Di seguito un articolo riportato da NOBORDERSARD l'8 luglio e più sotto, da rete evasioni, alcune foto di frasi comparse nelle città di
Cagliari, Milano e Roma in solidarietà a Nadia e a tutti e tutte coloro
che si trovano sottoposti al regime di 41bis.
No al 41 Bis, no alla tortura
Ieri si è svolta un’udienza a carico di Nadia Lioce, presunta
colpevole di un battitura che “ha disturbato la quiete” del carcere di
L’Aquila, dove è detenuta sotto il regime del 41bis. La battitura
incriminata risale a più di un anno fa’ quando una circolare del DAP
comunicava che i prigionieri sottoposti a 41bis non avrebbero più potuto
ricevere libri. Da allora la situazione è ulteriormente peggiorata,
Nadia fatica anche a comprare i libri della lista che il carcere
concede. Per questo probabilmente qualche notte fa degli ignoti hanno
attaccato uno striscione a un ponte all’ingresso di Cagliari, per
portare un pò di solidarietà a Nadia nel giorno dell’udienza per quella
battitura. NO AL 41BIS, NADIA LIBERA, TUTTE LIBERI.
A questa notizia alleghiamo un bellissimo articolo pubblicato su moras:
Nadia Lioce è una prigioniera politica sottoposta a regime di 41 bis ed
è sotto processo per “oltraggio a pubblico ufficiale e disturbo delle
occupazioni o del riposo delle persone”. Sono anni che la prigioniera è
stata oggetto di sequestro dei libri, quaderni e riviste, scritti
personali e documentazione riguardante i suoi processi; un accanimento
duro e meschino solo come lo Stato riesce a fare. In carcere si muore,
si è uccisi, si viene maltrattati e umiliati e impedire ad un detenuto
di leggere e scrivere è come toglierli lentamente l’aria per respirare,
le emozioni per sperare e i sogni da coltivare.
… ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa
del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo
la mente dell’uomo.
La protesta della Lioce è nata dopo l’applicazione della circolare
del Dap, il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, che
stabilisce di poter mantenere
solo due libri in cella e di non poter riceverne altri se non acquistandoli tramite il carcere e previa autorizzazione. Ora va sotto processo perché ha voluto protestare per questo sopruso, battendo le sbarre con una bottiglia d’acqua, accompagnando la battitura col suo odio, disturbando “il quieto vivere” del non vivere dentro un ammasso di cemento armato, armato dallo Stato, vendicativo e oppressivo.
solo due libri in cella e di non poter riceverne altri se non acquistandoli tramite il carcere e previa autorizzazione. Ora va sotto processo perché ha voluto protestare per questo sopruso, battendo le sbarre con una bottiglia d’acqua, accompagnando la battitura col suo odio, disturbando “il quieto vivere” del non vivere dentro un ammasso di cemento armato, armato dallo Stato, vendicativo e oppressivo.
Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo
con gli altri. Ed è strano perché io sono piena di senso sociale,
invece. Tutto dipende da che cosa s’intenda per senso sociale, non vi
sembra?
Lo Stato col 41 bis cerca l’annientamento totale, isolando i detenuti
23 ore al giorno, garantendo un unico colloquio al mese di un’ora,
impedendo il contatto diretto tramite vetri, telecamere e citofoni e
tutto non per la sicurezza, vista la struttura di queste galere, ma col
solo scopo di incidere e spezzare l’identità personale del detenuto.
Togliere la scrittura e la lettura ai prigionieri significa togliere
l’unico modo di resistere alla deprivazione sensoriale, l’unico modo di
farli “esistere”. In alcune carceri c’è il divieto di tenere uno
specchio in cella, non puoi guardare il tempo che attraversa il tuo
corpo, il tempo che ti hanno tolto, il sopruso che solca il tuo viso.
Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché
rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto
facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.
I detenuti sotto il regime del 41 bis sono circa 700 ma ormai è la
strada tracciata per la detenzione in generale, per chi alza la testa,
per chi pretende di vedere il proprio viso che riflette in uno specchio
un sorriso d’odio verso gli aguzzini, per chi con uno sforzo immane
riesce ad essere libero in mezzo alle catene. Aguzzini contro il tempo,
di un potere vendicativo pronto a giocarsi la partita fino in fondo, con
la tortura e l’annientamento umano.
E’ un bel lavoro, sapete. Il lunedì bruciare i luminari
della poesia, il mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in
cenere e poi bruciare la cenere. E’ il nostro moto ufficiale.
Nadia Lioce con la sua bottiglia d’acqua ha infranto la supremazia
totalizzante del carcere, ha trasformato la rabbia del silenzio in un
urlo di forza, determinato a riprendersi le sue parole, a riscrivere le
sue storie, a mettere su pagine le emozioni della sua resistenza; una
partigiana, dentro una tomba di cemento armato, armato dallo Stato.
E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu
potrai rispondere loro: NOI RICORDIAMO, noi non dimentichiamo. Ecco
dove, alla lunga, avremo vinto noi.
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