sabato 14 marzo 2020

pc 14 marzo - Rivolta nelle carceri, la solidarietà internazionalista


DA BARCELLONA
Oggi, 12 marzo, è stato convocato un picchetto davanti al consolato italiano nella città di Barcellona per mostrare la nostra rabbia e solidarietà verso coloro che dal 7 marzo sono insorti in diverse carceri dello stato italiano contro le restrizioni imposte dallo stato d’emergenza.
Circa 50 compagni abbiamo alzato la voce, tagliato le strade e distribuito controinformazione, perché non possano mettere a tacere le voci che provengono dall'interno, rendere visibile che siamo consapevoli di ciò che sta accadendo nelle carceri italiane, delle rivolte che hanno già fatto 15 morti. Sappiamo che queste misure di controllo sociale vengono applicate in altri territori d'Europa e raggiungeranno le prigioni dello Stato spagnolo e quando ciò accadrà non ci troveranno in silenzio.

La nostra posizione é chiara, contro le misure imposte dagli Stati e sempre insieme chi si ribella, chi decide lottare per la libertà e contro i meccanismi che ci opprimono!
ABBATTERE I MURI E BRUCIARE I PRIGIONI!

Contro l'isolamento, fuoco a tutte le prigioni!


Da quando è scoppiato l'allarme del CoronaVirus in Europa, si è scatenato il panico del contagio, che, come al solito, ha colpito sopratutto la popolazione più vulnerabile. Il risultato è un'esacerbazione del razzismo e un peggioramento delle condizioni di vita dei prigionieri.
In diversi paesi europei le carceri sono state ulteriormente blindate.
Nella Comunità di Madrid e nei Paesi Baschi, i detenuti non possono più ricevere visite da parenti o avvocati. Lo stesso sta accadendo in Germania, Svizzera e Portogallo.
In Italia, queste misure restrittive hanno portato alla rivolta di 27 carceri. Ad oggi ci sono già 15 morti, un numero non confermato di feriti e 20 persone in fuga.
Il panico si sta diffondendo e non saremo noi a poter mettere in discussione l'assoluta veridicità delle politiche scientifiche e sanitarie dello Stato.
Ma c'è qualcosa che non possiamo ignorare: le zone di contenimento del contagio sono imposte dalla presenza dell'esercito nelle strade. La paura delle malattie infettive è sempre stata un modo per imporre misure eccezionali di controllo e contenimento. I disastri sono sempre serviti a testare le tecniche di controllo e ci sono spazi specifici in cui queste pratiche fungono da esperimenti pilota: carceri, confini e centri di detenzione sono alcuni di questi luoghi.
Le carceri sono spazi perfetti per vedere, su piccola scala, come potrebbero funzionare le forme di controllo assoluto che sarebbe difficile imporre a una intera società orgogliosa dei suoi valori democratici.

È possibile chiudere ulteriormente uno spazio chiuso come una cella? Sembra di si.
Proibendo le visite di familiari e amici, l'ingresso degli avvocati o revocando tutti i permessi di terzo grado. Le conseguenze sono un isolamento ancora più forte e una porta aperta per la violenza dei carcerieri e i loro abusi quotidiani di potere.
Sappiamo che la comunicazione con l'esterno è una parte essenziale della solidarietà.
Quando la comunicazione è stata vietata, in Italia si sono verificate rivolte, incendi dei materassi, occupazione dei tetti, fughe. Le rivolte sono iniziate nel sud della penisola, inizialmente guidate da familiari esasperati dalla mancanza di informazioni e dalla mancanza di comunicazione con i propri cari, come è successo a Napoli. Quindi la scintilla ha acceso le prigioni dall'interno. Ci sono stati disordini, presa di aree delle strutture, incendio di documentazione, danni ai mobili... Due carcerieri, uno dei quali è il capo della polizia carceraria, sono stati presi in ostaggio e poi rilasciati.

Oggi vogliamo inviare la nostra solidarietà ai ribelli e alle ribelli nelle carceri italiane, vogliamo esprimere la nostra rabbia per i 15 morti, i feriti, le assurde e disumane misure con cui questo problema viene affrontato. Siamo consapevoli che l'Italia è stata solo l'inizio, che è molto probabile che anche la scintilla arriverà qui, in risposta ai divieti che sono già applicati a una parte del territorio dello Stato spagnolo. Saremo qui per dare supporto ai prigionieri, per diffondere la loro voce e le loro lotte e per spezzare un isolamento ancora più feroce che vogliono imporre loro.
Abajo los muros!


Dal Fronte di liberazione della Palestina

SOLIDARIETÀ CON I DETENUTI IN RIVOLTA E CONTRO LA GESTIONE SECURITARIA DELL’EMERGENZA

Qualche anno fa in un volantino scritto in occasione della settimana

internazionale a sostegno dei prigionieri palestinesi, dicevamo: i prigionieri sono uomini privati della libertà di muoversi, di esprimersi, di essere padroni del proprio tempo e spazio, costretti in una particolare condizione che è quella di trovarsi nelle mani del nemico. Soffrono per prima cosa a causa di queste privazioni e la sofferenza è uguale ovunque: sia che si tratti di un carcere pulito, asettico, sia che si tratti di un buco fatiscente, perché la base della prigionia è la sofferenza e da questo punto fermo il carceriere fa’ partire tutte le sfumature che distinguono la condizione. Esempio rendere difficili i contatti con avvocati, medici od altro, impedire i rapporti fra prigionieri, sospendere i colloqui con i familiari, ecc. ecc.; è importante che il soggetto prigioniero capisca che non può disporre autonomamente di sé stesso, perché qualsiasi atto banale della sua giornata, deve attendere un consenso, un permesso, un giro di chiave…in parole povere di essere un ostaggio.

I ritmi, quindi, vengono imposti da chi detiene le chiavi e questo “potere” è sventolato sotto gli occhi del prigioniero in ogni istante, con sadico compiacimento: ti distruggo i libri, ti sequestro carta e penna, ti strappo le tue foto, i tuoi ricordi. Da ogni carcere, in primis quelle israeliane, dove la tortura e la morte fanno parte del ritmo quotidiano, nasce comunque la determinazione a resistere, la capacità di sviluppare pensiero e ribellione. Se la condizione li rende uguali nel mondo, la coscienza politica li rende consapevoli che davvero nulla hanno da perdere … se non le loro catene. E questi uomini ostinatamente lottano e vivono!! Nel giugno del 2017 al termine di 41 giorni di sciopero della fame dei prigionieri palestinesi, Ahmad SA’ADAT, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, dichiara:

    “I prigionieri hanno fatto un nuovo epico passo grazie alla loro volontà e determinazione, e hanno dimostrato che i diritti loro spettanti devono essere conquistati e non supplicati. Questa vittoria è il frutto degli sforzi collettivi del popolo palestinese che si è stretto intorno allo Sciopero, inclusi singoli ed istituzioni, movimenti nazionali, organizzazioni umanitarie e popolari, attraverso i sacrifici dei martiri, dei feriti e dei prigionieri.”

Oggi, nel cuore dell’Europa quella democratica, libera, dove ognuno può esprimere il proprio pensiero perché siamo in democrazia, ebbene in un solo giorno ai “tempi del corona virus” sono morti 12 detenuti, dei quali 9 solo nel carcere di Modena. Il tutto liquidato come “impazzimento”, sballo di metadone, meraviglia/stupore per il poco senso di responsabilità dei detenuti… Ebbene chi ha conosciuto dall’interno la realtà delle carceri italiane e sa che nonostante gli anni trascorsi la situazione non è mai cambiata, che a San Vittore, ad esempio, nelle celle da tre ci vivono in sei/sette, sa della sporcizia, della mancanza di spazio vitale, del rumore della ferraglia, dei soprusi delle guardie, ecc. ecc. Sa che attraverso la televisione la popolazione carceraria ha appreso che, per salvarsi dal Corona Virus, sarebbe necessario stare gli uni ad un metro di distanza dagli altri, che occorre disinfettarsi con Amuchina (loro che devono mettere bottiglie piene d’acqua nel buco della turca per non far salire i topi), che sono sospesi i colloqui per il loro bene e quello dei loro familiari, che se muoiono fuori dalle mura chissà dentro… La paura di restare intrappolati e di morire uno dietro l’altro nell’indifferenza totale, ha fatto da detonatore della rabbia finora repressa in nome del buon senso e sono scoppiate le rivolte spontanee. E c’è ancora chi si meraviglia che sono insorti e che hanno devastato il primo segno del potere costituito: le galere!!

Come hanno giustamente detto i compagni del S.i.Cobas in un loro comunicato: “la responsabilità di questo impazzimento, che tale non è, risiede in chi è responsabile della gestione di tutti i luoghi di reclusione, centri di detenzione più o meno temporanei che ci siano. In una nazione in cui si sono verificati i casi di Cucchi, Uva ed altri morti per percosse nelle carceri, in cui si è verificata la mattanza della caserma di Bolzaneto a Genova, è difficile non dubitare delle versioni ufficiali.”

Certamente non è neppure colpa della sola crisi sanitaria, resa drammatica dalla mancanza di posti letto, di personale, di sale di rianimazione e di impianti di ventilazione negli ospedali, con le mascherine vendute nelle farmacie a 12€ l’una (nel Lodigiano oggi), ma è l’amaro frutto di quasi trent’anni di tagli alla spesa sociale, di smantellamento dei servizi pubblici, di privatizzazioni e della rincorsa al profitto. Non siamo qui a stupirci neppure della superficialità con cui l'emergenza viene affrontata, prediligendo l’aspetto sicuritario e repressivo/militare: check point, zone rosse, zone gialle, direzione degli interventi affidata alle Prefetture ed alla Protezione civile, denunce a chi “evade” (tanto per ricordare) dai blocchi alla circolazione umana (non certo quella delle merci), divieto di manifestare, cancellazione degli scioperi, perché il capitalismo sempre privilegia i suoi interessi e noi siamo tutto fuorché “illusi”.

Qualcuno ha scritto: "noi come classe siamo più di loro, ricordiamocelo sempre".

Ricordiamo tutto questo anche quando continueranno a stanziare fondi per la guerra, per gli armamenti, a partecipare alle esercitazioni NATO sconvolgendo i territori, lasciando in giro uranio impoverito e quando ci racconteranno che gli studenti non hanno bisogno di aule, perché possono collegarsi da casa col computer, così gli edifici fatiscenti non gli cascano in testa!

La nostra via è la lotta, la solidarietà internazionalista con gli sfruttati che si battono ogni giorno contro la guerra imperialista, contro la rapina dei territori, contro le carceri ed i CPR per gli immigrati, il sostegno alla Resistenza palestinese ed ai compagni criminalizzati per le contestazioni antisioniste.

Il virus uccide, lo stato borghese pure! La salute non è questione di polizia ma di sanità! I proletari possono difendere la propria vita e salute solo con la lotta di classe!

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