La classe operaia è la più colpita dall’epidemia, ma è anche l’unica classe che può farla finita con questo marcio sistema imperialista
Il virus è un prodotto dei padroni, del loro sistema di produzione, un sistema che mette al centro il profitto e non la salute, un virus del capitale.Non e’ un caso che dalla Cina all’Italia le zone più colpite sono quelle più industrializzate, con il più alto numero di occupati e con la più alta concentrazione di operai industriali nelle fabbriche.
Basta mettere a confronto le due mappe da una parte quella con la diffusione del contagio e dall’altra la diffusione sul territorio delle aziende industriali per vederne la stretta correlazione.
I dati parlano chiaro:
La lombardia è la regione più colpita dal coronavirus il numero dei lavoratori occupati nelle 97.220 aziende manifatturiere lombarde è di 4 milioni e 399mila, e 1 milioni di questi (960.000) sono quasi tutti operai industriali.
Le province con il più alto tasso di morti e contagiati sono Bergamo e Brescia che hanno oltre 400mila lavoratori con la più alta densità operaia dovuta alla enorme concentrazione di fabbriche con 4,1 imprese per km quadrato contro 1,6 della media nazionale.
Nella sola provincia di Bergamo le aziende a carattere industriale che impiegano dai 20 dipendenti in su, sono 12.769, con un numero di occupati pari a 173.070.
In valle Seriana, dove è iniziato il contagio e non si è voluto istituire la zona rossa, si concentrano le aziende che producono il Pil più alto del paese con 376 aziende e 4000 lavoratori, in queste zone il covid-19 ha colpito duramente con un tasso di contagio molto elevato, ad esempio Alzano lombardo su una popolazione di 13657 decessi a marzo 109 di cui ufficiali per covid 58, Nembro su una popolazione di 11525 con 153 decessi a marzo di cui ufficiali per covid 78.
Questo risulta da una stima di Intwig, società bergamasca di data management e comunicazione, in cui ci sono tutti i dati anche per Comune, che dice che a Bergamo ci sono “305mila contagiati, un abitante su 4”.
(https://www.bergamonews.it/2020/04/11/coronavirus-la-paurosa-stima-su-bergamo-305mila-contagiati-un-abitante-su-4/365867/)
A Brescia le industrie sono 15.396 con un numero di occupati che arriva a 154.180 lavoratori, ed i metalmeccanici (110 mila operai) rappresentano la fetta più consistente dell’apparato produttivo di questa provincia, sommando i 60.000 operai edili delle imprese di costruzioni il numero di operai concentrati in questa zona fa di Brescia la provincia con la più alta densità operaia d’Italia.
Ad esempio nel territorio dove sorgono le due fabbriche della Lucchini rs spa a Lovere e Pian Camuno nella zona dell’alto lago d’Iseo e la Valcamonica il contagio si è manifestato in maniera aggressiva, nella sola Valcamonica 821 contagi e 88 morti su di una popolazione complessiva di 118 mila abitanti.
Mettendo in confronto i dati della città di Milano con 4362 contagi su di una popolazione di 1,3 milioni di abitanti, con una percentuale dello 0,33%, la percentuale in Valcamonica è più del doppio: 0,7%.
Da ciò emerge chiaro che le zone a più alta concentrazione industriale sono quelle dove il virus sta colpendo in maniera esponenziale, con una mortalità che non ha eguali in Europa, attaccando sopratutto i soggetti più esposti all’affollamento della fabbrica, gli operai.
Una vera e propria ecatombe che dietro i numeri nasconde tutte quelle persone che sono morte in casa perchè non sono mai riuscite ad arrivare in ospedale, così come un alto numero è stato seppellito velocemente senza nemmeno fare il tampone.
Ma anche la strage delle persone anziane, una generazione decimata, 1 su 10 sono i morti nelle Rsa case di riposo, deliberatamente lasciati a se stessi, sacrificabili, per età, perchè non più produttivi, una strage che grida vendetta.
Non si tratta solo di anziani con un’età altissima e affetti da patologie compromettenti, ma anche di giovani visto che come i dati dimostrano si sta abbassando l’età di chi finisce in rianimazione arrivando a colpire soggetti al di sotto dei 40 anni, come alla Tenaris Dalmine dove è morto un operaio di 43 anni.
La gioventù operaia. Giovani operai sani che non hanno, differentemente dalle persone anziane, nessuna patologia in corso, ma che costretti nelle fabbriche ad una dispotica promiscuità, si ammalano e muoiono più degli altri.
Ma dove e come hanno contratto patologie compromettenti?
In maggioranza sono frutto di centinaia di malattie professionali dovute al lavoro in fabbrica che ne hanno minato il fisico e quindi resi più vulnerabili al virus. sono operai e pensionati ex operai che, avendo lavorato a contatto con velenosi agenti inquinanti e nelle peggiori delle condizioni salutari, sono, proprio per questo, patologicamente fragili e quindi potenzialmente più colpiti (ad esempio, nei reparti della Dalmine fino pochi anni fa si lavorava ancora in presenza di amianto nel reparto).
Per il lavoro in fabbrica, gli operai sia giovani che anziani, sono la classe sociale più decimata dal virus covid-19. La classe sociale che più di altre classi sta pagando il prezzo più alto a questa pandemia.
Ma se le fabbriche, i cantieri, le officine sono i luoghi più esposti al contagio perchè non sono stati chiusi subito?
La risposta e’ contenuta in questi dati dell’osservatorio mensile di Confindustria Bergamo di marzo: le imprese del territorio, rappresentano un valore aggiunto di 32,5 miliardi di euro, pari al 9,5% del Pil lombardo e del 2% di quello nazionale, con una quota di export del 16%.
Per i padroni oggi come ieri prima vengono i profitti e non la vita e la salute degli operai e della popolazione.
Per questo non viene istituita la zona rossa nel centro del contagio della valle Seriana e si continua a tenere aperte le fabbriche, ben sapendo che il distanziamento sociale imposto dai decreti del governo Conte per far fronte all’epidemia non vale dentro i cancelli delle fabbriche, il motto “io resto a casa” non vale per gli operai che continuano a dover muoversi per andare a produrre, a lavorare fianco a fianco nei reparti e sulle linee, ammassati nelle fabbriche fonte di potenziali focolai di propagazione del virus.
Dall’altro il governo trasforma l’intero paese in un’enorme “zona rossa” per irreggimentare la vita sociale, limitare la circolazione, l’assembramento e la mobilità individuale. Per far rispettare le norme si arriva all’utilizzo di militari e polizia e non ha esitato a scatenare una campagna di colpevolizzazione e criminalizzazione contro chi da solo correva o passeggiava nel parco, tacciati come dei piccoli untori.
Ma chi sono i veri untori l’ha chiarito anche la stessa trasmissione di Report, su rai3, che dal racconto dei fatti non ha potuto far altro che confermare la responsabilità diretta di Confindustria nell’aver lasciato al rischio contagio i lavoratori e la popolazione, la prova inconfutabile che i padroni bergamaschi e bresciani non hanno esitato a mandare al macello gli operai per continuare a garantirsi la continuità dei loro guadagni, una verità di classe che sta anche scritta sui muri di Bergamo: “Confindustria assassini”.
Ma vediamo cosa è successo nelle fabbriche di Bergamo nelle prime 3 settimane di marzo?
Mentre Confindustria trasmetteva il video 'Bergamo is running' per tranquillizzare i clienti internazionali e poter continuare a fare affari in Italia, i padroni, delle grandi aziende multinazionali che si trovano a Bergamo, tra cui Brembo e Tenaris in testa, ben sapendo l’impatto che avrebbe avuto sulle fabbriche perchè l’hanno già visto in Cina mesi prima, visto che sono multinazionali e hanno stabilimenti in Cina, invece di tutelare gli operai, nelle prime settimane di marzo hanno cercato di tenere aperti i reparti, cercando di far passare tramite la rsu il messaggio che si doveva lavorare (ad esempio il 6 marzo alla Dalmine vi è stata una procedura con gli rls fim-fiom-uilm per lavorare anche in presenza di rischio epidemiologico).
Queste fabbriche sono rimaste aperte fino a quando l’alto assenteismo e i primi contagiati gravi e il peso degli scioperi spontanei che stavano crescendo li hanno portati ad optare per la cig.
Così nonostante i rischi han cercato di tirare il più possibile per effettuare delle consegne urgenti, situazione che a catena hanno fatto tutte le medie e piccole aziende che non volevano fermarsi proprio perchè di fronte all’incertezza che avevano davanti anche per loro lavorare voleva dire continuare a fare soldi.
Una storia che si ripete anche in questi giorni con confindustria all’assalto che spinge per riaprire tutto subito, proprio nel caldo dell’epidemia, dove Brescia sta crescendo, Milano anche e Bergamo non scherza.
Nonostante questo ancora oggi la maggioranza delle fabbriche continua ad essere aperta, ai padroni basta mandare una email al prefetto per dire che la loro produzione è legata alla filiera dei beni essenziali….
Mentre continua il ruolo dei sindacati confederali servi che certificano la sicurezza del padrone che di fatto è solo formale, per dire agli operai che bisogna continuare a lavorare come prima e peggio di prima.
I padroni vogliono ripartire a ranghi ridotti non per la sicurezza ma per garantire una produzione oraria maggiore con meno persone, a seconda delle commesse strategiche da portare avanti per i loro profitti e grazie anche ai "volontari" sperimentano una organizzazione del lavoro antisciopero
come dimostra l’esempio delle bombole di ossigeno alla Dalmine dove il padrone sin dal 15 marzo ha preso la palla al balzo per ripartire con altre produzioni mentre in queste settimane ha continuato a fare i tubi del petrolio (https://proletaricomunisti.blogspot.com/2020/04/pc-8-aprile-bergamo-la-verita-sulla.html); situazione che si presenta anche alla Lucchini rs spa dove per gli operai che non vogliono mettere a rischio la loro vita la scelta e’ quella di morire di fame con lo sciopero ad oltranza per 11 giorni, mentre la rsu ha comunque ceduto alle esigenze del padrone e concordato con l’azienda un piano di sicurezza per garantire la ripartenza della produzione, anche se le rotaie dei treni così come i tubi per il petrolio non sono essenziali per l’emergenza sanitaria.
Si può accettare tutto questo? Serve ribellarsi a questo sistema dove ti dicono che gli accordi fatti da padroni e sindacati venduti li devi accettare.
La vera sicurezza in fabbrica è la partecipazione degli operai (per controllare se dopo 3 ore la mascherina non funziona, devi avere la forza per dire vado a casa e mi paghi), senza la forza e la partecipazione degli operai, non c’è alcun tipo di sicurezza.
Serve intervenire sulla organizzazione del lavoro e adeguarlo alla situazione di emergenza, non si può lavorare come prima o magari in meno e lavorare il doppio.
Visto che anche in questa crisi come sempre i padroni vogliono uscire forti facendola pagare agli operai, bruciando forze produttive in eccesso, con licenziamenti e aumentando lo sfruttamento del lavoro e marciando verso uno stato moderno fascista visto che le misure liberticide resteranno anche dopo l’emergenza sanitaria.
Ma questa epidemia è anche una opportunità perchè:
Da un lato ha svelato a livello di massa la vera faccia dei padroni e del loro sfruttamento, una classe di pochi parassiti che per i loro profitti non ha esitato coscientemente a condurre al macello gli operai e la popolazione, dimostrando che’ nella democrazia borghese non siamo tutti sulla stessa barca, gli interessi degli operai sono inconciliabili con quelli dei padroni.
Inoltre gli scioperi spontanei senza il guinzaglio dei sindacati confederali, che hanno fatto preoccupare padroni e governo, hanno confermato che è la classe operaia a produrre tutta la ricchezza della società e questo i borghesi e piccolo borghesi hanno potuto toccarlo con mano quando le fabbriche si sono fermate.
In questo contesto i comunisti devono trasmettere questo virus contagioso che si deve estendere, devono lavorare nel fuoco della lotta di classe per deviare la spontaneità in coscienza, per trasformare la ribellione in organizzazione e forza materiale:
perchè il sistema borghese non si può aggiustare ma solo ribaltare attraverso la ribellione di massa dei lavoratori e la presa di coscienza della classe operaia che solo con il potere nelle sue mani si potrà avere una società senza il virus del capitale.
Mai come oggi:
i proletari non hanno nulla da perdere se non le catene del lavoro salariato
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