La ministro dei trasporti, Elisabeth Borne, ha dichiarato al quotidiano ecologista http://reporterre.net:
«Il presidente della Repubblica ha annunciato che, dal momento che gli
impegni che sono stati presi, e i bisogni essenziali in termini di
manutenzione e rigenerazione superano di dieci miliardi le entrate
prevedibili in questa fase, siamo obbligati a fare una pausa per
riflettere sul modello di mobilità e dare priorità ai progetti; in
seguito andremo verso una legge di programmazione nella quale non saremo
più tra promesse non finanziate: avremo anno per anno, con una visione
su dieci anni e nel corso dei cinque anni del periodo quinquennale,
spese e ricette equilibrate».
Sembrerebbe
una chiara ammissione di possibile se non probabile cancellazione
dell’opera, ma i sostenitori della devastazione ambientale – la Repubblica
in testa – sostengono che le riserve riguardano soltanto il tratto
francese: non anche quello internazionale, che va da Susa a Saint Jean
de Maurienne, pensando così di giustificare l’atteggiamento delle
istituzioni italiane qualora queste decidessero di proseguire i lavori
nonostante questo.
Quando fu pensata,
la nuova ferrovia fu giustificata, e ritenuta strategica, dal fatto che
il tracciato storico non era adatto a far passare i necessari
collegamenti superveloci tra quella che fu la prima capitale d’Italia e
la città transalpina capoluogo della regione dell’Auvergne-Rhône-Alpes;
soltanto che, per essere ritenuta imprescindibile, una qualunque cosa
che coinvolga due soggetti deve essere vista come tale da ambedue le
parti: se una delle due si sfila, all’altra non resta che fare
altrettanto.
Bosio (Al), 23 luglio 2017
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
Nessun commento:
Posta un commento