lunedì 8 luglio 2019

pc 8 luglio - DALLA DICHIARAZIONE AL PROCESSO DE L'AQUILA DELLA COMPAGNA DEL MFPR

La compagna del Mfpr ha rifiutato l'interrogatorio al processo e invece ha depositato, tramite l'Avv. Caterina Calia, una sua dichiarazione (di cui riportiamo stralci).  

Caterina Calia ha letto la lettera "incriminata" - che, ricordiamo, diceva che l'Avvocato Valentini dello stupratore/quasi assassino di 'Rosa', Tuccia, non potesse, non dovesse partecipare ad un Convegno nella Casa internazionale delle donne -  soffermandosi sui 3 punti considerati oggetto di "diffamazione", insistendo molto sull'aspetto della militarizzazione, della desertificazione del territorio in quel periodo a L'Aquila, sull'atteggiamento predatorio dei militari, sulla conduzione di un processo per stupro che ci riporta indietro di 50 anni, quando oggi ci sono giudici (ed ha fatto riferimento esplicito al processo di Firenze contro i carabinieri stupratori) che se vogliono, possono condurre un processo per stupro senza colpevolizzare e vittimizzare una seconda volta la donna violentata.

L'Mfpr fuori e dentro il processo, in tutte le udienze, tramite la compagna de L'Aquila processata, ha sempre detto chiaro che non abbiamo nulla da cui difenderci e non riconosciamo questo processo a donne, che hanno espresso solidarietà attiva verso 'Rosa', stuprata orribilmente e quasi uccisa dall’ex militare Francesco Tuccia.
Vogliamo piuttosto ricordare:
  • L’aumento di stupri e femminicidi, che spesso non trovano giustizia verso le donne, ma anzi,
    vedono loro sul banco degli imputati
  • Le atrocità commesse sul corpo di Rosa da un militare impiegato nell’operazione “L’Aquila sicura”: un crimine di violenza inaudita, che ha colpito e colpisce tutte le donne
  • Il clima di un processo per stupro, scandito da una linea difensiva tutta tesa a screditare la parte lesa e a negare la consistenza della violenza. Invece di trovare nelle aule di giustizia un clima sereno, 'Rosa' ha continuato ad essere violentata per tutto il processo. Un processo in cui la sua identità e intimità sono state violate una seconda volta, cercando di far apparire lei complice e responsabile delle violenze subite e rivelandone in pubblico la località segreta dove si era rifugiata per cercare di ricostruirsi una vita.
  • Non solo 'Rosa', ma tutte le donne solidali presenti hanno potuto sentire le accuse, le insinuazioni ed esternazioni misogine della difesa dello stupratore
Pertanto rivendichiamo la piena legittimità della mobilitazione di solidarietà di tante donne. 
Rivendichiamo la piena legittimità della richiesta alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, di non far intervenire l’avvocato di F. Tuccia. Una richiesta sostenuta e fatta da tantissime donne e che ha portato la Casa Internazionale delle Donne di Roma a revocare l’invito. 
Sono, invece, le donne che hanno reclamato un elementare diritto democratico, imprescindibile delle donne, ad essere messe sotto processo, nel tentativo di zittirle e cancellare la solidarietà e la lotta femminista. Sono, con le 3 femministe, le tante, troppe donne offese, violentate, discriminate, oppresse, ad essere trascinate sul banco degli imputati per aver denunciato ed essersi ribellate a queste violenze.
Pensiamo che ben altro dovrebbe essere giudicato e condannato: le complicità e coperture verso chi stupra e uccide le donne, quelle parole indegne, che continuano ad uccidere la stessa vita delle donne ed uccidono così anche la giustizia.

STRALCI DALLA DICHIARAZIONE DEPOSITATA DALLA COMPAGNA DEL MFPR PROCESSATA.
"Dichiaro
Che il giorno 12/11/15 alle ore 2, un giorno prima dello svolgimento del Convegno in cui si dava ormai per scontata la presenza dell’avvocato Valentini alla Casa Internazionale delle donne di Roma, sottoponevo all’attenzione delle donne iscritte nella mailing list, la lettera oggetto del presente procedimento. Quella lettera pertanto è stata scritta di getto, dettata dalla necessità e urgenza di impedire che alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, luogo simbolo del contrasto alla violenza di genere, entrasse il difensore di Francesco Tuccia, autore di uno dei più efferati stupri degli ultimi 10 anni in Italia.
Quella lettera è stata scritta come extrema ratio, come un grido di rabbia e di dolore, con la spontaneità con cui si scrive una poesia, ma anche con la consapevolezza che contro le donne si combatte una guerra, sia pur di bassa intensità, e che le trincee delle donne vanno difese, con ogni mezzo necessario.
Ed è con quello stato d’animo che ho scritto tutto ciò che di quegli anni - dal terremoto al processo Tuccia - avevo percepito e mi era rimasto dentro, come un tarlo che ti assilla fin quando non lo fai uscire, come un boccone amaro che non riesci a mandar giù.
Ed io l’ho fatto uscire e l’ho sputato quel boccone, in pace con la mia coscienza...
Ma oggi le mie percezioni, la mia coscienza e la mia rabbia vengono processate, dissezionate, decontestualizzate. Di quella poesia, del clima generale di un infernale processo per stupro, si devono riportare solo alcuni versi, sulla veridicità dei quali sono chiamata a rispondere, chiamando a raccolta i ricordi di questa brutta storia, prima che diventi una soap opera di pessima qualità.

Relativamente alle frasi di cui si contesta contenuto diffamatorio, e in particolare:
  1. Riguardo al periodo - Ora l’Avv. Valentini, che è amico di tutti, doveva correggere il tiro e conquistare quelli più potenti, quelli del braccio armato dello Stato. Così si offrì di difendere gratuitamente lo stupratore avellinese Francesco Tuccia - circa la gratuità del servizio reso a Tuccia;
Dichiaro di aver desunto tale circostanza dalle dichiarazioni dell’avv. A. Valentini nel corso dell’udienza di appello a porte aperte, il 6 dicembre 2013. Nel corso della sua arringa l’avv. A. Valentini più volte sostenne che lo stupratore Francesco Tuccia era di origini umili, che non poteva permettersi certe spese legali, e facendo appello alla Corte, chiese di tener conto di questa condizione nel valutare lo sforzo economico che quella famiglia di operai avrebbe potuto sostenere;
  1. Relativamente al periodo - Ricordo che in aula, alla seconda udienza, l’avvocato Valentini, che è amico di tutti, avvicinò il testimone che salvò Rosa da morte certa per offrirgli una “dritta” per una buona occasione di lavoro lontano da L’Aquila - circa la poca professionalità nell’avvicinare testimoni...
Quel giorno (19 novembre 2012) entrai in aula durante la pausa pranzo, nel frattempo entrò Valentini, che parlava a voce alta con un altro uomo. Non ricordo testualmente le sue parole, ma manifestava preoccupazione circa l’eventuale crisi dell’attività economica di un locale in seguito all’impatto mediatico che aveva avuto una certa vicenda e affermò di avere delle conoscenze, tra i gestori di locali a Pescara, cui poter proporre la prestazione di vigilanza del personale addetto alla sicurezza nel locale in questione. Si era nel corso del processo Tuccia e pensai si riferisse al buttafuori del Guernica.
  1. Riguardo al periodo: - Ricordo le minacce di stampo mafioso e fascista indirizzate all’avvocata di “Rosa”, Simona Giannangeli: “Ti passerà la voglia di difendere le donne […] Stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te
Preciso che i riferimenti alle minacce alla Giannangeli stavano in quella lettera come anche altri passaggi, in cui si denunciava il clima di insicurezza e di militarizzazione del territorio, che tuttavia non sono stati oggetto di censura. 

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