Compagno
cittadino fratello partigiano
teniamoci
per mano in questi giorni tristi
Di
nuovo a Reggio Emilia di nuovo la' in Sicilia
son
morti dei compagni per mano dei fascisti
Di
nuovo come un tempo sopra l'Italia intera
Fischia
il vento infuria la bufera
A
diciannove anni e' morto Ovidio Franchi
per
quelli che son stanchi o sono ancora incerti
Lauro
Farioli e' morto per riparare al torto
di
chi si è gia' scordato di Duccio Galimberti
Son
morti sui vent'anni per il nostro domani
Son
morti come vecchi partigiani
Marino
Serri e' morto e' morto Afro Tondelli
ma
gli occhi dei fratelli si son tenuti asciutti
Compagni
sia ben chiaro che questo sangue amaro
versato
a Reggio Emilia e' sangue di noi tutti
Sangue
del nostro sangue nervi dei nostri nervi
Come
fu quello dei Fratelli Cervi
Il
solo vero amico che abbiamo al fianco adesso
e'
sempre quello stesso che fu con noi in montagna
Ed
il nemico attuale e' sempre ancora eguale
a
quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna
Uguale
la canzone che abbiamo da cantare
Scarpe
rotte eppur bisogna andare
Compagno
Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli
e
voi Marino Serri, Reverberi e Farioli
Dovremo
tutti quanti aver d'ora in avanti
voialtri
al nostro fianco per non sentirci soli
Morti
di Reggio Emilia uscite dalla fossa
fuori
a cantar con noi Bandiera Rossa!
E'
il 7 Luglio del 1960 e a Reggio Emilia ormai da diversi mesi
l'insofferenza verso il governo Tambroni si sta traducendo in un
crescendo di scioperi e manifestazioni, puntualmente caricati dalla
polizia che altrettanto puntualmente viene respinta dalla rabbia
popolare. Il clima di tensione viene ulteriormente confermato da
alcune indiscrezioni riferite al segretario emiliano del Pci, Renato
Nicolai, a cui viene comunicato che la Questura di Reggio Emilia ha
ricevuto precise disposizioni da Roma in merito all'atteggiamento da
tenere durante lo sciopero generale indetto per il 7 Luglio in
seguito ai fatti di Licata (dove due giorni prima la linea dura
imposta da Tambroni ha già ucciso il venticinquenne Vincenzo Napoli)
e Porta San Paolo: per i poliziotti l'ordine è di arrivare in
assetto da guerra e di "dare una lezione" ai manifestanti.
Il comizio del Pci previsto per quel giorno in una sala di Piazza
della Libertà si trasforma così in una
manifestazione di massa a cui affluiscono decine di migliaia di persone; mentre molti stazionano al di fuori della sala straripante di gente, alcune motociclette sfilano per il centro con cartelli che recitano "Abbasso il fascismo", "Viva la Resistenza", "Via il governo Tambroni".
La polizia assedia a lungo la piazza e le vie
adiacenti, in attesa di un pretesto qualsiasi per iniziare le
violenze ma il momento sembra non arrivare; così, quando sono ormai
le 16, la Questura decide di attaccare e dà ordine di disperdere gli
scooteristi coi cartelli: nel giro di pochi secondi partono cariche e
lacrimogeni e nella piazza invasa dal fumo la gente corre tra idranti
e caroselli, riparando nelle strade circostanti. Dopo un primo
momento di smarrimento, però, i manifestanti si organizzano e
rientrano nella piazza respingendo polizia e blindati con una fitta
sassaiola. Ma ecco che ad un tratto nel fragore della lotta si sente
un rumore inusuale, inaspettato, un colpo secco: la polizia spara sui
manifestanti. Il primo a cadere è Lauro Ferioli, muratore di 22
anni, colpito in pieno petto mentre si lancia incredulo verso la
polizia in un disperato tentativo di fermarli. Marino Serri, 40 anni,
operaio ed ex partigiano, ha assistito alla scena e col volto rigato
da lacrime di rabbia si espone gridando "Assassini, assassini!"
ma non fa in tempo a concludere perché una nuova raffica colpisce a
morte anche lui. bOvidio Franchi, operaio di 19 anni, è ferito
all'addome; si aggrappa ad una serranda mentre un compagno cerca di
soccorrerlo ma un agente sopraggiunge e con disgustosa freddezza
spara su entrambi, uccidendo Ovidio. Segue Emilio Reverberi, 39 anni,
anche lui operaio ed ex partigiano; ed infine Afro Tondelli, operaio
di 35 anni, assassinato da un poliziotto inginocchiato e concentrato
nel prendere la mira. Gli spari si susseguono per quaranta minuti,
almeno 500 i colpi esplosi in mezzo allo sgomento ed al terrore che
serpeggiano per la piazza. Pasquale Alvarez, uno dei feriti,
riporterà in seguito: "Fischiavano le pallottole da tutte le
parti. Era tremendo, indescrivibile. La folla, per fuggire alle
cariche forsennate delle camionette che inseguivano la gente sotto i
portici, mi ha spinto verso via Crispi. Credevo sparassero in aria.
Poi ho visto un ragazzo cadere. Più tardi ho saputo che era
Franchi". La folla continua a lottare eroicamente per due ore; a
fine giornata si contano 5 morti e centinaia di feriti tra i
manifestanti. Non paghi della violenza cieca ed inaudita esercitata
in piazza, gli agenti si schierano poi di fronte agli ospedali per
impedire ai donatori di sangue di accedere alle strutture e
costringendoli quindi a nascondersi a bordo di ambulanze fingendosi
feriti. Il Vicequestore Giulio Cafari Panico, accusato di omicidio
colposo plurimo, e l'agente Orlando Celani, imputato d'omicidio
volontario per aver sparato ad Afro Tondelli, vengono entrambi
assolti nel 1964, il primo per non aver commesso il fatto, il secondo
per insufficienza di prove. Nei giorni successivi molte altre città
italiane sono teatro di proteste e ovunque vengono applicati con
freddezza i dettami di Tambroni, che portano alla morte di Francesco
Vella, Giuseppe Malleo, Andrea Gangitano e Rosa La Barbera a Palermo
e di Salvatore Novembre a Catania. Ma il sangue versato, a Reggio
Emilia come altrove, non fa che accrescere la rabbia che percorre
l'Italia intera e che porterà Tambroni alle dimissioni prima della
fine di Luglio.manifestazione di massa a cui affluiscono decine di migliaia di persone; mentre molti stazionano al di fuori della sala straripante di gente, alcune motociclette sfilano per il centro con cartelli che recitano "Abbasso il fascismo", "Viva la Resistenza", "Via il governo Tambroni".
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