Un comando terrestre a livello di Divisione, una componente navale, ricognizioni aeree dei caccia e degli ‘Uav’ senza pilota, una task force di forze speciali, assetti specialistici del Genio e delle Trasmissioni, per un totale di circa 4-5mila militari sotto il coordinamento assicurato dal Coi, Comando Operativo di Vertice Interforze della Difesa. Questa, riferiscono all’Adnkronos fonti qualificate, la fisionomia del contingente italiano che contribuirà alla missione multinazionale (dovrebbero farne parte anche Germania, Gran Bretagna e Francia) contro lo Stato Islamico in Libia.
La componente navale potrà eventualmente attingere dalle unità navali già impegnate in questi mesi
nelle operazioni ‘Eunavformed’ e ‘Mare Sicuro’ nel Canale di Sicilia. Non escluso l’impiego della portaerei Cavour, l’ammiraglia della flotta italiana, con il ruolo di nave-bandiera. Sul terreno dovrebbero operare un comando mobile di proiezione all’estero (basato probabilmente sui mezzi e le strutture della Divisione Acqui di stanza a San Giorgio a Cremano) e circa 2.500 militari italiani tra paracadutisti della ‘Folgore’, fucilieri di Marina del ‘San Marco’, forze speciali come gli incursori del Comsubin e il nono reggimento d’assalto Col Moschin.
Il Comando aereo dovrebbe essere di stanza a Trapani almeno per la prima parte delle operazioni, non esclusa successivamente anche una base in territorio libico. In azione i droni Predator per voli di ricognizione sul territorio libico, compito che potrebbe essere assicurato anche dai caccia Tornado o dagli Amx schierati lo scorso gennaio nella stessa base siciliana per compiti di sorveglianza aerea dell’area.
Un eventuale impiego operativo italiano potrebbe però essere ipotizzabile soltanto nel caso di una richiesta esplicita da parte di un governo legittimo in Libia. La situazione politica nel Paese africano, caratterizzata da continui e controversi sviluppi, non rende perciò possibile ipotizzare al momento la data di partenza della missione multinazionale, che dovrebbe essere a guida italiana.
“In Libia -avverte Gianandrea Gaiani, direttore del portale ‘Analisidifesa’ specializzato nei temi della sicurezza e della geopolitica- non c’è attualmente alcun governo stabile. Gli americani stanno premendo da tempo sull’Italia e ci vogliono mandare a fare i target per tutti i kamikaze del Sahel. Sono abbastanza singolari le continue intromissioni degli Usa nelle decisioni di un Paese che, fino a prova contraria, è ancora sovrano”.
Il rischio, osserva, “è che la riluttanza italiana a combattere l’Isis sul terreno produca alla fine una missione ‘morbida’ a protezione dei siti politici, istituzionali ed economici in Libia e che allo stesso tempo altri Paesi conducano parallelamente una guerra privata e nazionale in Libia conducendo operazioni simili al recente blitz aereo statunitense a Sabratha. Una missione di stabilizzazione e una di combattimento, insomma, un po’ come avvenne in Afghanistan con Isaf ed Enduring Freedom”.
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