L'epidemia di
coronavirus sviluppatasi in Cina contagiando e interessando un'intera
zona, Wuhan, di 11 milioni di persone, poi estesasi in diversi altri
paesi del mondo con un focolaio importante in Europa, rappresentato
dall'Italia, è divenuta un’emergenza sanitaria mondiale che ha
chiamato in campo progressivamente tutti gli Stati e i governi.
I
coronavirus – COVID-19 – sono un gruppo di virus circolari con
una serie di protuberanze sulla superficie che li fanno somigliare ad
una corona, penetrano nelle cellule delle mucose e colpiscono le vie
aeree superiori progressivamente arrivano ai polmoni. Di qui la sua
pericolosità, in particolare per persone che abbiano una minore
resistenza per malattie pregresse, dovute principalmente all'età,
e/o per ridotte difese immunitarie.
E'
l'ultima incarnazione di epidemie, pandemie storiche: aviaria, ebola,
sars, e ciononostante non esiste ancora un vaccino efficace per
debellarla.
Enormi
risorse finanziarie, enormi potenzialità della scienza e della
ricerca, in un sistema dominato dalle leggi del profitto, non ci
hanno messo in grado non solo di prevenire ma di intervenire
tempestivamente al generarsi di queste gravi malattie. Gran parte
della scienza e della ricerca sono nelle mani del capitale e vengono
usate in misura rilevante per produrre armi sempre più sofisticate;
anzi una parte di esse è proprio utilizzata per creare armi chimiche
e batteriologiche, capaci di
diffondere malattie mortali nel contesto
di guerra. Per altro già l’imperialismo americano ha usato queste
armi chimiche e batteriologiche nella guerra del Vietnam, e
ripetutamente è emersa la questione delle armi chimiche nelle
recenti guerre nel Golfo Persico, in Medio Oriente, ecc.
Il
generarsi di queste epidemie mortali deve aprire gli occhi a
proletari e masse popolari che questo sistema non è in grado di
tutelare la vita delle persone, anzi le mette sempre più a rischio,
così come mette a rischio l'ambiente e la vita dell'intero pianeta.
Se
non ne parliamo di questo in emergenze che toccano tutti, se non
andiamo alla radice di quello che succede, non individuiamo i veri
responsabili delle migliaia di morti, delle decine e decine di
migliaia, per ora, di malati e del grave pericolo rappresentato dalla
progressiva estensione dell'epidemia.
Non
si può chiedere quindi al sistema che crea e alimenta queste
malattie, ai padroni che in questo sistema lucrano profitti - e tra
di loro le scandalose industrie farmaceutiche -, agli stati, ai
governi che gestiscono questo sistema di essere coloro che ci possono
tutelare, salvare in questa circostanza drammatica. Non si può
chiedere a chi distrugge la sanità pubblica quotidianamente,
favorendo la sanità privata e trasformandola in un clamoroso
business, di essere oggi gli organizzatori dell'emergenza sanitaria.
Per
questo sono in generale inaccettabili, come filosofia e prassi, le
misure che i governi stanno prendendo. Esse sono tutte fondate sulla
centralizzazione del potere di intervento e su uno stato di emergenza
che impone come in una dittatura non solo alcune necessarie misure
sanitarie, di prevenzione e intervento per contenere l'epidemia, ma
una militarizzazione generale, con chiusura di posti di lavoro,
scuole e ogni luogo di aggregazione e socialità, dicendo a tutti:
statevene a casa... ci pensiamo noi...
Già
in queste settimane si è visto che questa linea, questa prassi non
ha impedito che il coronavirus si diffondesse, aumentassero morti e
malati, che si creasse un clima di paura indotta tra le persone, che
le rende sempre più succubi di notizie e disposizioni che ne
impediscono la vita normale, senza che sia chiaro il reale nesso con
la effettiva tefficacia nella tutela dall'espandersi dell'epidemia.
Nel
nostro paese un Consiglio dei Ministri riunito in seduta permanente
produce soprattutto divieti, condivisi da tutti, partiti, Istituzioni
locali, ecc.; mentre ha il “braccino corto”, finanziario ed
emergenziale per potenziare ospedali, strutture sanitarie, per
arruolare medici, infermieri, per chiamare a partecipare e a
sostenere l'emergenza, associazioni del volontariato e ogni
associazione che organizza le masse.
Le
masse popolari vengono tenute sotto un'informazione terrorizzante e
chi volesse saperne di più se la deve cavare da solo, smanettando in
internet, invece che essere realmente informato, cosciente e
mobilitato. Fattori che sono decisivi per fronteggiare emergenze e
anche epidemie.
Masse
di anziani soggetti a rischio allo stato brado, una politica dei
“tamponi” o troppo estesa o piena di buchi, danno il senso non di
una risposta ma di un uso e di una strumentalizzazione dell'emergenza
coronavirus per realizzare la tutela degli interessi di sempre.
Chiaramente
in una situazione in cui l'economia mondiale è attraversata da una
crisi economica e finanziaria, con il dilagare della guerra
commerciale, in cui quella alla Cina è la principale, è evidente
che l'influsso del coronavirus apre la strada ad un'acutizzazione
estrema di questa crisi, ad una recessione mondiale che si estende
progressivamente dalle zone eterne della povertà e miseria al cuore
stesso dei paesi capitalisti e imperialisti.
Sarà
come sarà, ma il coronavirus nasce dentro il paese con il più alto
tasso di sviluppo nel mondo, la Cina odierna, e trova poi proprio
negli altri paesi ricchi il suo “contagio”.
Quindi,
altro che “stare tutti nella stessa barca” per fronteggiare
l'emergenza. Ogni crisi, anche quella sanitaria, accentua il
contrasto tra un pugno di paesi ricchi e popoli del mondo e
all'interno di questi paesi, tra la borghesia industriale e
finanziaria, i ceti parassitari da un lato, i proletari e le masse
popolari dall'altro.
I
governi e le classi dominanti vogliono comandare più di prima,
nonostante il loro comando appaia sempre più causa di disastro
sociale e umano. Vogliono utilizzare l'emergenza indirizzando le
risorse perchè garantiscano economie e profitti dei padroni; mentre
ai proletari al massimo viene riservata la miseria della
cassintegrazione se la loro fabbrica si trova in una zona in cui è
disposta la chiusura. E si mettono al riparo da ogni protesta
vietandola alla fonte, con disposizioni che impediscono scioperi,
manifestazioni, assemblee e ogni attività. Proletari e masse
popolari sono buoni per lavorare, dove la salute è a rischio, ma a
scioperare per rivendicare, a chiedere ciò che serve realmente -
perfino le cosiddette “mascherine”, questo non si può fare, è
vietato. Ad essere sfruttati, a morire per il lavoro – quante morti
in questi giorni nella situazione perenne delle condizioni di lavoro
con mancanza di sicurezza - su questo non ci sono i divieti, non ci
sono le imposizioni dei governi e degli Stati. Anzi, se denunci tutto
questo ci sono multe, repressione.
No!
I comunisti, le organizzazioni sindacali di classe, i movimenti di
lotta non possono e non devono accettare questo stato delle cose. Una
parte di essi si dice rappresentante dei lavoratori e delle masse, ma
quando c'è bisogno di loro, dove sono?
Il
balletto intorno al divieto dello sciopero nazionale delle donne del
9 marzo e di altri scioperi è indegno. I sindacati confederali
condividono queste decisioni del governo e sono impegnati tra i
lavoratori per convincerli a non metterle assolutamente in
discussione; ma larga parte dei sindacati di base e dei movimenti
certo non sono coerenti con le cose che scrivono e dicono nei loro
comunicati.
Altro
che accettare i divieti della Commissione di garanzia scioperi! E’
laprima volta nella storia della Repubblica che viene bloccato uno
sciopero nazionale generale.
Noi
abbiamo e dobbiamo rivendicare la piena mobilitazione dei proletari e
delle masse popolari, sia nella situazione drammatica delle zone
cosiddette “rosse”, sia in tutte le altre parti del paese in cui
questa emergenza generale è tuttora ingiustificata e illegittima.
Dobbiamo
fare, organizzare assemblee, manifestazioni, trasformare le giuste
richieste che vengono sollevate dai lavoratori, vedi innanzitutto nel
settore sanità, in rivendicazioni che chiedono un'accoglienza
urgente.
In
nessuna fabbrica, posto di lavoro, si può accettare di essere
mandati a casa senza garanzia di salario pieno e continuità
lavorativa e senza che i lavoratori possano dire la propria sulle
misure che si stanno adottando per vedere se sono realmente
confacenti alla situazione che esiste sul posto di lavoro e sul
territorio. Nessun lavoratore precario deve essere mandato a casa.
Fermo restando che tuttora non esiste nessun dato su operai che si
siano ammalati in fabbrica per il coronavirus o che, a parte la
sanità. ci sia stato un contagio perchè operanti sul posto di
lavoro.
Infine,
se effettivamente esiste un pericolo grave, non è certo trasformando
gli ospedali in fortezze assediate che si fronteggia, ma creando
dieci, cento, mille presidi sanitari, assumendo medici e operatori
ovunque nei posti di lavoro, nelle zone industriali e nei territori.
Ogni cittadino deve poter facilmente trovare chi lo informa, chi ne
controlla la salute e lo assiste.
L'emergenza
sanitaria è un'occasione per rovesciare quello che è stato fatto
con la privatizzazione della sanità.
Se
non ora, quando? Se non c'è un movimento di lotta e una
mobilitazione, come si può sperare che questo governo faccia i
nostri interessi?
Così
come la chiusura delle scuole è inutile e dannosa. In altre
emergenze la gioventù si è mobilitata e ha dato grandi prove di sé.
Invece, a scuole chiuse è ricondotta a smanettamento degli
smartphone.
Non
sappiamo, e nessuno è in grado di dircelo seriamente, compreso i
cosiddetti “scienziati ed esperti” che appaiono in televisione,
se siamo dentro una fase acuta ma temporanea e sotto controllo, o se
non siamo che agli inizi di qualcosa di molto più estesa e pesante.
Ma quello che è certo è che non deve passare un solo giorno in cui
questo stato delle cose debba essere accettato e non si debba
svolgere tutta l'attività necessaria perchè i proletari e le masse
popolari prendano nelle proprie mani, non tanto le misure
precauzionali giuste che vengono suggerite – nella maggiorparte dei
casi normali e banali – ma le sorti reali della propria salute,
vita quotidiana e ancor più il futuro che ci appartiene, e non può
divenire un incubo e un orrore senza fine.
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