pc 13 dicembre - Il fascismo padronale dilaga sui posti di lavoro - il processo Foodora aTorino
Foodora, i rider al garante della privacy: «Ci spiavano
durante e dopo il lavoro»
Ogni fattorino, anche quando non è in servizio, è
localizzabile dall’azienda. È quanto sostenuto in un reclamo presentato dagli
avvocati di quattro ex lavoratori della multinazionale: «Controllati e tracciati
spostamenti senza autorizzazione»
Su una cartina simile a
Google Map, i rider sono tanti puntini colorati. Si muovono lungo vie e corsi di
città che sembrano tutte uguali sul monitor del pc del dispatcher, colui che
dall’ufficio dirige il traffico e detta i tempi del meccanismo nascosto di
Foodora. Prima dell’inizio del proprio turno, durante una consegna o fuori dal
proprio orario di lavoro, l’intera flotta di app fattorini è monitorata con un
click. Ogni lavoratore, anche quando non è in servizio, è localizzabile
dall’azienda. Scenario orwelliano quello evocato in un reclamo presentato dagli
avvocati di quattro ex lavoratori della multinazionale al garante della Privacy
dove è accusata di aver «controllato e tracciato continuamente gli spostamenti
dei rider senza averne l’autorizzazione».
Processo Foodora a
Torino - Due anni fa, quando a Torino esplose per la
prima volta in Italia la rivolta dei fattorini del food delivery,
divenne chiaro che la «gig economy» avrebbe messo in discussione molte regole
del sistema del lavoro. Mentre l’economia «dei lavoretti da svolgere nel tempo
libero» stava finendo davanti al giudice del lavoro. Sei rider di Foodora
avevano intentato una causa civile contro la società tedesca, contestando il
proprio licenziamento subito dopo aver partecipato alle proteste mosse per
cancellare il sistema di pagamento a cottimo. Ricorso, primo del genere nel
nostro Paese, respinto perché il tribunale
ha ritenuto i rider «collaboratori autonomi», non legati da un
rapporto di lavoro subordinato e quindi non licenziabili.
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