Usiamo anche questo tempo grave e difficile per continuare la nostra battaglia. Usiamo il maggior tempo per studiare, per armarci teoricamente; perchè per le donne, la teoria rivoluzionaria è sempre un'arma per rivolgerla con più forza e prospettiva contro questo sistema borghese, contro Stato, governi, gli "uomini che odiano le donne".
Riportiamo stralci della introduzione del seminario teorico che abbiamo fatto quest'estate e proponiamo tre opuscoli, da leggere in questo periodo - gli opuscoli si possono richiedere scrivendo a mfpr.naz@gmail.com
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"...A volte, anche tra le nostre stesse compagne, in maggioranza proletarie, quando si parla di teoria sembra una cosa difficile, perché alcune non sono abituate a leggere testi, libri. Però qui ci sono due questioni.
Primo. Noi pensiamo che sul fronte teorico, il rapporto è pratica-teoria-nuova pratica. Che vuol dire? Che la teoria non è che viene dal cielo o viene dalle nostre teste, viene da lavoro che facciamo, e su quel lavoro, abbiamo il dovere anche di riflettere, di trarre le lezioni positive e negative, di elaborare, per ritornare alla pratica ma con una maggiore coscienza, maggiore convinzione, quindi per farla meglio. La teoria rivoluzionaria nasce prima di tutto dal lavoro, dalla pratica di lotta Ma se rimanesse solo la pratica avremmo fatto solo un terzo di quello che necessario, invece dobbiamo fare gli altri due terzi.
Secondo. L’altra fonte della nostra teoria sono le “maestre” del movimento delle donne, le maestre storiche che il movimento, la storia ci ha consegnato, Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, Alexandra Kollontaj, Chang Ching, altre, in Italia Teresa Noce, ecc. Anche queste “maestre” erano fin in fondo fuse con l’attività rivoluzionaria, esse hanno consegnato a tutte le donne di tutti i paesi una teoria interna alla più generale teoria scientifica del proletariato elaborata da Marx Engels, Lenin, Mao.
Chi più di noi donne ha bisogno della teoria?! Perché qui ci vogliono fregare tutti, ci vogliono fregare dal M5S alla “sinistra” di Palazzo, ai mass media/social, all’ultima intellettuale borghesuccia “femminista”. E ci fregano non solo con la pratica, ci fregano soprattutto con le parole, le teorie. Allora noi non possiamo essere disarmate, pensare che solo la nostra buona volontà e la nostra pratica conta, dobbiamo essere altrettanto teoriche. Però la nostra teoria non è appunto astratta, è un’arma, è come se avessimo un fucile che quando è necessario dobbiamo usarlo - e verrà il momento in cui sarà necessario… le partigiane lo hanno insegnato.
Quindi ci tocca, ci tocca “armarci” di teoria. Ma questo è entusiasmante: leggere un documento, leggere un libro, leggere anche i testi dei nostri maestri, ecc, è come se si aprisse una finestra anche per noi, riusciamo a vedere molto di più e soprattutto a capire...
Alcune teorie sono grossolane, cioè sono facili da smontare, ad esempio quelle apertamente fasciste, clerico-integraliste sulla concezione delle donne, sul loro ruolo; altre invece sono sottili, sono sofisticate, e bisogna anche noi attrezzarci...
Le donne proletarie devono dare forza alla loro condizione, la loro condizione è una forza di ribellione, ma deve essere una forza anche teorica. Noi dobbiamo costruire il nostro “esercito” proletario, ma su tutti i fronti. Questo esisteva negli anni 70 nelle fabbriche, la capacità di formazione, e da quella poi c’è stato un movimento forte, forte anche nel campo della teoria su cui gli stessi operai, operaie portavano la loro egemonia di classe. Questo ora manca e manca in particolare nelle donne, ed invece appunto questo che noi ora dobbiamo fare...
...dobbiamo liberarci da due tendenze: quella praticista - movimentista che lo sottovaluta, per cui il movimento è tutto, quella che vede la teoria in sè, e non invece la teoria come combattente, come arma, per fare la lotta, per fare la rivoluzione...
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