Caso Arata: Vito Nicastri parla con i pm, scatta il blitz. Arrestati un altro funzionario e un imprenditore
Il faccendiere Francesco Paolo Arata
Svolta a sorpresa nell’inchiesta sull’ex
consulente del ministro Salvini: il "re" dell'eolico confessa e
accusa. Una mazzetta da 500 mila euro per una pratica alla Regione.
di
SALVO PALAZZOLO
01 luglio 2019
Da due
settimane, l'imprenditore Vito Nicastri, il "re" dell'eolico vicino
ai clan, parla con i magistrati della procura di Palermo che il 12 giugno
l'avevano arrestato. Parla degli affari con Francesco Paolo Arata, l'ex
consulente per l'energia del ministro Matteo Salvini, e di mazzette alla
Regione siciliana. E stanotte è scattato un nuovo blitz della Dia di Trapani.
E' stato arrestato un altro burocrate della Regione, Giacomo Causarano, accusato di aver favorito gli affari di Arata e di Nicastri. In manette anche un ex socio del "re" dell'eolico. Gli
investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno notificato due provvedimenti di arresti domiciliari: a Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato all’Energia, e all’imprenditore milanese Antonello Barbieri.Al burocrate regionale viene contestata l’accusa di corruzione: secondo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo avrebbe aggiustato e orientato alcune pratiche che stavano particolarmente a cuore alla coppia Arata Nicastri. In cambio gli era stata promessa una mazzetta da 500 mila euro, da dividere con il collega Alberto Tinnirello (già ai domiciliari dal 12 giugno): Nicastri ha spiegato che 100 mila euro erano stati già corrisposti, il resto sarebbe arrivato al momento della firma per il via libera degli impianti di biometano a Francofonte (Siracusa) e Calatafimi (Trapani)
E' stato arrestato un altro burocrate della Regione, Giacomo Causarano, accusato di aver favorito gli affari di Arata e di Nicastri. In manette anche un ex socio del "re" dell'eolico. Gli
investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno notificato due provvedimenti di arresti domiciliari: a Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato all’Energia, e all’imprenditore milanese Antonello Barbieri.Al burocrate regionale viene contestata l’accusa di corruzione: secondo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo avrebbe aggiustato e orientato alcune pratiche che stavano particolarmente a cuore alla coppia Arata Nicastri. In cambio gli era stata promessa una mazzetta da 500 mila euro, da dividere con il collega Alberto Tinnirello (già ai domiciliari dal 12 giugno): Nicastri ha spiegato che 100 mila euro erano stati già corrisposti, il resto sarebbe arrivato al momento della firma per il via libera degli impianti di biometano a Francofonte (Siracusa) e Calatafimi (Trapani)
L’imprenditore Barbieri deve invece difendersi dall’accusa di intestazione
fittizia, autoriciclaggio e corruzione, le stesse accuse che tengono in
carcere Arata e Nicastri. Anche
questa seconda ordinanza di custodia cautelare è firmata dal gip Guglielmo
Nicastro.
L'indagine
Dunque, ancora una svolta a sorpresa nell’inchiesta
della procura di Palermo e della Dia di Trapani che sta svelando un intreccio
fra politica e affari. Il 18 aprile, erano
scattate alcune perquisizioni fra
Trapani, Palermo e Roma, che avevano coinvolto pure l’allora sottosegretario ai
Trasporti Armando Siri, indagato dalla procura della Capitale per
corruzione: le
intercettazioni hanno sorpreso Arata a parlare di una mazzetta da 30 mila euro per
l’esponente politico della Lega. In ballo, c’era un emendamento che avrebbe
dovuto aprire le maglie dei finanziamenti per il mini-eolico.
Poi, il 12 giugno, la procura di Palermo ha fatto scattare un blitz: in carcere sono finiti Arata, Nicastri e loro figli, Francesco e Manlio, tutti accusati di aver organizzato una società occulta per gestire gli affari dell’eolico e del biometano. E dopo il blitz, Nicastri ha deciso di parlare dei suoi affari, ma le dichiarazioni ai procuratori di Palermo sono ancora coperte da un rigido segreto istruttorio. Per i pm, Nicastri ha attualmente lo status di "dichiarante", le sue confessioni sono al vaglio di magistrati e investigatori. I primi riscontri hanno portato al blitz di stanotte. E, intanto, Nicastri continua a parlare. C'è attesa per quello che potrebbe dire (o aver già detto) sulla mazzetta al sottosegretario Siri.
Poi, il 12 giugno, la procura di Palermo ha fatto scattare un blitz: in carcere sono finiti Arata, Nicastri e loro figli, Francesco e Manlio, tutti accusati di aver organizzato una società occulta per gestire gli affari dell’eolico e del biometano. E dopo il blitz, Nicastri ha deciso di parlare dei suoi affari, ma le dichiarazioni ai procuratori di Palermo sono ancora coperte da un rigido segreto istruttorio. Per i pm, Nicastri ha attualmente lo status di "dichiarante", le sue confessioni sono al vaglio di magistrati e investigatori. I primi riscontri hanno portato al blitz di stanotte. E, intanto, Nicastri continua a parlare. C'è attesa per quello che potrebbe dire (o aver già detto) sulla mazzetta al sottosegretario Siri.
Le mazzette
Ai domiciliari era già finito Alberto Tinnirello, ex
dirigente dell’assessorato regionale all’Energia, che sarebbe stato al soldo
della spregiudicata coppia Arata-Nicastri: nella ricostruzione della procura,
Tinnirello e Causarano operavano in tandem. Causarano sarebbe stato il tramite
fra il "re" dell'eolico e il dirigente regionale.
I fedelissimi di Vito Nicastri e Francesco Paolo Arata si muovevano non solo per favorire le pratiche degli amici, ma anche per bloccare i concorrenti. Così, nel mirino di Tinnirello e di Causarano – dirigente e funzionario del Servizio Terzo, autorizzazioni e concessioni - era finito proprio Barbieri, che da qualche tempo era in contrasto con Nicastri per una questione economica. In quel momento, la “Sun Power Sicilia” di Barbieri avrebbe dovuto iniziare i lavori per l’impianto fotovoltaico di Melilli e Carlentini, ma Causarano inviò alla ditta una lettera dai toni perentori, con cui chiedeva di produrre al più presto “gli atti attestanti la disponibilità dei terreni”. Era la condizione posta per ottenere il via libera ai lavori. Era soprattutto una mossa raffinata per provare a fare pressioni su Barbieri e farlo tornare sulla strada di Nicastri.
Gli indizi di questa storia sono nelle parole di Manlio Nicastri, che il 30 ottobre 2018 era andato all’assessorato di viale Campania per parlare con Causarano, e poi era arrivato Tinnirello: “Oggi, sono andato a sistemare la cosa delle turbine... poi sono passato da lì... s’è fermato Tinnirello nella sua stanza che doveva andare a una riunione... gli ha detto "Giacomo vedi che su quella lettera che hai scritto... è successo un casino, sono scesi tutti", ci fa Tinnirello a Giacomo. E’ sceso De Luca, che è un ingegnere... Che fa parte dell’impianto, che ha buoni rapporti... e dice ha detto un altro nome tipo che è un segretario non so chi,.. e poi c’è il braccio destro di Musumeci (Nicastri ride – annotano gli investigatori della Dia) ... dice altre due persone... cinque persone sono tutti incazzati, perché ha dato questi sette giorni”.
Barbieri non era stato con le mani in mano dopo la lettera-ricatto di Causarano. Scrive il gip Nicastro: “Secondo la ricostruzione degli indagati sarebbero stati immediatamente informati gli sponsor politici di Barbieri, che si sarebbero rivolti all’entourage del presidente della Regione Musumeci, che a sua volta avrebbe attivato i vertici dell’assessorato all’Energia, perché chiedessero spiegazioni a Tinnirello”.
I fedelissimi di Vito Nicastri e Francesco Paolo Arata si muovevano non solo per favorire le pratiche degli amici, ma anche per bloccare i concorrenti. Così, nel mirino di Tinnirello e di Causarano – dirigente e funzionario del Servizio Terzo, autorizzazioni e concessioni - era finito proprio Barbieri, che da qualche tempo era in contrasto con Nicastri per una questione economica. In quel momento, la “Sun Power Sicilia” di Barbieri avrebbe dovuto iniziare i lavori per l’impianto fotovoltaico di Melilli e Carlentini, ma Causarano inviò alla ditta una lettera dai toni perentori, con cui chiedeva di produrre al più presto “gli atti attestanti la disponibilità dei terreni”. Era la condizione posta per ottenere il via libera ai lavori. Era soprattutto una mossa raffinata per provare a fare pressioni su Barbieri e farlo tornare sulla strada di Nicastri.
Gli indizi di questa storia sono nelle parole di Manlio Nicastri, che il 30 ottobre 2018 era andato all’assessorato di viale Campania per parlare con Causarano, e poi era arrivato Tinnirello: “Oggi, sono andato a sistemare la cosa delle turbine... poi sono passato da lì... s’è fermato Tinnirello nella sua stanza che doveva andare a una riunione... gli ha detto "Giacomo vedi che su quella lettera che hai scritto... è successo un casino, sono scesi tutti", ci fa Tinnirello a Giacomo. E’ sceso De Luca, che è un ingegnere... Che fa parte dell’impianto, che ha buoni rapporti... e dice ha detto un altro nome tipo che è un segretario non so chi,.. e poi c’è il braccio destro di Musumeci (Nicastri ride – annotano gli investigatori della Dia) ... dice altre due persone... cinque persone sono tutti incazzati, perché ha dato questi sette giorni”.
Barbieri non era stato con le mani in mano dopo la lettera-ricatto di Causarano. Scrive il gip Nicastro: “Secondo la ricostruzione degli indagati sarebbero stati immediatamente informati gli sponsor politici di Barbieri, che si sarebbero rivolti all’entourage del presidente della Regione Musumeci, che a sua volta avrebbe attivato i vertici dell’assessorato all’Energia, perché chiedessero spiegazioni a Tinnirello”.
Le amicizie politiche
Arata e Nicastri
potevano contare su alcuni fedeli funzionari dell’assessorato all’Energia come
Tinnirello e Barbieri, sono indagati anche altri tre funzionari
dell’assessorato al Territorio. Arata, poi, si era mosso anche politicamente,
con Gianfranco Micciché (che era stato attivato da Alberto Dell’Utri, il fratello
di Marcello, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa): il
presidente dell’Assemblea regionale aveva sollecitato l’assessore regionale
all’Energia Alberto Pierobon. Micciche e Pierobon non sono indagati, ma dalle
intercettazioni emerge una grande disponibilità a ricevere e consigliare Arata.
Chi erano invece gli “sponsor politici” di Barbieri?
Chi erano invece gli “sponsor politici” di Barbieri?
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