Taranto, Arpa Puglia: “Nel quartiere Tamburi diossine pari solo a quelle di una discarica nella Terra dei Fuochi”
Una ricostruzione ora messa in discussione da
Arpa Puglia, che nella nota inviata a Emiliano sottolinea
come, nei mesi di novembre 2014 e febbraio 2015, “all’eccezionale aumento di
diossine” rilevato nel deposimetro del quartiere
Tamburi “non ha corrisposto un aumento della quantità complessiva di
polveri raccolta del deposimetro”. Un dato che consente ad Arpa di sostenere che
“la concentrazione delle diossine in tali polveri ha raggiunto
limiti così elevati da essere confrontabile solo con materiali polverulenti
contaminati in misura estremamente alta, quali le polveri di abbattimento delle
emissioni dell’impianto di sinterizzazione dello stabilimento
siderurgico”. Insomma per Arpa Puglia una fonte possibile sarebbe ancora una
volta l’Ilva con i suoi processi produttivi. A renderlo “ancor
più verosimile”, inoltre, ci sarebbe anche il “confronto tra i profili dei
congeneri delle diossine delle polveri raccolte dai deposimetri” nei due mesi
incriminati e quelli “delle polveri di abbattimento dell’impianto di
sinterizzazione dello stabilimento“. Insomma le due polveri,
per l’Agenzia regionale di protezione ambientale, hanno le stesse impronte
digitali.
Il direttore di Arpa Puglia , in una conferenza stampa convocata in mattinata, ha poi
attaccato Ilva per la mancanza di collaborazione. Al di là
della provenienza di quelle diossine, la concentrazione raggiunta al quartiere
Tamburi, il più vicino al siderurgico, avrebbe dovuto spingere
i vertici dell’impianto a comunicare immediatamente il potenziale
pericolo: “Se avessimo avuto prima i dati avremmo potuto eseguire
indagini più accurate – ha sottolineato Assennato – Anzi, per ottenere i
rapporti di prova ho dovuto inviare un ufficiale di polizia
giudiziaria e questo non è sicuramente un buon esempio di pratica
ambientale”. Nella nota destinata al governatore della Regione Puglia, Arpa
racconta anche di un particolare rilevante alla luce dei valori
raggiunti nel novembre 2014. Durante una visita ispettiva dell’aprile 2015,
l’Istituto superiore per la protezione ambientale e della
stessa Agenzia regionale hanno chiesto a Ilva i rapporti di
prova contenenti i risultati dei campionamenti nei deposimetri.
Ilva li ha inviati ad Arpa tre mesi dopo ma “per le diossine – scrive Assennato
– arrivavano solo all’ottobre 2014”. A distanza di cinque mesi da quelle
misurazioni “anomale”, Ilva avrebbe deciso di fornire agli
ispettori i dati escludendo il mese incriminato con un picco di
791 picogrammi al metro quadro, un valore abnorme rispetto al
“valore soglia” di 20 picogrammi.Quei dati non sono mai stati pubblicati neanche sul sito del ministero dell’Ambiente, che in seguito alle richieste di chiarimenti da parte di Peacelink e Federazione dei Verdi ha spiegato di essere venuto a conoscenza del problema solo dopo la segnalazione del presidente Michele Emiliano del 26 febbraio. È stata quindi Ilva a tenere nel cassetto la relazione, firmata il 23 dicembre 2015 dall’ingegnere Onofrio?
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