stato del Capitale ma di Stato senza aggettivi.
Tutte le loro
rivendicazioni parlano chiaro, infatti. Grazie alla crisi
intravvedono e auspicano “nuove alleanze”, per esempio tra la
Cina e altri paesi imperialisti, magari tutti contro l’imperialismo
cattivo degli USA e della UE; ricercano un altro “modello di
integrazione regionale” e parlano di “priorità sociali degli
investimenti”, come se avessero il potere di fare qualcosa, per non
parlare della “creazione di un’area euro mediterranea che
agganci le proprie prospettive a quei paesi che sono antagonisti
all’attuale sviluppo imperialista”, e quali sarebbero?
Per i compagni, insomma,
queste crisi rompono una presunta armonia che esisterebbe per
esempio in Cina che sarebbe una “società tuttora in
‘transizione’, in cui agiscono e si scontrano classi, interessi,
modelli differenti [?], che sembrano però giunti ad un
livello di sintesi superiore a quello espresso altrove”,
insomma quella dello “Stato del benessere”, e qui, dice Engels,
ci ritroviamo con militanti che si dicono comunisti e hanno una
“utopistica rappresentazione del Capitale”, gente che
ricade nell’utopia, e ancora “con mezzi utopistici
vogliono eliminare l’ingiustizia”, perché, nella sostanza,
diciamo noi e sempre citando Engels, si tratta di “gente
cresciuta nel socialismo di stato”, oggi nel “welfare
state”. Ma la funzione dello Stato, dovrebbero sapere i
compagni marxisti, anche con il “welfare”, è di
essere al servizio del Capitale. Altrimenti bisogna dire che
si tratta di nostalgici del welfare che si appellano ad un nuovo
welfare, insomma ad uno stato “socialdemocratico”, e questo è
molto vecchio, altro che analisi aggiornata! In questo senso i
militanti della Rete sono vittime del pensiero unico… “nel quale
siamo stati immersi per trent’anni” dicono loro stessi!
Quindi, senza base
scientifica corretta anche le rivendicazioni saranno
riformiste, nonostante le tante “buone intenzioni”! Ma c’è un
altro importantissimo concetto contro la teoria antiscientifica del
complotto ed è quello che il risultato sociale, per dirla
ancora con Engels, cioè la condizione attuale in cui viviamo,
avviene alle spalle degli attori sociali:“E
precisamente, sono queste delle condizioni che si formano
senza che coloro che vi partecipano ne abbiano coscienza e
che possono essere astratte dalla pratica quotidiana solo mediante
una ricerca teorica difficile”. Possiamo dire che per i
riformisti questa ricerca non è difficile ma impossibile, e che
anche la rivoluzione sociale avviene alle spalle della borghesia e
dei riformisti di ogni sorta.
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