La polizia prepara la “gestione democratica” delle proteste,con proiettili di gomma, fucili marcatori. tonfa, scudi in kevlar, daspo… e niente codici identificativi.
La polizia italiana è stufa di usare (solo) i manganelli: anche la repressione deve diventare hi tech, le pene per chi scende in piazza devono essere innalzate mentre, per chi indossa una divisa, l’impunità non deve essere toccata e quindi no ai numeri identificativi.
Così oggi, martedì 27 ottobre, l’associazione dei funzionari di polizia (Anfp), principale organizzazione di settore, ha ufficilizzato il proprio programma di richieste al governo durante la presentazione, avvenuta a Palazzo Chigi, del libro “Dieci anni di ordine pubblico”.
Secondo i poliziotti, il punto centrale è non entrare in contatto diretto con i manifestanti, per evitare – magari – qualcuno dei numerosissimi casi degli ultimi anni in cui gli agenti sono stati “pizzicati” da telecamere e smartphone a pestare, tanti contro uno, chi ha la sventura di entrare in contatto con loro. E allora arriva la richiesta di proiettili di gomma e fucili “marcatori“, armi ad aria compressa che sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata, “per – dice l’Anfp – rendere possibile l’identificazione dei facinorosi e dei violenti, anche una volta cessata l’emergenza”.
Non solo: pure il caro e vecchio manganello non va più bene. Poco “2.0”. Meglio quindi i tonfa, più
leggeri da maneggiare e più utili a spaccare teste, e gli scudi in kevlar, con uniformi paracolpi, fondine di pistola antifurto e radio hi tech.
Cambiano gli strumenti, in sostanza, ma la gestione opaca e omertosa dell’ordine pubblico non deve cambiare “anche perchè – sottolinea, in maniera piuttosto sibillina, l’Anfp – oggi il conflitto sociale rischia di ritornare sulla scena con tutta la sua carica dirompente, come testimoniato dalle numerose proteste contro il governo Berlusconi prima, nel 2011, contro le politiche di austerità del governo Monti poi, nel 2012, nonché quelle avverse l’esecutivo Renzi nel 2014″.
Per il prossimo futuro l’Anfp indica inoltre, nello specifico, due settori ritenuti particolarmente caldi: quello del tema dei migranti e della cosiddetta “accoglienza” e le dimostrazioni “dei movimenti di lotta per la casa”.
DDL SICUREZZA URBANA – Sul fronte normativo, invece, la prima richiesta dell’Anfp è l’introduzione dell’arresto differito: “auspichiamo – ha scandito il segretario, Lorena La Spina – che il ddl sulla sicurezza urbana introduca questa modifica normativa. Dobbiamo conciliare il rispetto delle liberta’ individuali con la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico ma e’ necessario uscire anche dall’ambiguita’ di fondo a causa della quale si stenta ad intervenire in maniera decisa: non sono in discussione i diritti, quello che deve essere messo in discussione sono le modalità con cui alcuni soggetti scendono in piazza, attentando alla possibilità di godere di questi diritti’.
GENOVA CHI? – Linea analoga anche per il numero uno della Polizia italiana, Alessandro Pansa, che lancia un’operazione di pulizia (anche mediaticamente) dell’immagine delle divise, a partire dalla rimozione collettiva di quanto accaduto, nel luglio 2001, al G8 di Genova. Pansa, rivolto ai colleghi, ha detto: “Dobbiamo scrollarci di dosso il peso del 2001. Abbiamo studiato, analizzato, trovato le soluzioni e oggi siamo completamente diversi nella gestione dell’ordine pubblico rispetto al passato. L’ordine pubblico è il core business del nostro lavoro. E’ evidente la necessità di affinare i meccanismi nell’ordine pubblico, soprattutto per quanto riguarda la normativa. Ed è per questo che, nel disegno di legge sulla sicurezza urbana abbiamo introdotto strumenti che potenziano molto l’azione di prevenzione e sono state individuate tutte quelle regole che rendano migliore la gestione dell’ordine pubblico, tra cui proprio l’arresto differito”.
PIU’ DASPO PER TUTTE E TUTTI – Dall’Anfp arriva infine pieno sostegno all’idea di estendere il Daspo, la diffida introdotta negli ambiti sportivi – senza tra l’altro sia necessaria alcuna condanna: basta, in quel caso, la parola della polizia – e ora da estendere a tutti quei soggetti, dice l’Anfp, “la cui pericolosità sociale possa dirsi “qualificata” da un sostanziale abuso del diritto di manifestare”, oltre a pene più dure per chi non è immediatamente riconoscibile. Dulcis in fundo: il no assoluto al codice identificativo sulle divise, come già tra l’altro annunciato dal ministro di riferimento, Alfano.
(Osservatorio sulla repressione)
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