AFO 2, ecco l’ordinanza. Trattativa in corso
Il testo integrale del pm De Luca. ArcelorMittal e Commissari studiano istanza per la sospensiva con la copertura politica del governo
La sensazione è che l’Altoforno 2 dell’Ilva non sarà fermato. Già ieri durante il vertice a Roma al MiSE, il vicepremier
Di Maio ‘suggeriva’ ai vertici di ArcelorMittal Italia e ai Commissari
Straordinari di studiare un’istanza da presentare in Procura a stretto giro di posta, per evitare la fermata dell’impianto. Di fatto una chiara copertura politica all’operazione, seppur non dichiarata ufficialmente.
Che attualmente garantisce un terzo della produzione di ghisa del siderurgico, visto che l’altoforno 1 non è al massimo del suo utilizzo, l’altoforno 3 è in fase di demolizione, l’altoforno 5 (che da solo garantisce il 45% della produzione) è fermo oramai da cinque anni in attesa di un revamping che tarda ad arrivare mentre l’altoforno 4 è l’unico in piena attività (nonostante i problemi di aprile scorso).
A conferma delle voci che si rincorrono da ieri, oggi ArcelorMittal Italia ha confermato di aver ricevuto “un ordine della Procura della Repubblica di Taranto per l’attivazione del processo di spegnimento dell’altoforno numero 2 dello stabilimento di Taranto. La vicenda risale al 29 luglio 2015 quando, in seguito a un incidente fatale, la Procura di Taranto ha disposto il sequestro dell’altoforno“. E che “sta studiando la documentazione notificata ieri dal Tribunale e valutandone gli aspetti tecnici. La nostra intenzione è quella di collaborare come sempre con le autorità competenti e di lavorare per trovare una soluzione accettabile che garantisca che l’Altoforno possa rimanere operativo evitando il rischio di interruzioni“.
La trattativa tra le parti è dunque in corso.
(leggi l’articolo di ieri https://www.corriereditaranto.it/2019/07/09/2ex-ilva-la-procura-ferma-laltoforno-2-commissari-e-arcelormittal-chiedono-la-sospensiva4/)
Il testo integrale dell’ordinanza e il riepilogo degli eventi che hanno portato al nuovo intervento della Procura
L’ordinanza del Pubblico Ministero Antonella De Luca, titolare dell’inchiesta, ripercorre in breve le tappe di una delle vicende più complesse e intricate degli ultimi anni targati Ilva. Partendo ovviamente dall’evento più drammatico e doloroso, quello dell’8 giugno 2015, ovvero l’incidente mortale occorso all’operaio Morricella, travolto da un getto di ghisa incandescente che non gli dette scampo dopo quattro giorni di agonia in ospedale.
Successivamente a quell’evento, il Pm ricorda che “questa Autorità Giudiziaria emetteva in data 18.6.15 decreîo di sequestro preventivo d’urgenza senza facoltà d’uso limitatamente al suddetto impianto“: Provvedimento convalidato dal Gip in sede con ordinanza del 29.6.2015 e che si disponeva contestuale sequestro preventivo “stabilendo tra l’altro, che l’altofomo non poteva comunque rimanere in funzione“; e che il suddetto provvedimento di sequestro preventivo veniva notificato tra gli a!tri all’Ilva spa in AS in pari data.
Pochi giorni dopo, l’1.7.2015 l’ILVA spa in a.s. avanzava istanza di differimento di spegnimento dell’Alfo 2 che veniva rigettata “con provvedimento di questo PM il successivo 3.7.2015“. Poi il pm De Luca ricorda il famoso intervento del governo Renzi: “l’esecuzione del suindicato sequestro preventivo veniva ad ogni modo sospesa atteso che in data 4.7.2015 interveniva decreto legge n. 92 che all’art. 3 prevedeva, il quale all’art. 3 comma 1 testualmente recita “al fine di garantire il necessario bilanciamenìo tra le esigenze di continuità dell’attivilà produttiva, di salvaguardia dell’occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia, l’esercizio dell’attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategica non è impedìto dal provvedimento di sequestro, come già previsto dall’art. 1, comma 4, del decreto legge 3 dicembre 2012 n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012 n.231, quando lo stesso si riferisca ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori“.
Dopo di che nell’ordinanza il pm ricorda come nello stesso decreto del 4 luglio 2015 il comma 3 prevedeva inoltre che “per la prosecuzione dell’attività degli stabilimenti di cui ai comma 1, senza soluzione di continuità, l’impresa deve predisparre, nel termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di sequestro, un piano recante misure ed attivilà aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite all’impianto oggetto del provvedimento di sequestro. L’avvenuta predispozione del piano è comunicata all ’autorità giudiziaria procedente“.
A fronte di tale intervento legislativo, il GIP in sede, accogliendo la richiesta della Procura sollevava questione di legittimità costituzionale delle suddette norme sospendendo iì relativo procedimento incidentale.
Successivamente in data 23.7.2015 l’Ilva spa in AS avanzava richiesta di restituzione ex art. 85 disp. Att. C.p.p. dell’impiato Afo 2; cosa che avveniva con il decreto del 7.9.2015 della Procura, “prendendo anche atto degli interventi legislativi sopravvenuti con cui sostanzialmente si effettuava un bilanciamento tra il diritto alla salute e quello al lavoro, considerando, tuttavia, improrogabile la necessità di garantire la realizzazione di interventi da parte dell’azienda volti ad innalzare gli standard di sicurezza sull’impianto e a ridurre il persistente e concreto rischio di verificazione di incidenti/infortuni sul lavoro“: pertanto “si disponeva la restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. dell‘altofomo in giudiziale sequestro, subordinando l’operatività e l’efficacia della suddetta restituzione ai puntuale adempimento delle prescrizioni ivi specificatamente indicate“. Nel medesimo provvedimento si “condizionava espressamente la cessazione del vincolo al puntuale adempimento delie prescrizioni impartite, pena alla scadenza del termina il permanere del biocco cautelare“.
Il 28.6.2017, quindi due anni dopo l’incidente mortale, l’Ilva spa in AS depositava documentazione tecnica relativa all’adempimenlo deile prescrizioni impartite con il suindicato provvedimento del 7.9.2015: documentazione “che veniva trasmessa al custode giudiziario, d.ssa Valenzano e allo Spesal al fine di accertare quali organi tecnici oltre che custode dell’impianto (l’ing. Valenzano), se vi fosse stato o meno puntuale adempimento delle prescrizioni a suo tempo emesse con il decreto di restituzione dell’altoforno“.
Dopo di che il pm De Luca ricorda che il 7 febbraio del 2018 la Corte Costituzionale con sentenza n. 58 dichiarava l’illegittimìtà costituzionale dell’art.3 del d.l. 92/2015 e dell’articolo 1 comma 2 e 21 octies della Legge 132/2015, affermando espressamente che “il legislatore non ha rispettato l’esigenza di bilanciare in modo ragionevole e proporzionata tutti gli inleressi costituzionalmente rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale per non aver tenutoin adeguata considerazione le esigenze di tutela della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di situazioni che espongono questi ultimi a rischio della stessa vita“.
Poi, lo scorso 8.10.2018, l’evento che di fatto sta all’origine di quanto accaduto ieri. Nell’ordinanza del pm De Luca si legge infatti che quel giorno “perveniva una nota del custode giudiziario, d.ssa Valenzano, in cui si evidenziava lo stato delie 7 prescrizioni impartite con il provvedìmento di restituzione del 7.9.2015: la n. 1 non era stata attuata, la n. 2 parzialmente attuata, la n. 3 attuata, la n. 4 parzialmente attuaîa, la n. 5 non attuata, la n. 6 attuata e la n. 7 parzialmente attuata“.
Il custode giudiziario concludeva pertanto la sua relazione affermando che “gli interventi comunque realizzati dal Gestore mirati a rendere maggiormente affidabile l‘esercizio dell’impianto, pur migliorando le condizoni generali di sicurezza dell’impianto, non scongiurano di fatto possibili eventi incontrollati e danni irreversibili per il personale di Stabilimento e per la popolazione, in quanto non si ha evidenza della speculare analisi di rischio volta ad identificare le cause dei guasti (hazop, Femea, alberi dei guasti e degli eventi), le relative fiequenze di accadimento (ricalcolate alla luce degli eventi occorsi) e le relative soglie di accettabililà del rischio che gli interventi avrebbero dovuto e dovrebbero, in teoria, garantire“.
Dopo di che arriviamo agli ultimi eventi dell’anno in corso. L’Ilva spa in A.S., ente imputato per l’illecito amministrativo contestato, avanzava al Gup (giudice per le udienze preliminari), il 23.1.2019, istanza di dissequestro dell’AFO 2 ritenendo non più attuali le esigenze cautelari. A fronte di tale istanza, successivamente all’emissione del decreto che disponeva il giudizio, il Giudice con provvedimento del 27.6.19, pervenuto presso la segreteria del pm De Luca il 3.7.2019, rigettava l’istanza di dissequestro dell’impianto (Altoforno AFO 2) prendendo sostanzialmente atto della circostanza oggettiva che alcune delle prescrizioni imposte all’Ilva spa in A.S. (con provvedimento del 7.9.2015 e non oggetto di impugnazione e di alcuna eccezione) “non risultano attuate o risultano attuate solo in parte“.
Pertanto, conclude il pm De Luca nella sua ordinanza “la restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. non è perfezionata, essendo la stessa subordinata al puntuale adempimento delle prescrizioni impartite che non è avvenuto; d’altra parte il relativo sequestro preventivo del 29.6.2015 è tutt’ora pienamente in vigore e deve essere eseguito atteso il venire meno delle norme legislative dichiarate incostituzionali, della inefficacia del provvedimento di restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. all’epoca emesso e del recente provvedimento di rigetto del Gup del 27.6.19“.
Permanendo quindi “le esigenze cautelari, anche alla luce di quanto affermato nella relazione del custode giudiziario dell’8.10.18, preso alto del provvedimemo di rigetto di dissequestro emesso dal Gup lo scorso 27.6.19 in cui espressamente si afferma “allo stato, dunque, non può che prendersi atto della circosîanza oggettiva che, slancio alla relazione del custode giudiziario (e, in definitiva, in base alle stesse ammissioni dei tecnici della parte istante, che pure cercano di giustificare la consa nel senso sopra esposto), alcune delle prescrizioni a suo tempo imposte col provvedimenîo di restituzione condizionata dg! 7. 9. 15 risultano non aituate o attuate soltanto in parte il che non può che condurre ad un rigetto dell’istanza“.
Per questo il PM De Luca ha disposto “ai fini della compiuta esecuzione del sequestro preventivo del 27.6.15 dell’Altoforno 2 presso lo Stabilimento ex Ilva già notificaîo in pari data. L’avvio delle procedure per lo spegnimenîo del suddetto impianto secondo il cronoprogramma che verrà redatto dal custode“. Manda “al custode giudiziario ing. Barbara Valenzano affinchè proceda alla concreta programmazione delle modalità e dei tempi di esecuzione del sequestro preventivo dell’AFO 2, verificandone la relativa attuazione“.
Che attualmente garantisce un terzo della produzione di ghisa del siderurgico, visto che l’altoforno 1 non è al massimo del suo utilizzo, l’altoforno 3 è in fase di demolizione, l’altoforno 5 (che da solo garantisce il 45% della produzione) è fermo oramai da cinque anni in attesa di un revamping che tarda ad arrivare mentre l’altoforno 4 è l’unico in piena attività (nonostante i problemi di aprile scorso).
A conferma delle voci che si rincorrono da ieri, oggi ArcelorMittal Italia ha confermato di aver ricevuto “un ordine della Procura della Repubblica di Taranto per l’attivazione del processo di spegnimento dell’altoforno numero 2 dello stabilimento di Taranto. La vicenda risale al 29 luglio 2015 quando, in seguito a un incidente fatale, la Procura di Taranto ha disposto il sequestro dell’altoforno“. E che “sta studiando la documentazione notificata ieri dal Tribunale e valutandone gli aspetti tecnici. La nostra intenzione è quella di collaborare come sempre con le autorità competenti e di lavorare per trovare una soluzione accettabile che garantisca che l’Altoforno possa rimanere operativo evitando il rischio di interruzioni“.
La trattativa tra le parti è dunque in corso.
(leggi l’articolo di ieri https://www.corriereditaranto.it/2019/07/09/2ex-ilva-la-procura-ferma-laltoforno-2-commissari-e-arcelormittal-chiedono-la-sospensiva4/)
Il testo integrale dell’ordinanza e il riepilogo degli eventi che hanno portato al nuovo intervento della Procura
L’ordinanza del Pubblico Ministero Antonella De Luca, titolare dell’inchiesta, ripercorre in breve le tappe di una delle vicende più complesse e intricate degli ultimi anni targati Ilva. Partendo ovviamente dall’evento più drammatico e doloroso, quello dell’8 giugno 2015, ovvero l’incidente mortale occorso all’operaio Morricella, travolto da un getto di ghisa incandescente che non gli dette scampo dopo quattro giorni di agonia in ospedale.
Successivamente a quell’evento, il Pm ricorda che “questa Autorità Giudiziaria emetteva in data 18.6.15 decreîo di sequestro preventivo d’urgenza senza facoltà d’uso limitatamente al suddetto impianto“: Provvedimento convalidato dal Gip in sede con ordinanza del 29.6.2015 e che si disponeva contestuale sequestro preventivo “stabilendo tra l’altro, che l’altofomo non poteva comunque rimanere in funzione“; e che il suddetto provvedimento di sequestro preventivo veniva notificato tra gli a!tri all’Ilva spa in AS in pari data.
Pochi giorni dopo, l’1.7.2015 l’ILVA spa in a.s. avanzava istanza di differimento di spegnimento dell’Alfo 2 che veniva rigettata “con provvedimento di questo PM il successivo 3.7.2015“. Poi il pm De Luca ricorda il famoso intervento del governo Renzi: “l’esecuzione del suindicato sequestro preventivo veniva ad ogni modo sospesa atteso che in data 4.7.2015 interveniva decreto legge n. 92 che all’art. 3 prevedeva, il quale all’art. 3 comma 1 testualmente recita “al fine di garantire il necessario bilanciamenìo tra le esigenze di continuità dell’attivilà produttiva, di salvaguardia dell’occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia, l’esercizio dell’attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategica non è impedìto dal provvedimento di sequestro, come già previsto dall’art. 1, comma 4, del decreto legge 3 dicembre 2012 n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012 n.231, quando lo stesso si riferisca ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori“.
Dopo di che nell’ordinanza il pm ricorda come nello stesso decreto del 4 luglio 2015 il comma 3 prevedeva inoltre che “per la prosecuzione dell’attività degli stabilimenti di cui ai comma 1, senza soluzione di continuità, l’impresa deve predisparre, nel termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di sequestro, un piano recante misure ed attivilà aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite all’impianto oggetto del provvedimento di sequestro. L’avvenuta predispozione del piano è comunicata all ’autorità giudiziaria procedente“.
A fronte di tale intervento legislativo, il GIP in sede, accogliendo la richiesta della Procura sollevava questione di legittimità costituzionale delle suddette norme sospendendo iì relativo procedimento incidentale.
Successivamente in data 23.7.2015 l’Ilva spa in AS avanzava richiesta di restituzione ex art. 85 disp. Att. C.p.p. dell’impiato Afo 2; cosa che avveniva con il decreto del 7.9.2015 della Procura, “prendendo anche atto degli interventi legislativi sopravvenuti con cui sostanzialmente si effettuava un bilanciamento tra il diritto alla salute e quello al lavoro, considerando, tuttavia, improrogabile la necessità di garantire la realizzazione di interventi da parte dell’azienda volti ad innalzare gli standard di sicurezza sull’impianto e a ridurre il persistente e concreto rischio di verificazione di incidenti/infortuni sul lavoro“: pertanto “si disponeva la restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. dell‘altofomo in giudiziale sequestro, subordinando l’operatività e l’efficacia della suddetta restituzione ai puntuale adempimento delle prescrizioni ivi specificatamente indicate“. Nel medesimo provvedimento si “condizionava espressamente la cessazione del vincolo al puntuale adempimento delie prescrizioni impartite, pena alla scadenza del termina il permanere del biocco cautelare“.
Il 28.6.2017, quindi due anni dopo l’incidente mortale, l’Ilva spa in AS depositava documentazione tecnica relativa all’adempimenlo deile prescrizioni impartite con il suindicato provvedimento del 7.9.2015: documentazione “che veniva trasmessa al custode giudiziario, d.ssa Valenzano e allo Spesal al fine di accertare quali organi tecnici oltre che custode dell’impianto (l’ing. Valenzano), se vi fosse stato o meno puntuale adempimento delle prescrizioni a suo tempo emesse con il decreto di restituzione dell’altoforno“.
Dopo di che il pm De Luca ricorda che il 7 febbraio del 2018 la Corte Costituzionale con sentenza n. 58 dichiarava l’illegittimìtà costituzionale dell’art.3 del d.l. 92/2015 e dell’articolo 1 comma 2 e 21 octies della Legge 132/2015, affermando espressamente che “il legislatore non ha rispettato l’esigenza di bilanciare in modo ragionevole e proporzionata tutti gli inleressi costituzionalmente rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale per non aver tenutoin adeguata considerazione le esigenze di tutela della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di situazioni che espongono questi ultimi a rischio della stessa vita“.
Poi, lo scorso 8.10.2018, l’evento che di fatto sta all’origine di quanto accaduto ieri. Nell’ordinanza del pm De Luca si legge infatti che quel giorno “perveniva una nota del custode giudiziario, d.ssa Valenzano, in cui si evidenziava lo stato delie 7 prescrizioni impartite con il provvedìmento di restituzione del 7.9.2015: la n. 1 non era stata attuata, la n. 2 parzialmente attuata, la n. 3 attuata, la n. 4 parzialmente attuaîa, la n. 5 non attuata, la n. 6 attuata e la n. 7 parzialmente attuata“.
Il custode giudiziario concludeva pertanto la sua relazione affermando che “gli interventi comunque realizzati dal Gestore mirati a rendere maggiormente affidabile l‘esercizio dell’impianto, pur migliorando le condizoni generali di sicurezza dell’impianto, non scongiurano di fatto possibili eventi incontrollati e danni irreversibili per il personale di Stabilimento e per la popolazione, in quanto non si ha evidenza della speculare analisi di rischio volta ad identificare le cause dei guasti (hazop, Femea, alberi dei guasti e degli eventi), le relative fiequenze di accadimento (ricalcolate alla luce degli eventi occorsi) e le relative soglie di accettabililà del rischio che gli interventi avrebbero dovuto e dovrebbero, in teoria, garantire“.
Dopo di che arriviamo agli ultimi eventi dell’anno in corso. L’Ilva spa in A.S., ente imputato per l’illecito amministrativo contestato, avanzava al Gup (giudice per le udienze preliminari), il 23.1.2019, istanza di dissequestro dell’AFO 2 ritenendo non più attuali le esigenze cautelari. A fronte di tale istanza, successivamente all’emissione del decreto che disponeva il giudizio, il Giudice con provvedimento del 27.6.19, pervenuto presso la segreteria del pm De Luca il 3.7.2019, rigettava l’istanza di dissequestro dell’impianto (Altoforno AFO 2) prendendo sostanzialmente atto della circostanza oggettiva che alcune delle prescrizioni imposte all’Ilva spa in A.S. (con provvedimento del 7.9.2015 e non oggetto di impugnazione e di alcuna eccezione) “non risultano attuate o risultano attuate solo in parte“.
Pertanto, conclude il pm De Luca nella sua ordinanza “la restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. non è perfezionata, essendo la stessa subordinata al puntuale adempimento delle prescrizioni impartite che non è avvenuto; d’altra parte il relativo sequestro preventivo del 29.6.2015 è tutt’ora pienamente in vigore e deve essere eseguito atteso il venire meno delle norme legislative dichiarate incostituzionali, della inefficacia del provvedimento di restituzione ex art. 85 disp. Att. c.p.p. all’epoca emesso e del recente provvedimento di rigetto del Gup del 27.6.19“.
Permanendo quindi “le esigenze cautelari, anche alla luce di quanto affermato nella relazione del custode giudiziario dell’8.10.18, preso alto del provvedimemo di rigetto di dissequestro emesso dal Gup lo scorso 27.6.19 in cui espressamente si afferma “allo stato, dunque, non può che prendersi atto della circosîanza oggettiva che, slancio alla relazione del custode giudiziario (e, in definitiva, in base alle stesse ammissioni dei tecnici della parte istante, che pure cercano di giustificare la consa nel senso sopra esposto), alcune delle prescrizioni a suo tempo imposte col provvedimenîo di restituzione condizionata dg! 7. 9. 15 risultano non aituate o attuate soltanto in parte il che non può che condurre ad un rigetto dell’istanza“.
Per questo il PM De Luca ha disposto “ai fini della compiuta esecuzione del sequestro preventivo del 27.6.15 dell’Altoforno 2 presso lo Stabilimento ex Ilva già notificaîo in pari data. L’avvio delle procedure per lo spegnimenîo del suddetto impianto secondo il cronoprogramma che verrà redatto dal custode“. Manda “al custode giudiziario ing. Barbara Valenzano affinchè proceda alla concreta programmazione delle modalità e dei tempi di esecuzione del sequestro preventivo dell’AFO 2, verificandone la relativa attuazione“.
Nessun commento:
Posta un commento