domenica 7 luglio 2019

pc 7 luglio - Torino - «legittimo manifestare per l’antifascismo»

I giudici assolvono gli antifascisti che il 22 febbraio 2018 si scontrarono con la polizia: impossibile identificarli, anche perché indossavano abiti "normali e diffusi"

TORINO - Il Tribunale parte da una premessa che definisce «necessaria». «Le ragioni poste alla base della manifestazione erano del tutto legittime: l’opposizione al fascismo — sottolineano i giudici Pier Giorgio Balestretti, Andrea Natale e Giulia Locati — è infatti un elemento connaturale del nostro ordinamento». La manifestazione cui fa riferimento la terza sezione penale è quella che i «gruppi della sinistra antifascista torinese» organizzarono il 22 febbraio 2018 per protestare contro il convegno nazionale del «movimento politico di estrema destra CasaPound», previsto all’Nh Hotel di corso Vittorio Emanuele II. «Il fatto che CasaPound sia una formazione di ispirazione neofascista — aggiunge il Tribunale — è comprovato dal suo programma politico». Detto questo, i giudici ricordano che «le manifestazioni e le riunioni in luogo pubblico sono fenomeni sociali articolati» e che la «mera presenza» in piazza non può essere sinonimo di «contributo causale alla commissione del reato»: fosse così, «si costruirebbe uno schematismo per cui “tutti concorrono in tutto”». Pertanto, il fatto che il corteo avesse come scopo quello di «ribadire le ragioni dell’antifascismo non può di per sé determinare che tutti debbano rispondere per quanto commesso da alcuni».
Qui finisce il 'positivo' della sentenza

Cinque compagni assolti, un sesto condannato a un anno di reclusione per aver lanciato alcune bottiglie contro le forze dell’ordine durante il corteo che attraversò le strade della città....la terza sezione penale — dopo la «necessaria» premessa sul fascismo e sull’opposizione al fascismo — entra nel merito della vicenda e illustra i motivi che hanno portato ad assolvere quasi tutti gli imputati: «non vi è prova — sottolineano i giudici — di chi abbia materialmente fatto scoppiare gli ordigni esplodenti che hanno ferito gli agenti». I filmati effettuati dalla Digos non hanno infatti consentito di identificare con certezza i «soggetti con il volto completamente travisato» che lanciavano bottiglie di vetro e altri oggetti in direzione dei poliziotti. Uno degli imputati, in particolare, avrebbe indossato un «giubbotto nero con i laccetti rossi». «La difesa — ricorda a tal proposito il Tribunale — ha dato conto di come il predetto giubbotto sia di marca Decathlon e di come sia uno dei capi più venduti in quanto il più economico nel genere». Quella sera il manifestante ripreso dalle videocamere indossava anche un paio di jeans e aveva con sé uno zainetto nero. «Gli indumenti che avrebbero portato alla identificazione» dell’attivista, si legge nel documento, «non sono particolari o eccentrici ma assolutamente normali e diffusi». Motivo per cui «non vi sono elementi sufficienti per ritenere che colui che ha effettuato il lancio di bottiglie sia certamente l’imputato». Quel che è sicuro, insomma, è che «la Digos non è riuscita a identificare gli autori materiali del lancio» di oggetti. E che nessun imputato — a parte quello condannato — «è stato visto nell’atto di lanciare qualcosa». È passata, pertanto, la linea degli avvocati difensori: Claudio Novaro e Roberto Lamacchia.    

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