Prima che padroni e politici
passino tutti come brave persone che stanno solo combattendo ognuno per il “bene
del proprio popolo” o per “interessi comuni”, riportiamo questo articolo della
Repubblica di ieri, 27 luglio, che chiarisce una parte dei veri interessi in
campo! E su cui torneremo in seguito. L’articolo è intitolato: “Fincantieri,
dietro il derby dei mari con la Francia c'è la corsa a 40 miliardi di commesse militari”
“Più del dominio nel mondo delle
crociere, l'Eliseo si preoccupa di proteggere le sue aziende della Difesa” dice
il giornalista Gianluca Di Feo
“La battaglia navale tra Italia e Francia non è solo questione
d’orgoglio. Il mercato delle crociere è
ricco, [e la Fincantieri è la principale multinazionale in questo campo,
ndr] ma quello delle cannoniere promette
ancora di più: entro pochi mesi si firmeranno contratti per una quarantina
di miliardi, con le aziende controllate dai governi di Roma e di Parigi in
diretta competizione. E se gli hotel
galleggianti delle vacanze sono un business tra privati, le flotte da guerra invece restano un
affare di stato.
“Con una manovra a sorpresa, nel 2016 Fincantieri ha piazzato una
bordata micidiale ai francesi: gli
ha soffiato la commessa del Qatar, che prevede
la creazione dal nulla di un’intera marina per l’Emirato del deserto
petrolifero. Quattro corvette, una
mini-portaerei, due pattugliatori e assistenza per i prossimi quindici anni
nell’addestramento degli equipaggi e nella manutenzione. Significano un
assegno iniziale da cinque miliardi diviso tra Fincantieri e Leonardo, entrambe
nelle mani del Tesoro, e lavoro per diecimila persone, con tempi stretti perché
il Qatar vuole schierare la flotta per i Mondiali del 2022 quando dovrà
garantire l’ombrello anti- aereo per il Paese.”
Il giornalista potrà anche
crederci, ma che il Qatar, con una flotta navale fresca fresca, a parte i Mondiali di calcio, possa far
impensierire qualcuno nell’area, è un po’ azzardato; sicuro è invece che comunque
questo creerà ulteriori tensioni, cioè possibili guerre e guerricciole, con l’Arabia
Saudita e i suoi alleati del Golfo Persico.
“Una vittoria eccezionale: -
continua il giornalista - ogni cosa verrà prodotta in Liguria, senza
subappalti. E vendere le navi vuole dire imporre al cliente l’intera dotazione di radar e armi, uno shopping dove ogni gadget costa carissimo: se il Qatar completasse la fornitura con un apparato completo per intercettare i missili balistici, solo per quello ci sarebbe un altro miliardo da fatturare.”
subappalti. E vendere le navi vuole dire imporre al cliente l’intera dotazione di radar e armi, uno shopping dove ogni gadget costa carissimo: se il Qatar completasse la fornitura con un apparato completo per intercettare i missili balistici, solo per quello ci sarebbe un altro miliardo da fatturare.”
Ma “Quel trionfo è stato favorito da una congiuntura geopolitica forse
irripetibile. Parigi ha pagato lo scotto per gli accordi militari con
l’Egitto finanziati dagli avversari sauditi del Qatar mentre il governo Renzi ha sfruttato al meglio la
debolezza della presidenza Hollande, offrendo l’impegno congiunto di
ministri, industria e forze armate. All’Eliseo hanno fatto buon viso a cattivo
gioco, aprendo le porte di Stx agli azionisti italiani e prospettando una nuova
alleanza pure nel settore militare. In fondo, i due paesi erano riusciti a
collaborare insieme sin dagli anni
Novanta, con una relazione che aveva prima partorito i caccia della classe Orizzonte e infine le fregate Fremm – dieci
per la nostra marina, otto per la loro - ritenute le migliori della categoria
più richiesta dagli ammiragli d’ogni nazione. Ma nei sette mari si è aperta la corsa agli armamenti e i francesi
hanno sete di vendetta. L’Australia è pronta a spendere una ventina di
miliardi per nove fregate d’ultima generazione. Il Canada cerca quindici unità dello stesso tipo, con una somma simile
sul tavolo. Si deciderà tutto in pochi mesi. E il paradosso è che Roma e Parigi
si sfidano offrendo l’identica nave, la Fremm appunto, seppur con
equipaggiamenti diversi.”
“Il vento è cambiato. [per la crisi infinita, naturalmente, ndr]
Oltralpe al timone c’è Macron, ambizioso e dinamico, mentre a Palazzo Chigi si
naviga sottocosta per chiudere la legislatura. Lo stato francese ha ben strutturato i suoi investimenti: possiede il 62 per cento del cantiere militare Dcns
mentre un altro 35 per cento è di Thales,
il colosso dell’elettronica dove il maggior azionista è sempre pubblico.
Insomma, c’è un’unica regia nel promuovere navi e radar mentre da noi
Fincantieri e Leonardo seguono rotte parallele. A Parigi hanno fatto sistema e
vogliono imporlo all’estero con tutto il peso del Paese, dei suoi ammiragli,
della sua diplomazia e delle sue banche.
“Il problema di fondo – dice il
giornalista - è che Fincantieri e
Leonardo sono le uniche grandi compagnie nazionali rimaste a concepire
tecnologie avanzate. Entrambe nello
scorso decennio hanno preferito investire negli Stati Uniti, con una scelta
strategica che rischia di tagliarci fuori dai grandi giochi europei o
quantomeno dal nascente asse franco-tedesco. L’intesa tra Macron e Merkel
per la costruzione di un superjet da combattimento e di droni militari potrebbe
abbattere il futuro dell’industria aeronautica italiana, retrocessa a mero
assemblatore di pezzi del programma statunitense F-35. E in mare il nostro
catalogo per l’export è quasi la fotocopia di quello francese, che si tratti di
fregate o navi tuttoponte: più della qualità dei prodotti, conta la capacità
dello Stato di siglare alleanze globali e contare a livello internazionale. Uno
scenario senza alternative: o si riesce
rapidamente a cambiare oppure il declino è inevitabile.”
Questa è la preoccupazione del giornalista al servizio della borghesia che fa appello al governo!
Nessun commento:
Posta un commento