Gallera, Fontana hanno alzato nei giorni
scorsi, in
prossimità dei giorni di Pasqua, alte grida per denunciare che “c’è troppa gente in
giro”. In un
crescendo di colpevolizzazione di comportamenti individuali
“irresponsabili”,
da diffusori dell’epidemia.
Le statistiche dicono che, a fronte di un
alto numero di
controlli, al massimo un 5% non rispetta le “regole”, fondamentalmente lo stare a casa - come ce lo ripetono gli operatori
sanitari in prima
linea nella lotta contro il coronavirus.
Il richiamo a contribuire a rallentare la
diffusione del
virus è di buon senso, ci si disciplina anche di buon grado. Si
continua ad
invocare l’uso delle mascherine, dei DPI, il ricorso ai tamponi,
l’isolamento
se si sospetta possibile contagio. Si continua ad affermare che
bisogna
difendere la prima linea di lotta al virus gli operatori
sanitari - tutti diciamo
noi perché ci sono anche OSS, addetti
alle pulizie che quasi mai
vengono
ricordati - dotandoli degli indispensabili DPI e sottoponendoli
ai
tamponi, ancora oggi un miraggio nella stragrande maggioranza. E questo, sì, è da
condannare, da contrastare, richiede soluzioni indifferibili, mentre continuano a mancare, i DPI, le
mascherine.
Su questo è una chiara
offesa alla dignità dei tantissimi che rispettano le “regole”
l’affermazione di
Fontana per cui, se non si trovano le mascherine, ci si può
coprire con una
sciarpa.
Ma su ciò che continua ad essere grave non si fa nulla: mancano i tamponi, mancano i reagenti per fare i
tamponi, dovrebbero
aumentare gli operatori e i laboratori addetti all’esame dei
tamponi, nelle
carceri, nelle RSA, ma
anche nei caseggiati dove si deve rimanere se si hanno sintomi e/o
si è stati a
contatto con infettati e dove è quasi impossibile effettuare
il tanto
raccomandato isolamento.
Questa campagna sul rispettare le regole,
sembra in realtà voler distogliere l’attenzione da ciò che sta avvenendo
concretamente
in una Lombardia - a cui si sta aggiungendo anche il Piemonte - straziata dalle troppe morti e sofferenze, di cui le RSA
rappresentano la punta
dell’iceberg; come dalla pressione di Fontana per l’apertura
di tanti siti
produttivi (mentre nei
giorni scorsi si
è opposto all’apertura dei negozi di abbigliamento per neonati,
librerie, a
favore, come non hanno mancato di notare in tanti, della grande
distribuzione e
delle vendite on-line). Tutti stanno pensando alla ripresa, a
quando si riaprirà
il tutto chiuso, che non c’è mai stato. Insieme ai trasporti, alimentari, non hanno mai chiuso tante
fabbriche, uffici postali, banche, i riders non si sono mai
fermati, ha
riaperto il cantiere per la costruzione della nuova linea
metropolitana, ecc. Tutti luoghi in cui i lavoratori hanno denunciato la mancanza o l’insufficienza di DPI, di
mascherine, rispetto
delle distanze etc
Noi siamo perchè la riapertura di attività necessarie avvenga solo in assoluta sicurezza, con le misure
adeguate:
sanificazioni, dispositivi, distanze di sicurezza. Perchè in queste condizioni riaprano i mercati all’aperto,
Ma lo siamo perché il disastro a cui non
vogliamo
rassegnarci né tantomeno abituarci richiede necessariamente -
contro la
passivizzazione che ci vogliono imporre - la partecipazione
attiva, in primis
dei lavoratori, delle donne nell’affrontare concretamente e
trovare le
soluzioni possibili ai diversi problemi che questa epidemia sta
creando. In
primis, l’isolamento e l’individualizzazione che già di per sé
sono problemi.
La petizione promossa, in
queste ore, da
Milano 2030 “Commissariare la Lombardia” si pone
sul terreno
del contrasto all’operato della giunta Fontana, ma demanda al
Governo, e quindi ancora una
volta si prevede la
passivizzazione delle persone, con il corollario di repressione, come abbiamo
visto nel
quartiere S.Siro con lo sgombero di
occupazione di casa da
parte di una
famiglia (ma non dobbiamo stare tutti a casa?), nonostante il "Cura Italia" abbia
sostanzialmente previsto la sospensione degli sgomberi delle
case popolari.
Corrispondenza da Milano
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