Buona la partecipazione con 75 presenti, provenienti da Napoli, Potenza, Ancona, Roma, Firenze, Siena, Lucca, Viareggio, Massa Carrara,Genova, Milano, Varese, Padova.
Erano presenti iscritti, militanti, delegati delle seguenti organizzazioni e correnti sindacali: Confederazione Cobas, SI Cobas, Opposizione Cgil, Cobas Sanità Università Ricerca, Usb, Cub, Sgb, Slai Cobas, Adl Varese, CAT, Orsa. Erano presenti anche un compagno degli Operai Autorganizzati FCA ed uno del Fronte No Austerity. Una decina i lavoratori non iscritti ad alcun sindacato.
Escluse la relazione introduttiva e le conclusioni, gli interventi sono stati 29. Quindi numerosi e, ne siamo convinti, di elevata qualità.
Numeri e qualità sono stati la forza dell’assemblea che consideriamo un successo ed un primo passo nella direzione da noi auspicata.
Molto bella la sala che ci è stata concessa dal CPA Firenze Sud – che dobbiamo ringraziare – ed ottima l’organizzazione per il pranzo.
Questi i compagni intervenuti in ordine temporale, dopo la relazione introduttiva
1) Maddalena, Casalecchio di Reno (Bologna), non iscritta ad alcun sindacato, lavoratrice pubblica in una azienda di servizi sociali.
2) Paolo, Fronte No Austerity, Cub Trasporti, Firenze.
3) Ezio Gallori, ferroviere pensionato, Firenze.
4) Graziella, pensionata sanità Policlinico Umberto I Roma, Cobas Sanità Università Ricerca.
5) Walter, Rete Campagne in Lotta, Napoli.
6) Paola, Cobas Poste Firenze.
7) Eduardo, Movimento di lotta disoccupati 7 novembre, Napoli.
8 )Roberto, Rsu Cobas Pubblico Impiego, ospedale Careggi, Firenze.
9) Gina, opposizione Cgil, sanità, Massa Carrara.
10) Maria Nanni, CAT (ferrovieri), Lucca.
11) Riccardo Antonini, opposizione Cgil, ferroviere licenziato, Viareggio.
12) Marco, Rsu ORSA, officine riparazioni ferroviarie, Ancona.
13) Luigi, delegato RSU sanità pubblica, Roma.
14) Luciano, Rsu, opposizione Cgil, fabbrica chimica, Siena.
15) Giacomo, insegnante, Roma, non iscritto.
16) Francesca, Cobas Sanità Università Ricerca, ospedale Careggi, Firenze
17) Giusy, lavoratrice comunale Casalecchio di Reno.
18) Marco Galli, Adl Varese.
19) Antonella, sanità, opposizione Cgil, Viareggio.
20) Francesco Capuccio, sanità, SI Cobas, Genova.
21) Pierluigia, Slai Cobas Milano.
22) Domenico, Usb FCA Melfi, Operai Autorganizzati FCA.
23) Gino Orsini, pensionato sanità, SI Cobas, Milano.
24) Orietta, sanità, Padova, opposizione Cgil.
25) Emilio, SI Cobas, Genova.
26) Renato, pensionato, Cub Disoccupati, Firenze.
27) Enzo, Rsu INPS, SI Cobas, Carrara.
28) Mario, Lucca, manutentore meccanico fabbrica agroindustria, Lucca.
29) Edoardo, Cobas Poste, Firenze.
Gli interventi hanno evidenziato i diversi problemi che affliggono la classe lavoratrice, diversi ma tutti riconducibili al minimo comun denominatore dell’aumento dello sfruttamento, obiettivo di fondo della classe padronale: frammentazione contrattuale, divisione nello stesso posto di lavoro fra dipendenti diretti e lavoratori delle ditte “esterne”, problema del precariato, della sicurezza sul lavoro (facendo riferimento al tragico aumento delle morti ed infortuni), della disoccupazione e, in modo particolare, del decreto sicurezza (Salvini) che mira a dividere i lavoratori autoctoni da quelli immigrati, per indebolire la classe lavoratrice nel suo complesso, e inasprisce le sanzioni penali per i blocchi stradali e ferroviari (si pensi a cosa sta succedendo in questi giorni in Francia), il che è un passo in avanti del padronato per la messa fuori legge dei picchetti che bloccano ai cancelli degli stabilimenti l’ingresso e l’uscita delle merci, arma e metodo di lotta fondamentale di un vero sciopero.
Alcuni interventi hanno riportato l’importante esperienza di azioni unitaria fra i sindacati conflittuali: la lotta all’ospedale Spallanzani (Graziella di Roma), la definizione di una piattaforma unitaria fra Usb, Cub, Sgb e Cat per l’ultimo rinnovo contrattuale dei ferrovieri del 2016 (Marco di Ancona), il recente sciopero unitario di Cub, Usb e Cat fra i ferrovieri in Toscana che ha avuto una ottima riuscita con coinvolgimento importantissimo dei giovani lavoratori (Maria di Lucca del Cat).
A conclusione sono state fatte delle considerazioni generali sugli interventi e si è provato a dare delle indicazioni minime operative da parte di Mariopaolo (Usb Vigili del fuoco, Genova). Qui estendiamo, spiegandole meglio, le considerazioni fatte, facendo quindi una sorta di considerazione e riflessione post-assemblea:
- è stata fatta notare la varietà e complessità, emersa dagli interventi, che caratterizza la classe lavoratrice ed il suo movimento di lotta rivendicativo; complessità che è propria di tutta la storia del movimento operaio: da un lato sono state portate all’assemblea le esperienze di lotta di categorie quali i braccianti e la logistica; al lato – se si vuole opposto, anche se non è corretto fare simili contrapposizioni – i lavoratori del pubblico impiego. Si faceva notare, d’altronde, come nell’insieme “pubblico impiego” – elemento evidenziato in un intervento – vi siano condizioni differenti fra i vari comparti e come spesso in uno stesso luogo di lavoro i lavoratori pubblici si trovino gomito a gomito con lavoratori di aziende esterne (spesso cooperative) a cui sono state appaltate parti delle attività lavorative (ad es. Graziella di Roma riportava il dato per cui al Policlinico Umberto I il 70% dei lavoratori sono di ditte “esterne”). Queste differenze si sono riflesse – come non poteva non essere – nella storia della nascita e dello sviluppo delle varie organizzazioni sindacali, e quelle “di base” non hanno certo fatto eccezione. Di queste diversità bisogna tenere conto, ovviamente col fine di agire nel modo migliore per unire il movimento operaio (il termine “operaio” è usato in quanto bagaglio della tradizione del sindacalismo di classe, ma con esso si intendono tutti i lavoratori salariati, non solo gli operai in senso stretto, come ricordato da Domenico della FCA Melfi).
Ne consegue che sarebbe erroneo credere che lo sviluppo del movimento di lotta dei lavoratori e del sindacalismo di classe sia speculare in ogni categoria. La combattività attualmente espressa nella logistica non la troviamo negli altri settori, almeno per ora. Proprio laddove la combattività operaia è ancora latente assume maggior valore l’indirizzo della “unità d’azione del sindacalismo di classe e dei lavoratori”, in quanto utile a mettere insieme le ancora scarse energie che si attestano sulla linea del sindacalismo conflittuale.
Seguire questo indirizzo sarebbe inoltre quanto mai utile anche a dare uno scrollone quel sindacalismo di base che, dopo aver mosso i primi passi sull’onda dell’iniziale entusiasmo dei lavoratori più combattivi, si è poi spesso “seduto”, arretrando ad un livello a metà strada fra un vero sindacalismo di lotta (a volte solo evocato) ed una prassi sindacale non più così distinguibile da quella del sindacalismo concertativo. Da quando, con l’avanzare della crisi economica mondiale del capitalismo (2008), il padronato e i suoi governi sono passati più duramente all’attacco contro i lavoratori (nei termini espressi da Edoardo di Napoli “il cambiamento di fase”) questo sindacalismo di base non è stato in grado, per ora, di “ridestarsi”, persistento in prassi e rivendicazioni che appaiono sempre meno al passo coi tempi della lotta di classe, scatenata sempre più a viso a aperto purtroppo per ora solo dal lato della parte nemica, padronale. L’indirizzo dell’unità d’azione – del sindacalismo di classe, quale strumento non unico ma necessario per ottenere quella dei lavoratori – crediamo sia utile a rigenerare il sindacalismo conflittuale, con un’opera di selezione fra le sue parti che non sapranno e non vorranno adeguarsi ai compiti della lotta di classe e quelle che invece si dimostreranno all’altezza, adeguate, come noi tutti crediamo di essere.
Giustamente, questa necessità è stata sottolineata anche dai compagni del SI Cobas che, se nella logistica sono in grado di organizzare scioperi che realmente colpiscono il settore, negli altri settori ricercano invece l’unità nella lotta coi lavoratori organizzati all’interno delle altre strutture e correnti sindacali che si richiamano al sindacalismo non collaborazionista.
- Un’altra differenziazione emersa dagli interventi è quella fra le compagne e compagni che hanno messo l’accento sulla necessità di unire i lavoratori in lotta appellandosi ad essi direttamente in tal senso e dando l’esempio intervenendo come coordinamento nella battaglie (naturalmente nei limiti delle nostre energie e capacità) e chi ha messo l’accento sulla necessità di battersi all’interno delle varie organizzazioni sindacali affinché si faccia pressione per ottenere l’adesione di queste a quel dato sciopero, sia esso d’azienda, territoriale, di categoria, intercategoriale nazionale (generale). Le due strade non ci sembrano in contrapposizione bensì complementari. Una alimenta l’altra: l’adesione a un dato sciopero di un maggior numero di sigle del sindacalismo conflittuale è fattore che favorisce (non in assoluto ma tendenzialmente) una maggiore adesione dei lavoratori, sia di quelli inquadrati che di quelli non inquadrati in queste organizzazioni; dall’altro lato, una risposta positiva dei lavoratori ad un appello, fatto dai compagni che aderiscano al coordinamento che vogliamo costituire, per la scesa in sciopero a prescindere dall’appartenenza sindacale, facilmente si rivela di sprone alle organizzazioni a seguire la corrente, aderendo allo sciopero, e quindi dà forza ai compagni che all’interno dei sindacati sostengono questo indirizzo, e indebolisce coloro i quali lo osteggiano.
D’altronde, nel movimento operaio e sindacale, non si può pensare di agire “a prescindere” da ciò che fanno le organizzazioni sindacali, che ne sono attori fondamentali. Nascono, e ben vengano, i movimenti di sciopero spontanei. Ma se non si distruggono i sindacati collaborazionisti, se non si sconfiggono gli errati indirizzi nei sindacati conflittuali, i primi più facilmente deviano e portano alla sconfitta i lavoratori mobilitatisi spontaneamente.
- Altro punto emerso è stato se privilegiare un coordinamento nazionale intercategoriale per “l’unità d’azione del sindacalismo di classe e dei lavoratori”, che possiamo per comodità definire “verticale”, o se privilegiare coordinamenti – col medesimo scopo – “orizzontali” di settore, categoria, territoriali, d’azienda. Anche qui i due piani non ci sembrano in contrapposizione ma complementari. Laddove vi siano le energie per costituire coordinamenti orizzontali, ben vengano. Il coordinamento nazionale serva a condividere sul territorio nazionale, fra i lavoratori, nelle strutture sindacali, a livello intercategoriale, queste esperienze, affinché siano d’esempio e si accrescano in numero. Laddove le energie non sono sufficienti per costituire coordinamenti “orizzontali” (di settore, di categoria, d’azienda, territoriali) è bene che esse si concentrino in un lavoro per il coordinamento intercategoriale nazionale, “verticale”, propedeutico al rafforzamento dell’indirizzo d’azione unitaria e quindi alla successiva formazione di altri coordinamenti “orizzontali”.
- ultimo punto emerso (fra quelli che ci pare abbiano avuto più richiami nei vari interventi, s’intende) è quello relativo alle piattaforme rivendicative. Nell’assemblea ci si è concentrati sul problema dell’unità d’azione. Ma è ben vero che non ci si può limitare a questo perché una vera unità di lotta dei lavoratori è possibile, è completa, è conseguente solo sulla base di metodi di lotta e di piattaforme rivendicative davvero di classe. Un compagno (Emilio di Genova) ha fatto notare come il riformismo/collaborazionismo sindacale si sia imposto proprio evocando l’unità dei lavoratori; naturalmente una unità non sulla base della lotta e per obiettivi di classe, ma sulla base di obiettivi che annacquavano la lotta e favorivano la conciliazione col nemico di classe, la pace sociale (l’unità sindacale di Cgil, Cisl e Uil ora reimpugnata da Landini al Congresso Cgil). Il nostro auspicio, la nostra volontà, è che l’ambito che vogliamo creare e far crescere serva per la discussione e la elaborazione di tali piattaforme rivendicative classiste, sia di settore, categoria, che generale per tutta la classe.
D’altronde, nel movimento operaio e sindacale, non si può pensare di agire “a prescindere” da ciò che fanno le organizzazioni sindacali, che ne sono attori fondamentali. Nascono, e ben vengano, i movimenti di sciopero spontanei. Ma se non si distruggono i sindacati collaborazionisti, se non si sconfiggono gli errati indirizzi nei sindacati conflittuali, i primi più facilmente deviano e portano alla sconfitta i lavoratori mobilitatisi spontaneamente.
- Altro punto emerso è stato se privilegiare un coordinamento nazionale intercategoriale per “l’unità d’azione del sindacalismo di classe e dei lavoratori”, che possiamo per comodità definire “verticale”, o se privilegiare coordinamenti – col medesimo scopo – “orizzontali” di settore, categoria, territoriali, d’azienda. Anche qui i due piani non ci sembrano in contrapposizione ma complementari. Laddove vi siano le energie per costituire coordinamenti orizzontali, ben vengano. Il coordinamento nazionale serva a condividere sul territorio nazionale, fra i lavoratori, nelle strutture sindacali, a livello intercategoriale, queste esperienze, affinché siano d’esempio e si accrescano in numero. Laddove le energie non sono sufficienti per costituire coordinamenti “orizzontali” (di settore, di categoria, d’azienda, territoriali) è bene che esse si concentrino in un lavoro per il coordinamento intercategoriale nazionale, “verticale”, propedeutico al rafforzamento dell’indirizzo d’azione unitaria e quindi alla successiva formazione di altri coordinamenti “orizzontali”.
- ultimo punto emerso (fra quelli che ci pare abbiano avuto più richiami nei vari interventi, s’intende) è quello relativo alle piattaforme rivendicative. Nell’assemblea ci si è concentrati sul problema dell’unità d’azione. Ma è ben vero che non ci si può limitare a questo perché una vera unità di lotta dei lavoratori è possibile, è completa, è conseguente solo sulla base di metodi di lotta e di piattaforme rivendicative davvero di classe. Un compagno (Emilio di Genova) ha fatto notare come il riformismo/collaborazionismo sindacale si sia imposto proprio evocando l’unità dei lavoratori; naturalmente una unità non sulla base della lotta e per obiettivi di classe, ma sulla base di obiettivi che annacquavano la lotta e favorivano la conciliazione col nemico di classe, la pace sociale (l’unità sindacale di Cgil, Cisl e Uil ora reimpugnata da Landini al Congresso Cgil). Il nostro auspicio, la nostra volontà, è che l’ambito che vogliamo creare e far crescere serva per la discussione e la elaborazione di tali piattaforme rivendicative classiste, sia di settore, categoria, che generale per tutta la classe.
Questi i minimi compiti operativi che ci si è voluti dare:
1) stilare una mailing list dei compagni presenti alla riunione, a cui sarà inviato questo resoconto e a cui sarà richiesto di collaborare all’attività del coordinamento, ciascuno secondo la sua disponibilità; obiettivo che riteniamo fondamentale è quello di una ampia distribuzione dei compiti e di un lavoro condiviso;
2) costituire e curare una pagina facebook (definire un gruppo di “amministratori” che ne costituiscano una sorta di “redazione”) che serva da strumento di informazione e propaganda delle iniziative volte all’unità d’azione del sindacalismo di classe e dei lavoratori;
3) con funzione analoga redigere un bollettino cartaceo, senza periodicità fissa in modo da poter evitare (almeno per ora) la registrazione presso il tribunale, in un formato il più agile possibile, ad esempio un foglio A3 fronte retro, stampabile in qualsiasi foto copisteria con costi accessibili, e facilmente distribuibile ai lavoratori ed ai militanti sindacali;
4) definire data e luogo di una prossima riunione che serva a organizzare l’attività che si auspica sia già stata avviata, a discutere delle varie questioni (ad esempio delle rivendicazioni) e a preparare una nuova assemblea nazionale e/o un programma di assemblee territoriali (a gennaio?).
CHIUDIAMO CHIEDENDO A TUTTI I COMPAGNI PRESENTI ALL'ASSEMBLEA E A QUELLI NON PRESENTI MA CHE AVREBBERO VOLUTO PARTECIPARE E CHE CONDIVIDONO LE INDICAZIONI INSERITE IN QUESTO RESOCONTO, DI RENDERE NOTA LA LORO EVENTUALE DISPONIBILITÀ AL LAVORO CHE VOGLIAMO METTERE IN PIEDI, SCRIVENDOCI.
Un caro saluto a tutti
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