giovedì 13 dicembre 2018

pc 13 dicembre - Il fascismo padronale dilaga sui posti di lavoro - il processo Foodora aTorino

Foodora, i rider al garante della privacy: «Ci spiavano durante e dopo il lavoro»

Ogni fattorino, anche quando non è in servizio, è localizzabile dall’azienda. È quanto sostenuto in un reclamo presentato dagli avvocati di quattro ex lavoratori della multinazionale: «Controllati e tracciati spostamenti senza autorizzazione»

Su una cartina simile a Google Map, i rider sono tanti puntini colorati. Si muovono lungo vie e corsi di città che sembrano tutte uguali sul monitor del pc del dispatcher, colui che dall’ufficio dirige il traffico e detta i tempi del meccanismo nascosto di Foodora. Prima dell’inizio del proprio turno, durante una consegna o fuori dal proprio orario di lavoro, l’intera flotta di app fattorini è monitorata con un click. Ogni lavoratore, anche quando non è in servizio, è localizzabile dall’azienda. Scenario orwelliano quello evocato in un reclamo presentato dagli avvocati di quattro ex lavoratori della multinazionale al garante della Privacy dove è accusata di aver «controllato e tracciato continuamente gli spostamenti dei rider senza averne l’autorizzazione».

Processo Foodora a Torino - Due anni fa, quando a Torino esplose per la prima volta in Italia la rivolta dei fattorini del food delivery, divenne chiaro che la «gig economy» avrebbe messo in discussione molte regole del sistema del lavoro. Mentre l’economia «dei lavoretti da svolgere nel tempo libero» stava finendo davanti al giudice del lavoro. Sei rider di Foodora avevano intentato una causa civile contro la società tedesca, contestando il proprio licenziamento subito dopo aver partecipato alle proteste mosse per cancellare il sistema di pagamento a cottimo. Ricorso, primo del genere nel nostro Paese, respinto perché il tribunale ha ritenuto i rider «collaboratori autonomi», non legati da un rapporto di lavoro subordinato e quindi non licenziabili.

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