martedì 9 luglio 2019

pc 9 luglio - Torino morte di un migrante nella cella di isolmento nel cpr

Sahid Mnazi è morto nella notte tra il 7 e l’8 luglio in una delle celle di isolamento del CPR di Torino, dove si trovava da 22 giorni. Lo chiamano “ospedaletto”, ma nella prigione per migranti di Torino non c’è un reparto infermeria. Immediate sono scoppiate le proteste dei suoi compagni di prigionia che hanno incendiato materassi e suppellettili.
Le agenzie hanno battuto la notizia che la morte di Sahid, immigrato 32 anni, sarebbe dovuta a cause naturali.
La verità è probabilmente ben diversa. ...

Scontri al CPR di Torino, la polizia carica e colpisce i manifestanti

Morto nel Centro Rimpatri, polizia minaccia e picchia un giornalista: “Sparisci” 
Il giornalista torinese Roberto Chiazza stava documentando il presidio di ieri
sera davanti al CPR di Torino: dopo aver ripreso le manganellate della polizia a due ragazzi inermi è stato a sua volta picchiato e minacciato: “Un agente mi ha dato una manata in faccia, un calcio a una mano e poi ha colpito la macchina fotografica danneggiando il motore della messa a fuoco automatica”.

Si chiama Roberto Chiazza, è un reporter e ieri sera ha raggiunto il presidio convocato  all'esterno del Centro di Permanenza e Rimpatrio di Torino per documentare la protesta contro la morte di un detenuto di 32 anni. Roberto aveva con sé la sua macchina fotografica, lo strumento con cui lavora, e dopo essersi qualificato agli agenti di polizia in assetto antisommossa come un giornalista ha iniziato a fare delle riprese: "La situazione era tutto sommato molto tranquilla. I manifestanti stavano urlando degli slogan di solidarietà con i migranti all'interno del CPR. Frasi contro il razzismo e per la loro liberazione, niente di violento. Dopo mezz'ora il presidio si è spostato da corso Brunelleschia  via Monginevro e io l'ho seguito. Come si può vedere dal video, ero accanto al cordone delle forze dell'ordine.

Poi cosa è successo?

I manifestanti stavano defluendo. Non c'erano stati né scontri né violenze, solo slogan, ma all'improvviso un poliziotto ha dato l'ordine di caricare a freddo. Ho iniziato a registrare. Ho ripreso il momento in cui gli agenti manganellavano un ragazzo in bicicletta e un altro con le mani alzate, inerme.

E' stato in quel momento che sei stato colpito?
Sì, in quel momento lo stesso agente che aveva dato il via alla repressione si è avvicinato a me, mi ha dato una manata in faccia, un calcio a una mano e poi ha colpito la macchina fotografica danneggiando il motore della messa a fuoco automatica. Un danno importante, soprattutto per chi come me lavora usando una macchina fotografica. Per fortuna un gruppo di ragazzi torinesi ha già organizzato una cena per aiutarmi nel pagamento della riparazione. Come se non bastasse mi ha intimato di sparire.

Pensi che sia stato violato il tuo diritto di raccontare quello che stava avvenendo?
Sono molto amareggiato. Ho avuto la sensazione che i poliziotti non stessero intervenendo per risolvere una situazione di pericolo, ma quasi mossi da motivazioni "personali". Erano carichi di rabbia. Mi è stato riferito, ma non l'ho visto personalmente, che uno di loro a un certo punto ha lasciato il manganello e ha sfidato i manifestanti a mani nude, mostrando i pugni. E' assurdo. Quelle persone stavano protestando per una tragedia che si era consumata poche ore prima, con un ragazzo morto in circostanze non chiare.


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