Vogliamo costruire il Partito
nell'attacco generale alla forma partito, la politica comunista in
tempi di anticomunismo imperante, quando va per la maggiore, anche
nel movimento, l'antipolitica.
Le lotte autoreferenziali, la loro
estensione, creano solo l'illusione di un cambiamento del potere
borghese. Il populismo di sinistra, l'elettoralismo, la lotta
all'interno della legalità democratico borghese seminano confusione
e, in particolare in questa fase storica di affermazione del moderno
fascismo, sono non soltanto arnesi inutili per la lotta ma lo aiutano
nella conquista del potere.
Nelle lotte politiche, sindacali,
sociali, organizzate o spontanee, tutte le classi partecipano in
qualche modo, ma noi comunisti non possiamo portare avanti la nostra
militanza accontentandoci del fatto di lottare al fianco di compagni
di diverse provenienze politiche, eclettici in termini ideologici,
senza porre la questione della direzione, senza lottare per la
trasformazione dei compagni perchè si
comprenda la necessità di costruire il Partito per la rivoluzione proletaria.
comprenda la necessità di costruire il Partito per la rivoluzione proletaria.
Diversamente si è nel campo del
movimentismo ed è proprio da questo pantano che bisogna uscire.
Questa concezione è propria della
piccola borghesia di sinistra e quindi l'affermazione di una politica
comunista passa attraverso la lotta contro le sue idee e la sua
azione.
Per questo pensiamo che la
costruzione di un circolo comunista sia il passo necessario.
Nella realtà di Ravenna abbiamo sempre
avuto il problema di trasformare l'antagonismo in un percorso
rivoluzionario. Certo che anche noi non siamo stati immuni da
difetti, il principale è stato
il rivoluzionarismo piccolo-borghese
nelle sue varianti estremiste ed opportuniste, riflesso delle
concezioni all'esterno di noi.
Le potenzialità dentro e fuori di noi
ci sono. Ma per fare questo dobbiamo portare avanti la critica a
posizioni e concezioni di singoli compagni e delle forze presenti in
questa realtà.
La Rete Antifascista
La propaganda delle formazioni
neofasciste, le ronde e l'attacco ai simboli della resistenza, le
violenze squadristiche hanno avuto corso in particolare prima che i
fasci si trasformassero in galoppini elettorali di Salvini e comunque
vengono tollerati dalle istituzioni locali come su scala nazionale.
E nessuna forza politica anche di sinistra aveva messo in campo
azioni di contrasto, nemmeno coloro che oggi sono attivi militanti
nella Rete.
Quindi l'organizzazione della Rete
antifascista si era resa necessaria e noi di proletari comunisti
siamo stati i promotori, raccogliendo l'adesione di giovani studenti
in una prima fase dietro la nostra direzione e di militanti usciti da
rifondazione comunista assieme a individualità anarchiche.
Le lotte portate avanti da noi hanno
avuto uno stop per qualche anno (trasferimento in altra città di un
compagno, opportunismo e incapacità di portare avanti il lavoro
politico da parte dei compagni rimasti). Ora stiamo riprendendo le
fila interrotte, non certo però con i compagni che ci hanno
lasciato, alcuni cedendo al privatismo, alle lusinghe del sistema di
vita costruito dal riformismo al potere, “garantito” da uno stato
sociale efficiente , dalla “sicurezza” di uno stile di vita
piccolo borghese vissuto all'ombra della borghesia “rossa”.
Quest'assenza politica e materiale, il
mancato lavoro dei compagni rimasti, ha fatto sì che oggi la linea
maggioritaria sia quella dei compagni ex rc e anarchici.
La loro attività in definitiva sembra
appagata all'interno della Rete più come spazio di socialità,
autoreferenziale: mai un comunicato, mai un volantino, mai un lavoro
costante nei quartieri, nelle scuole/università, perfino l'uso una
chat sta sostituendo il dibattito di un'assemblea.
La nostra forza è ancora debole,
dobbiamo affermare che l'attività antifascista non è certo iniziata
oggi, che dall'esperienza precedente (piaccia o meno eravamo noi a
dirigerla) i risultati migliori in termini di adesioni e di qualità
politica li abbiamo conseguiti non solo nell'antifascismo militante,
ma anche nella lotta alla repressione, nelle iniziative volte al
coinvolgimento delle masse.
Oggi prevale il distacco dalle masse
propria di questa linea di tipo democratico-radicale, dove permane
forte il disinteresse per il dibattito teorico-politico, la lotta
parte dalla volontà di sé stessi, l'analisi del fascismo e dei
fascisti è completamente assente e la confusione regna sovrana. E'
necessario invertire decisamente la rotta. E' un lavoro difficile ma
l'unico che possa ritessere il filo rosso della resistenza
antifascista che in questa regione ha segnato un punto molto alto in
termini ideologici e organizzativi, con lo sviluppo della lotta
militante, un patrimonio teorico-pratico di compagni che prima di noi
hanno fatto una scelta che ha trasformato radicalmente le loro vite,
scelta che vogliamo consegnare a chi oggi si pone il problema della
lotta al fascismo. Ora anche per la borghesia “rossa” il vento
sta cambiando. Borghesia “rossa” vuole dire corporativismo,
sindacati collaborazionisti, aristocrazia operaia. Il fascismo dal
volto umano. Le roccaforti amministrative a guida PD cominciano ad
essere terreno di conquista elettorale delle forze reazionarie, in
particolare la Lega che stringe sempre di più legami con le
organizzazioni neofasciste come FN e casa pound. In alcune città è
arrivata persino al ballottaggio col PD, come Ferrara.
Ma senza l'analisi di classe come si
può andare avanti?
La nostra azione va inquadrata in
quello che una volta veniva sostenuto come modello alternativo di
gestione amministrativa, il riformismo al potere nella “rossa”
emilia romagna, dove queste etichette ideologiche sono servite al
partito revisionista e ai suoi eredi politici a coprire il potere
reale di una borghesia alleata al ceto medio, che ha gestito il
potere dal dopoguerra ad oggi con un apparato burocratico, composto
da funzionari di partito e del sindacato, da dirigenti espressione
della ramificazione delle reti cooperative. Un sistema di potere già
pronto per cui, nella fase odierna di fascismo montante, la borghesia
potrebbe compiere altre scelte politiche e convertirsi in “nera”,
proprio per la caratteristica di questo potere, e cioè per il
corporativismo economico-sociale ormai collaudato nel tempo dalle
giunte di centrosinistra. E' proprio vero che “il riformismo serve
la reazione”. Ordine pubblico, pacificazione, conciliazione degli
interessi di classe sono ancora oggi alla base di questo sistema di
potere della borghesia “rossa” a livello regionale. Le ordinanze
per “il decoro”, la cosiddetta “sicurezza partecipata” che fa
leva sulla piccola borghesia impaurita (nonostante il calo
documentato dei reati) per il controllo del territorio, una sorta di
ronda permanente a difesa della proprietà, unite al clima generale
di attacco alla resistenza, a cui ha contribuito anche il
revisionismo storico, hanno spostato sempre più a destra il quadro
politico.
E poi c'è il problema dello Stato e
dello Stato di polizia. Lo avevamo visto a Genova al G8 e sempre a
Genova ha avuto il suo culmine nella violenza dei fascisti in divisa
in questi giorni di campagna elettorale quando il movimento antifa è
sceso in campo nella contestazione ai neofascisti. Il decreto
sicurezza 1 e 2 del governo deve saltare e la Rete antifascista a
Ravenna può e deve svolgere questo compito e noi ci battiamo perchè
pratichi un'altra linea e che esca dai confini localistici.
La storia ha dimostrato che il moderno
fascismo si può battere solo se gli operai prendano nelle loro mani
la lotta, ed anche per questo motivo che un circolo comunista è
necessario, che possa attrarre a questo lavoro le migliori energie
tra le fila dell'antifascismo.
Il sindacato di base
La classe operaia e i proletari delle
campagne, protagonisti del potente scontro di classe che ha avuto il
suo culmine nella resistenza antifascista, in questa città sono
isolati, i sindacati oggi servono al massimo “per fare il 730” e
la spinta rivoluzionaria, le istanze classiste, il sindacato di
classe, sono stati schiacciati dalla classe politica dei funzionari
di partito, espressione degli interessi del grande padronato
(Marcegaglia in testa, assieme alle grandi industrie di stato come
l'Eni), della finanza, così come degli artigiani e dei commercianti,
delle piccole e medie imprese, degli albergatori, delle cooperative
di produzione, di distribuzione e dei servizi dello stato sociale,
tutti ormai sviluppati sul terreno capitalista. L'aristocrazia
operaia proveniente dall'Enichem e dalla compagnia portuale (i
mazzieri contro il movimento) hanno incanalato fino a fare sparire il
conflitto di classe dai luoghi di lavoro, mentre tra gli gli operai
dilagava la precarietà, lo sfruttamento e le fabbriche e il Porto
diventavano sempre più una minaccia per la salute e sicurezza per i
lavoratori.
Siamo stati l'unica forza sindacale che
ha lavorato per la costruzione di un sindacato di classe basato sui
Cobas, abbiamo lottato per unire energie diverse a difesa della vita
e della salute degli operai con la Rete per la sicurezza.
Oggi hanno fatto breccia in fabbrica le
istanze classiste, alla Marcegaglia in particolare, dove un settore
di operai delle ditte si è organizzato nel SGB. E questa è
certamente un buon segnale.
Ma la linea e le caratteristiche dei
compagni dirigenti di questo sindacato lo fanno apparire come la
nuova cgil piuttosto che lo sviluppo di un sindacato di base e di
classe.
Questo si esprime nelle posizione
classicamente economiciste da parte di chi dirige e nei militanti del
sindacato SGB, per cui la “politica” non deve entrare nel
sindacato, figuriamoci se lo deve dirigere, gli operai non vengono
aiutati da questi compagni a prendere posizione sulle lotte
antifasciste, sull’internazionalismo proletario, tutte questioni
sollevate da noi di proletari comunisti per dibatterle assieme. E'
una concezione di un'altra politica, contraria al leninismo, una
politica borghese, quella che concepisce il sindacato utile, che deve
rimanere solo sul terreno delle vertenze per strappare qualche
miglioramento al padrone, ma che non aiuta a crescere gli operai, a
farli comprendere che sono centrali nello scontro di classe contro i
padroni e il loro sistema politico (contro Stato, governo,
magistratura, polizia) che deve essere rovesciato e che l'obiettivo è
la conquista del potere, la lotta per il potere operaio, per cui è
necessaria la scienza della politica, il lavoro dei comunisti che
portano dall’”esterno” della lotta economica la coscienza
comunista agli operai. L'interesse per i bisogni immediati dei
lavoratori è il punto di partenza di qualunque azione politica tra
le file degli operai, questi compagni (e non ancora noi, dobbiamo
dirlo con chiarezza) lo stanno facendo e questo è un bene ma solo i
comunisti possono collegare le lotte economiche alla politica, quindi
è da combattere decisamente l'economicismo che guida l'azione di
questi compagni nel sindacato di base.
La costruzione di un circolo comunista,
di un circolo operaio, serve a rafforzare questo lavoro così come a
sviluppare la lotta tra le 2 linee, sia sul terreno sindacale che su
quello politico della Rete antifascista.
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