domenica 12 aprile 2020

pc 12 aprile - 12 ANNI FA MORIVA ANURADHA GHANDY, DIRIGENTE DEL PARTITO COMUNISTA DELL'INDIA-MAOISTA - La sua tempra, le sue parole vivranno sempre nella lotta rivoluzionaria delle donne di tutto il mondo

Dal calendario 2020 del Collettivo politico comunista Tazebao
Dalla presentazione dell'importante libro di Anuradha Ghandy, avvenuta in varie città dal MFPR
Per richiederlo: mfpr.naz@gmail.com

Anuradha Ghandy era, come dice Arundathy Roy , “differente”. Anuradha Ghandy nasce in una famiglia progressista e già nell’università diventa una leader delle lotte; subito dopo fa l’insegnante e diventa una delle principali attiviste per i diritti umani nel paese. Dopo comincia il suo periodo di lunga clandestinità perchè sceglie di fare appunto una vita “differente”, da comunista, militante. Nel primo periodo fa un lavoro tra gli operai, in particolare tra gli edili, ne organizza molte lotte. Per tre anni sta nelle zone dove opera l’Esercito guerrigliero di liberazione popolare. E' l’unica donna che è stata, finché non è morta, nel Comitato centrale del Partito Comunista dell’India (Maoista) che dirige la guerra popolare in India.
Anuradha Ghandy già da vari anni soffriva di una sclerosi multipla ma a questa si aggiunge la malaria. Lei andò in un ospedale per accertamenti ma poiché era clandestina non diede il suo vero nome. Quando i medici si accorsero che questa malaria era molto avanzata che le distruggeva via via tutti gli organi vitali, non poterono avvisarla e morì il 12 aprile 2008.
Ma questa compagna fino all’ultimo giorno, con tutte le sofferenze, non si è mai fermata un momento; dalla mattina alla sera girava, andava nelle zone dove è in atto la guerra popolare, e per lungo tempo portò avanti un lavoro per organizzare le donne riuscendo ad organizzare il più grosso movimento delle donne adivasi (adivasi significa “popolazione originaria”), trattati dallo Stato e
governo indiano con la politica dei massacri, repressione, che per le donne riserva insieme alle uccisioni, stupri, terribili violenze sessuali. Il movimento delle donne adivasi organizzato da Anuradha Ghandy contava almeno 90mila donne nel Dandakaranya.
Arundathy Roy fa l’introduzione di questo libro, e dice ad un certo punto: io non ho mai avuto la
fortuna di incontrare direttamente Anuradha Ghandy, ma andai al suo funerale. La cosa che un po' mi sorprese e sentii fu che tutte le persone che la conoscevano parlavano di lei come di "una persona che aveva fatto tanti sacrifici”, e poi aggiunge “Per me comunque con Anuradha Ghandy ci si imbatte come in qualcuno che felicemente ha barattato noia e banalità per seguire il suo sogno. Non era santa o missionaria. Ha vissuto una vita esilarante che è stata dura, ma appagante”.
Questa è una bella dedica, per dire che l'unica vita che vale la pena di vivere non è una vita fatta di cose effimere, o una vita “tranquilla”, ma una vita in cui lotti, ti senti protagonista. Questa è la vita che consegna a tutte noi compagne, Anuradha Ghandy.
Questo era Anuradha Ghandy e questo è stata dall'inizio alla fine.
Anuradha Ghandy non era un intellettuale nel senso classico della parola, era prima di tutto una militante, per cui la teoria era strettamente legata alla pratica, non faceva teoria limitandola alla conoscenza, divulgazione; faceva teoria come se fosse un'arma, un “fucile in spalla” contro lo Stato,
In India, uno dei più grandi continenti - per cui ciò che accade in questo continente acquista una dimensione e rilevanza grandissima – vi è la massima sintesi della condizioni di oppressione verso le donne. Gli stupri e le uccisioni delle donne che sono i più numerosi nel mondo sono di tre tipi. Sono uccisioni, stupri fatti per l'esistenza della realtà semifeudale, frutto del patriarcalismo tribale, per cui gli stessi capi dei villaggi sono parte integrante dell'azione di violenze fatti dai maschi; a questo si unisce la violenza “moderna” dell'imperialismo nelle città che in India sono immense che porta all'abbrutimento delle persone, e di cui le donne sono le principali vittime. L'India mostra come l'imperialismo, le situazioni più avanzate si coniugano bene, dal loro punto di vista, con le forme di oppressione più aberranti, patriarcali. E le donne si trovano colpite da entrambe le realtà.
Ma c'è un terzo aspetto, forse quello più terribile: gli stupri e uccisioni vengono usati come arma di guerra. L'esercito quando va a “liberare” per conto delle multinazionali intere zone usa gli stupri e le violenze sessuali verso le donne; nelle carceri, le donne e le compagne sono torturate nella maniera più terribile, ad una donna vennero infilate delle pietre nella vagina.
E' la reazione dello Stato e del governo fascista indiano alla guerra popolare in corso da vari anni, in cui le donne sono il 60% dell'Esercito popolare, in cui le donne sia negli organismi di massa che nel Partito sono spesso la maggioranza, sono nella direzione, sono coloro che portano avanti la “rivoluzione nella rivoluzione” mentre fanno la guerra di popolo.
Chiaramente questo non è che sia ben visto dalla stampa e mass media in generale, anche per questo si “parla poco dell'India”, come molti dicono.
Dall'altra parte l'India è il paese in cui c'è il massimo sviluppo del movimento di lotta delle donne, sia in termini di sviluppo di scioperi, anche quest'anno ci sono state scioperi di lavoratrici, e qui parliamo di milioni in sciopero, in piazza; sia come sviluppo delle lotte nelle zone in cui vi sono stati stupri e uccisioni efferati di donne, bambine, così come lì dove il governo indiano porta uno “sviluppo” capitalista con processi di espropriazione delle terre, trasferimenti forzati, militarizzazione, con l'uso di massacri di massa da parte dell'esercito per “liberare” dai popoli queste zone per l'insediamento di multinazionali, tra cui anche la Mittal, la Tata, ecc. E in queste zone contro la “Caccia verde” (Green Hunt) come viene chiamata, la maggiorparte delle popolazioni è formata da donne e sono soprattutto le donne che resistono, lottano contro questa politica di devastazione dello Stato indiano.
Anuradha Ghandy in una intervista dice che cosa ha significato la guerra popolare, la lotta armata per le donne. La lotta armata ha significato emancipazione, passare da una situazione di estrema oppressione, tripla oppressione alla possibilità di decidere, di essere determinanti nella vita delle donne, dell'intera popolazione. Anuradha Ghandy diceva: "la guerra popolare ha mandato in frantumi le esitazioni delle donne, ha raddoppiato la loro forza per ribellarsi, ha mostrato il cammino per la liberazione della donna. Esiste un legame tra la società semifeudale/semicoloniale e l'imperialismo e l'oppressione della donna... e si è dimostrato una volta di più che è corretto il principio marxista che possiamo portare avanti la lotta contro il patriarcato solamente con la lotta per porre fine a questo sistema”. ".
Un esempio di questo l'abbiamo avuto anche noi: le partigiane che fino al giorno prima erano spesso donne che facevano una vita normalissima, anche se non certo esaltante, nella Resistenza, nell'essere protagoniste della guerra di popolo, come di fatto fu la Resistenza antifascista e antinazista, si trasformarono da un giorno all'altro; diventano protagoniste non solo della propria vita, ma della società. Ecco cosa significa per le donne la guerra di popolo.
Anuradha Ghandy diceva che la guerra di popolo è quella più adeguata alla battaglia delle donne, perchè le donne hanno una battaglia molto lunga da fare, e quindi la guerra popolare di lunga durata è ciò che le consente di fare un percorso che abbracci tutti gli aspetti, non solo quello militare di lotta contro il governo, lo Stato, l'imperialismo, ma anche quello di distruzione via via di tutte le sovrastrutture, di tutte le oppressioni.

Il libro di Anuradha Ghandy ha una particolarità che può sembrare strana: è fatto da una compagna indiana ma parla delle tendenze filosofiche nel femminismo occidentale. Come mai? Lei lo spiega nell'introduzione. Dice che queste tendenze hanno avuto molta influenza anche nel movimento delle donne in India e quindi era necessario andare alle “origini”, fare questa analisi critica delle tendenze andandole a prenderle dalle loro prime teoriche. E questo è giusto, perchè quando una teoria, una tendenza si diffonde, penetra in altre realtà, chiaramente un po' cambia, però il problema è di andare ad intaccarne il fulcro, da dove è nata, come si espressa, le concezioni, ecc., per far chiarezza o piazza pulita. Questo fa Anuradha Ghandy.

E' un libro diverso da altri. Qui sempre Arundathy Roy ad un certo punto nel descrivere lo stile di scrittura di Anuradha Ghandy dice che è come se buttasse delle “bombe” quando analizza quelle tendenze. Dice: “alcune delle sue affermazioni esplodono fuori dalla pagina come bombe a mano e le rende molto più personali. Leggendole si intravede la mente di qualcuno che avrebbe potuto essere un serio studioso, accademico, ma fu sopraffatto dalla sua coscienza e trovò impossibile sedersi e teorizzare semplicemente le terribili ingiustizie che vedeva attorno a lei. Questi scritti rivelano una persona che sta facendo tutto il possibile per collegare teoria e pratica, azione e pensiero”.

Anche la maniera con cui in questo testo vengono analizzate le tendenze è abbastanza diversa. Anuradha Ghandy prende tendenza per tendenza. Prima dà una visione storica d'insieme del movimento delle donne in occidente, dai primi movimenti in America, Inghilterra, ecc. Su questo c'è una questione importante. Anuradha Ghandy dà molto valore al movimento femminista, anche se poi ne vede i limiti. Ma dice che senza il movimento femminista non ci sarebbe stato né un vasto movimento delle donne, né una presa di coscienza in generale su cosa è la società, sul patriarcalismo, femminismo, ecc. Lei dice: “Il movimento ha costretto uomini e donne a guardare in modo critico i loro atteggiamenti e pensieri, le loro azioni, le loro parole riguardo alle donne. Il movimento sfidò vari atteggiamenti patriarcali e anti-donna che contaminarono anche i movimenti progressisti e rivoluzionari e influenzarono la partecipazione delle donne in essi. Nonostante le confusioni e le debolezze teoriche il movimento femminista ha contribuito in modo significativo alla nostra comprensione della questione delle donne nel mondo attuale. Il movimento mondiale per la democrazia e il socialismo è stato arricchito dal movimento delle donne”.
Questo è importante. Questa affermazione non è, anche tuttora, affatto scontata in alcuni movimenti, organizzazioni, partiti che sono comunisti, rivoluzionari, anche marxisti-leninisti-maoisti, che però rispetto al movimento femminista, al movimento delle donne hanno come una cesura.
Anuradha Ghandy invece rovescia la questione. Lei che era comunista, che è stata nel CC del PCI(M), dice che il movimento femminista è una ricchezza.

Tornando al testo. Anuradha Ghandy fa un'analisi delle varie tendenze: femminismo liberale, femminismo radicale, l'anarco-femminismo, l'eco-femminismo, il femminismo socialista, post modernismo e femminismo.
Per ogni tendenza, prima fa un'analisi e ne spiega i nuclei teorici, poi fa una critica a questi nuclei e poi fa una sintesi delle debolezze e aspetti negativi.
Questo metodo fa sì che anche se lei affronta questioni teoriche abbastanza complesse, le rende abbastanza semplici e chiare, perchè restino le questioni principali. Un'altra cosa che viene fuori è che vengono affrontate non solo le tendenze principali ma, poiché in ognuna di esse ci sono altre “sottotendenze”, anche le tendenze derivanti dalle principali o che se ne sono distinte.
Sul “Femminismo liberale” Anuradha Ghandy nella sintesi scrive:“Si concentra sui diritti individuali piuttosto che sui diritti collettivi”. Che vuol dire? Che le teorie portate avanti dal Femminismo liberale dicono che “ognuno deve liberarsi”, quindi sarebbe un processo individuale che si oppone di fatto ad un processo di lotta collettiva.
Poi Anuradha Ghandy continua “È limitato ai cambiamenti della legge, alle opportunità di istruzione e impiego, alle misure di welfare ecc. E non mette in discussione le strutture economiche e politiche della società che generano discriminazioni patriarcali. Quindi è riformista nel suo orientamento, sia nella teoria che nella pratica”. Quindi, a teorie corrisponde una politica di affidamento alla legge, di cambiare la legge, di riformare questa società, e pertanto si oppone ad una politica che dice invece che non è certo un cambiamento delle leggi, fermo restando questo sistema, che può effettivamente liberare le donne.

Sul femminismo radicale Anuradha Ghandy affronta anche tematiche molto attuali, per esempio il separatismo. C'è nel libro un'analisi e una critica molto sofisticata, ma nello stesso tempo molto chiara. Anche questa tendenza la conosciamo, è presente nel movimento femminista che si identifica in Nudm, anche se all'interno di questo grosso contenitore poi ci sono varie posizioni.
Alcune realtà femministe anche nel nostro paese, teorizzano, non tanto la necessità che le donne si diano un'organizzazione specifica, un momento separato per trovare forza – questo lo diciamo anche noi -, ma un separatismo strategico, in cui sono gli uomini tout court il nemico principale. Questo devia la lotta dallo scontro contro il sistema di produzione, oggi capitalista, imperialista.
Noi siamo “separatiste” nel senso che riteniamo assolutamente necessario che le donne si diano una propria organizzazione, per costruirsi le proprie armi, essere così più forti per portare questa forza all'interno del movimento proletario più generale. Senza questa propria organizzazione, non è vero che le donne pesano. Quindi “separata” non nel senso strategico, ma come necessità di unità, di forza delle donne.
Anuradha Ghandy, lei che ha organizzato 90mila donne, questo lo affronta. Ma dice: il femminismo radicale, questa tendenza a teorizzare il separatismo, a cosa poi porta? Porta a non vedere qual'è la contraddizione principale, il nemico principale, Rende principale la contraddizione uomo-donna e quindi nasconde la contraddizione principale: il sistema borghese, imperialista. Questo femminismo può apparire più rivoluzionario ma la conseguenza è il rischio di scadere nel riformismo, perchè tu non lotti per rovesciare una società che inevitabilmente perpetua la contraddizione maschilista, sessista, bensì riduci la lotta alla contraddizione di genere. In questo modo questo “separatismo” va bene al gruppo ma non è in sintonia con la grande realtà delle donne più oppresse e sfruttate da questo sistema borghese.
Sul Femminismo radicale, Anuradha Ghandy affronta soprattutto un nodo importante, cioè il rapporto tra produzione e riproduzione e il ruolo delle donne in essi. Il Femminismo radicale dice, in estrema sintesi, che le donne sono oppresse perchè sono state destinate alla mera riproduzione, che tra l'altro non viene neanche riconosciuta, e che si esplica sia nella riproduzione delle forze lavoro che il capitale userà, che nel lavoro di cura di queste forze. Anuradha Ghandy dice, però, che assumere l'aspetto della riproduzione come centrale, fa sì che lo scontro non è con il sistema e i rapporti di produzione che ne sono alla base, ma diventa: “Rendere la contraddizione tra uomini e donne come la principale contraddizione che giustifica il separatismo”.

Altro esempio di attualità è la critica all'eco-femminismo. Anuradha Ghandy dice che questa tendenza denuncia che lo sviluppo capitalista è uno sviluppo che distrugge l'ambiente. Che è vero. Però qual'è la risposta? La risposta è: torniamo all'economia precedente, all'economia agricola, ecc. Quindi questa tendenza diventa una sorta di teorizzazione dell'andare indietro, rispetto allo sviluppo dei rapporti di produzione.
Scrive Anuradha Ghandy: “Nell’eco-femminismo la natura è la categoria centrale dell’analisi... E' stato visto che le donne sono state in prima linea nelle lotte per proteggere la natura...”.
Dove va a finire questa tendenza? Va a finire nel dire che l'industria in sé è negativa. Mentre la produzione di prima sarebbe invece positiva e quindi bisogna tornare all'agricoltura non industrializzata.
Ma nelle campagne, e lo vediamo benissimo anche ora in particolare con le migranti, ma non solo, le donne venivano trattate da schiave. Quindi, tutta questa bellezza non c'era. Questa tendenza, quindi, alla fine porta ad una posizione arretrata, conservatrice. Essa vede solo gli effetti: “distrugge l'ambiente” e non la causa, il capitale e quindi che bisogna togliere l'industria e non invece che bisogna eliminare il sistema del capitale che usa lo sviluppo delle forze, produttive, della produzione avendo come obiettivo solo il suo profitto e non lo sviluppo e il benessere di tutti.                     
Questa tendenza, scrive Anuradha Ghandy, “difende acriticamente le pratiche tradizionali... Afferma che... in questa civiltà (quella antica - ndr) in cui la produzione era di sussistenza, per soddisfare i bisogni vitali fondamentali delle persone, le donne avevano uno stretto legame con la natura... In realtà ciò si sta glorificando è la piccola economia contadina precapitalista con le sue strutture feudali e le sue estreme disuguaglianze. In questa economia le donne hanno faticato per lunghe ore nel lavoro massacrante senza alcun riconoscimento del loro lavoro...”.
Le donne non hanno interesse tornare indietro, ma hanno interesse a lottare contro chi per il mantenimento della propria classe sfruttatrice fa della produzione un'arma di morte, che distrugge ambiente e persone.

In un altra parte del testo troviamo la critica alla teoria della “differenza sessuale” che anche da noi, in Italia, era molto in voga qualche anno fa. Questa tendenza partiva da un'affermazione che si poteva anche condividere ma alla fine portava a dire che la differenza tra uomo e donna, i valori di cui le donne erano portatrici (dalla non violenza, alla cura dell'altro, ecc.) erano da rivendicare, anzi da farne la propria identità, contro; vanno riconosciuti come positivi, valorizzati in differenza con il maschio. Viene di fatto operato un rovesciamento delle questioni: ciò che è negativo viene interpretato come positivo, quindi invece di portare ad una lotta che elimini gli aspetti del ruolo della donna, che poi sono di oppressione, viene dato ad essi una valenza positiva.
Anuradha Ghandy scrive: “Le femministe culturali hanno fatto un ulteriore passo in avanti enfatizzando le differenze essenziali tra maschi e femmine e affermando che i tratti e i valori femminili (non femminili) sono desiderabili. Questo argomento fornisce la base biologica delle differenze tra maschi e femmine più importante dell’educazione sociale. Questo è in effetti un argomento controproducente perché le forze conservatrici nella società hanno sempre usato tali argomenti (chiamati determinismo biologico) – per dire che le donne sono differenti. Per cui se tu ti batti anche solo per l'uguaglianza, stai negando la differenza femminile che invece va valorizzata, perchè positiva – ndr -  per giustificare il dominio su una parte del popolo. Gli schiavi erano schiavi perché avevano quei tratti e dovevano essere governati, non potevano badare a se stessi. Le donne sono donne e gli uomini sono uomini e sono fondamentalmente diversi, quindi anche i ruoli sociali per donne e uomini sono diversi. Questo è l’argomento dato dalle forze conservatrici reazionarie che si oppongono alla liberazione delle donne”.

Anuradha Ghandy analizza le varie tendenze legandole allo sviluppo della società. Per esempio, all'inizio fa l'analisi del femminismo liberale e lo lega agli inizi della società borghese. Poi dice, questo movimento liberale viene meno non tanto perchè vi è stata una critica ma perchè il sistema va avanti e le stesse tendenze cambiano, e quindi si passa dal femminismo liberale al femminismo radicale; da un femminismo che chiedeva allo Stato di attuare delle leggi, degli interventi per i diritti delle donne, a un femminismo che pensa che non questo Stato possa dare i diritti ma che questo Stato si debba quanto meno trasformare.

Anuradha Ghandy poi analizza il Femminismo socialista. Anuradha Ghandy dice che non è riducibile a “uno”; "c'è anche un ampio spettro tra loro. A un'estremità dello spettro c'è una sezione chiamata femministe marxiste... all'altro estremo ci sono quelle che si sono concentrate su come l'identità di genere viene creata attraverso le pratiche dell'educazione dei figli".
Sulle femministe marxiste scrive che esse hanno colto da Marx l'analisi per cui alla base c'è la produzione e la riproduzione, però poi se ne sono allontanate, cogliendo solo l'aspetto della riproduzione, e hanno criticato il marxismo perchè avrebbe colto solo la questione delle basi economiche, quindi la lotta di classe e non la lotta di genere. Poi mettendo al centro l'aspetto della riproduzione vedono storicamente solo l'aspetto della divisione del lavoro. Ma Anuradha Ghandy dice che la divisione del lavoro in sé non era già subordinazione. Anuradha Ghandy scrive che vedere solo la divisione del lavoro si resta ad un livello primordiale, anche tra gli animali vi è una sorta di divisione del lavoro. Nel periodo del matriarcato la divisione del lavoro era una divisione naturale e le donne, proprio perchè avevano un ruolo più sociale, una sorta di “cape” della comunità, erano molto considerate. Una divisione, quindi, che non metteva l'uomo in una posizione di potere. Quando invece succede questo? Con la proprietà privata. Nel momento in cui vi è uno sviluppo degli strumenti, si passa dalle attività fatte a mano ai primi attrezzi usati dall'uomo, e quindi vi è una produzione maggiore di quella che bastava alla famiglia, vi è una sorta di accumulo di beni, qui comincia ad esserci quella proprietà privata. Proprietà privata in cui la prima divisione del lavoro avviene tra uomo e donna. Le donne perdono quel potere che avevano, e qui vi è la base storico materialistica che dà origine al ruolo di subordinazione, all'oppressione delle donne.

Anuradha Ghandy, quindi, analizza anche la tendenza a vedere come centrale l'intervento nel campo delle idee, dell'educazione, solo nel campo sovrastrutturale. Da qui, l'importanza dell'educazione nelle scuole, nella società, ecc. Certo, tutto serve. Ma se tu metti da parte i rapporti di produzione, il sistema del capitale, è come se tu pensassi di svuotare il mare con un cucchiaio; tu cerchi di fare un'educazione diversa e il governo fa leggi che fanno della scuola un luogo di propaganda del pensiero più reazionario, fascista, sessista... Quindi, devi distruggere la causa.
Noi abbiamo detto in altri momenti che è come se si rovescia la questione, si mette la “testa in giù e i piedi in aria”. Nel senso che invece di partire da quelle che sono le ragioni materiali, si parte dalla testa, si parte dal fatto che bisogna cambiare le idee; quindi, tutta la lotta diventa una battaglia culturale, per trasformare la cultura, nelle scuole, l'educazione nella scuola, nella famiglia, nei mass media.
Queste posizioni sono molto presenti nel movimento di Nudm. Chiaro che ci sta anche questo fronte culturale, ma non si intacca la base centrale che produce quel tipo di cultura.
Queste teorie sono molto propagandate da alcuni settori sociali più predisposti a fare questo tipo di battaglie culturali, la piccola borghesia. .

Anuradha Ghandy fa chiarezza anche su un uso a volte non corretto del “patriarcalismo”. In India – scrive - c'è un sistema semifeudale e quindi il patriarcalismo corrisponde al sistema. In un paese imperialista come il nostro, in cui il patriarcalismo non può reggersi su una base feudale o semifeudale, il sistema capitalista, pur nella sua fase più avanzata, ha interesse ad usare tutte le armi, e quindi anche il patriarcalismo, ma occorre lottare contro questo sistema che non è arretrato, bensì avanzato.

In conclusione, questo libro di Anuradha Ghandy è importante perchè parla a noi, parla delle tendenze che troviamo anche in Italia, quindi ci dà strumenti per analizzarle.
E' una sorta di guida, “manuale” che noi possiamo non solo leggere, ma usare. Non basta limitarsi a dire: “femminismo piccolo borghese”, o limitarsi a fare una denuncia umorale, fenomenica; occorre studiare, analizzare criticamente, vedere le differenze, come anche i contributi, senza ridurre le tendenze ad uno.
Studiamolo, quindi, questo libro, diffondiamolo. Porteremo una ricchezza non solo nel movimento ampio delle donne, ma anche nel movimento comunista nel nostro paese e a livello internazionale.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario 
Italia

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