giovedì 13 dicembre 2018

pc 13 dicembre - MANOVRA ECONOMICA: PARTORIRAI SUL POSTO DI LAVORO...

"Il primo emendamento presentato dalla Lega prevede che le lavoratrici possano "scegliere" di rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza, previo parere medico positivo. In tal modo il periodo di astensione dal lavoro, i canonici cinque mesi, potranno essere fruiti dopo il parto". 

Per la Lega questo provvedimento va evidentemente incontro a due obiettivi: da un lato tenere finch'è possibile la donna legata al lavoro per tutelare gli interessi delle aziende, dall'altro vincolare finchè è possibile la donna alla cura dei bambini, alla famiglia. 
La salute fisica e psicologica della donna non è tema all'OdG...

Parlare di "scelta" delle lavoratrici è in tanti settori "fare dello spirito ad un funerale"; nelle cooperative, nei servizi, nel commercio, nelle fabbriche, nelle campagne, ecc. non c'è alcuna "scelta"! Vuol dire solo dare mano libera ai padroni per sfruttare le lavoratrici fino all'ultimo; vuol dire aumentare il ricatto verso le lavoratrici: o resti o non lo trovi più il lavoro al ritorno.
Ma il vero problema è che queste lavoratrici - per cui il lavoro significa fatica, esaurimento fisico, stress, anche quando non sono in maternità - non sembrano neanche esistere per questo governo fascio-sessista e per i suoi servi giornalisti. 

Schifosamente emblematici sono usciti infatti in questi giorni articoli, foto in cui le uniche lavoratrici che esisterebbero sono quelle che stanno comodamente sedute alla scrivania, a maneggiare carte e al massimo computer; non le donne che devono stare per 8 ore alla catena, o in piedi a servire, o con le braccia alzate o ricurve inginocchiate sui campi; non quelle che devono lavorare in ambienti malsani (come le operaie della gestione dei rifiuti) ecc, ecc.

Foto che trovano il loro completamento con questa della ministra della salute (sua) che bellamente sorride per dimostrare che fino al 9° mese si può... 

Certo, si può fare... ma se si è ministre o parlamentari!  






Riportiamo ampi stralci di un articolo di Sabrina Cristallo, che segnala anche come invece nella Russia del potere del proletariato dopo la Rivoluzione d'ottobre del 1917, il  Codice del Lavoro dell'Unione Sovietica datato 1918, prevedesse ampi diritti per le donne in maternità. 

Perché lavorare fino al nono mese di gravidanza indebolisce i diritti delle donne


Sabrina Cristallo | lariscossa.com
10/12/2018
...Si scrive "libera scelta", si legge sfruttamento!...
Sostenuto dall'autorevolezza che agli occhi dell'opinione pubblica possono assumere le parole favorevoli con cui i vertici della Società italiana di ginecologia e ostetricia si è espressa in merito - sottolineando semplicisticamente come la gravidanza non sia una malattia - questo governo concede

l'ennesimo regalo ai padroni, nascondendone tutta la bruttura dietro un'apparente avanzamento delle facoltà di scelta della donna.

Ma quando la mistificazione della realtà si scontra con la verità, sappiamo che a pagare sono le donne delle classi meno abbienti, le sfruttate, malpagate e precarie. Basta dare un'occhiata ai dati raccolti dall'Osservatorio Nazionale Mobbing per aver chiare le condizioni in cui spesso una lavoratrice precipita per l'attesa e l'arrivo di un figlio. Stime recenti parlano di 350mila donne discriminate per il fatto di essere in stato di gravidanza o per aver osato avanzare richiesta di conciliare lavoro e vita familiare. Negli ultimi anni infatti si è registrato un incremento del 30% di casi di mobbing da maternità, 4 mamme su 10 si trovano costrette a rassegnare le dimissioni per il mobbing post parto...
Tra i comportamenti vessatori adottati nei confronti delle donne al rientro dalla maternità, spiccano il demansionamento, ovvero la non corretta riallocazione della lavoratrice al suo rientro in azienda, oppure la minaccia di trasferimento in altra città o l'assegnazione a turni incompatibili con la condizione di neomamma, ma perfettamente previsti dal contratto. Emarginata a causa delle insorte esigenze che per il padrone rappresentano nient'altro che un freno alla produttività, ad esempio i permessi per allattamento o la richiesta di orari migliori, la lavoratrice viene così indotta a lasciare il proprio impiego.

Detto questo, possiamo convenire come lavorare fino al nono mese di gravidanza sia tutt'altro che un avanzamento dei diritti della donna, bensì un ulteriore via libera allo sfruttamento più sfrenato. È evidente come una donna in stato di attesa, la quale partecipa o risulti la sola fonte del reddito familiare, spesso esiguo, sia tentata allo sforzo di lavorare fino all'ultimo, magari pensando che ne trarrà poi maggiore riconoscenza dal datore quando la sua situazione sarà mutata e avrà bisogno di maggiore elasticità. Così come è evidente che il padrone potrà trarre vantaggio dallo sfruttamento fino in fondo della lavoratrice prima, quando si trova in una condizione di ricattabilità maggiore, per costringerla alle dimissioni subito dopo, quando risulterà invece un peso per l'azienda.

L'arretramento progressivo in cui il succedersi dei governi borghesi stanno conducendo la classe lavoratrice non si arresta. Le fasce più deboli della popolazione continuano a subire le contraddizioni del sistema capitalistico: mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, alle donne delle classi popolari viene riservato di sommare alle fatiche della gravidanza anche quelle del lavoro, trattate come merci in un momento della vita in cui la tranquillità dovrebbe essere la condizione primaria.

Diversamente, nel Socialismo, il benessere della donna rappresentava un campo in costante ricerca e sviluppo. Esattamente un secolo fa, il Codice del Lavoro dell'Unione Sovietica, datato 1918, si mostrava all'avanguardia anche in materia di sostegno alla maternità. Il congedo di maternità iniziava dopo il quarto mese: stipendio pieno e la possibilità di restare a casa col bambino fino al compimento del primo anno di vita, con il lavoro salvaguardato e alleggerito al termine della gravidanza. Durante il primo anno e per l'intero periodo di allattamento, le neomamme avevano diritto a 30 minuti di tempo ogni tre ore per nutrire il piccolo. Enorme attenzione era riservata anche al sostegno all'infanzia: considerati da Lenin come "i germogli del comunismo", lo Stato sovietico in poco tempo poté vantare di una fitta rete di asili nido e giardini d'infanzia, allocati persino nelle università e nella maggior parte delle fabbriche, nonché di colonie estive e case dei pionieri.

Nell'Italia del 2018, invece, solo un bambino su otto frequenta l'asilo nido per la mancanza di strutture e a causa del peso degli elevati costi che questi comportano sulle famiglie.
Nel capitalismo, la sola cosa che progredisce a ritmi serrati è l'abbrutimento della società, sostenuto da governi troppo impegnati a servire gli interessi della classe dominante.

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