L’assemblea si è tenuta
presso l’ex Asilo Filangieri il giorno successivo alla
manifestazione del 24 contro l’esercitazione NATO Trident Juncture
2015. Erano presenti: Alex Zanotelli, Comitato pace e disarmo e
Smilitarizzazione del Territorio – Campania, Rete no war Napoli,
Rete dei comunisti, USB, Squola popolare LoSka, Mensa occupata di
Napoli, Rete Noi saremo tutto, Laboratorio Iskra, Comitati No Muos
Ragusa, Palermo, Catania, Federazione Anarchica Siciliana, Donne No
Dal Molin, Coordinamento nazionale per la Jugoslavia- Bologna, Un
ponte per, Radio Vostok, Cobas Napoli, Red Link, un compagno
palestinese, un’attivista antimilitarista tedesca del Centro
d’informazione sulla militarizzazione.
Tutti gli interventi sono
partiti dal bilancio della manifestazione che ha visto un numero
reale di 2000 partecipanti. Si è unanimemente concordato che la
manifestazione, pur con numeri ben al di sotto di quanto la fase
necessiterebbe, ha rappresentato un segnale politico importante
rimettendo all’ordine del giorno l’opposizione alla guerra e
all’imperialismo. Dopo anni, infatti, di silenzio se non, in
alcuni casi, di accondiscendenza verso gli interventi militari occidentali anche nel frantumato mondo pacifista, la manifestazione ha evidenziato la volontà di voler riprendere un percorso unitario contro il militarismo ed i crescenti pericoli di un conflitto mondiale. Perché ciò sia possibile è necessario dare stabilità e continuità alla lotta contro la guerra con campagne condivise ed un coordinamento tra le realtà presenti e le altre che da anni si oppongono alla militarizzazione del territorio e le servitù militari, come i compagni sardi. Con l’obiettivo, alla luce anche delle recenti connessioni che si è provato a mettere in piedi contro l’esercitazione Trident, di coinvolgere le realtà antimilitariste di altri paesi europei.
alcuni casi, di accondiscendenza verso gli interventi militari occidentali anche nel frantumato mondo pacifista, la manifestazione ha evidenziato la volontà di voler riprendere un percorso unitario contro il militarismo ed i crescenti pericoli di un conflitto mondiale. Perché ciò sia possibile è necessario dare stabilità e continuità alla lotta contro la guerra con campagne condivise ed un coordinamento tra le realtà presenti e le altre che da anni si oppongono alla militarizzazione del territorio e le servitù militari, come i compagni sardi. Con l’obiettivo, alla luce anche delle recenti connessioni che si è provato a mettere in piedi contro l’esercitazione Trident, di coinvolgere le realtà antimilitariste di altri paesi europei.
Più di un intervento ha
sottolineato che questo nuovo inizio deve, però, necessariamente
superare il vecchio movimento pacifista, in cui convivevano posizioni
ed associazioni ambigue (la coppia Mogherini e Pinotti docet) ma
anche quelle Ong che sempre più apertamente sono parte del
dispositivo occidentale di destabilizzazione e di supporto agli
interventi militari (si veda proprio la partecipazione di molte di
loro all’esercitazione Trident).
Di fronte all’incrudirsi
dell’interventismo occidentale e dello scontro tra grandi potenze è
necessario sforzarsi per trovare la massima convergenza sia
sull’analisi delle cause della guerra che su parole d’ordine
chiare per partire da alcuni dati acquisiti e minimi senza i quali si
rischierebbe di riproporre le ambiguità di quel movimento. Dal
dibattito, pur nella varietà delle posizioni, alcuni dati comuni
sono emersi già in questo primo confronto: la necessità di
denunciare il capitalismo, sistema di morte e sfruttamento, come la
causa del militarismo e della tendenza verso la guerra; l’opposizione
al razzismo ed alle politiche/campagne xenofobe con un netto
schieramento al fianco degli immigrati; la militarizzazione interna e
le politiche di austerity come l’altra faccia della tendenza verso
la guerra.
Ovviamente entro questo ambito condiviso
sono prevedibili diverse sensibilità esistenti, in particolare, per
ciò che riguarda la lettura prevalentemente geopolitica dei
conflitti, ma queste diverse accentuazioni non possono e non devono
portare ad un depotenziamento rispetto alla centralità della lotta
contro il nostro governo. In altre parole, come esplicitato in un
intervento, la lotta alla Nato rimane un elemento decisivo a
condizione che questo non lasci adito a posizioni che vedono il
nostro paese succube di tale dispositivo militare quando invece è
pienamente partecipe e beneficiario dell’appartenenza a
quest’alleanza.
L’intervento del
compagno di Pisa sottolineava che non c’è solo la NATO ma anche
l’Europa, che in quanto polo imperialista in costruzione e in
competizione economica, politica, ideologica e militare con gli altri
poli imperialisti e paesi capitalisti "emergenti", ha un
ruolo non marginale nella corsa alla guerra come dimostra
l'operazione militare "Eunavfor Med" pianificata, approvata
e finanziata direttamente dall'Unione Europea.
Anche in questo caso, le
diverse letture sull’Europa, non devono diventare l’alibi per
mettere in sordina la critica e la lotta contro la nostra controparte
immediata che è l’imperialismo italiano.
Per questo sono da
ritenersi estranei al coordinamento tutti coloro che si attivano
nella lotta contro la guerra e alla Nato su posizioni sovraniste e si
alleano con chiunque sia schierato su questi obiettivi, dalla Lega ai
vari rosso bruni o apertamente fascisti. Né hanno diritto di
cittadinanza coloro che assecondano o promuovono posizioni razziste
contro gli immigrati.
Tutti gli interventi hanno
sottolineato la necessità della radicale indipendenza del movimento
contro la guerra sia da partiti ed istituzioni che dalle potenze in
campo, grandi o piccole che siano. A questo proposito, alla luce
delle incresciose tensioni tra filo e anti Assad verificatesi durante
lo svolgimento del corteo, le realtà organizzatrici della
manifestazione, completamente estranee all’episodio, hanno voluto
precisare che l’opposizione a qualsiasi intervento militare in
Siria non ha nulla a che fare con la difesa di Assad, così come non
lo fu di Saddam o di Gheddafi. Allo stesso tempo, è stata ribadita
la netta opposizione degli organizzatori della manifestazione verso
tutte quelle posizioni che, in nome di un sostegno alla “ribellione”
in Siria, si fanno sostenitrici dell'intervento militare occidentale,
in qualsiasi forma, in quel paese.
I nostri alleati non sono
i governi ma solo le masse oppresse che sono le prime vittime del
militarismo e delle guerre generate dalla logica del profitto e
condotte per scopi di difesa degli interessi del grande capitale e
degli apparati statali che li rappresentano.
Un compagno di Napoli,
proprio nella prospettiva dell’allargamento del movimento contro la
guerra, ha espresso le sue perplessità sul mancato coinvolgimento di
realtà politiche, partiti (per es. M5S) e figure istituzionali nella
preparazione della manifestazione del 24 ed invitava a superare
quello che ritiene essere un indice di settarismo, in cui però la
maggioranza dei presenti non si riconosceva.
Ma riconosciamo, invece, la necessità
di lavorare per un maggior coinvolgimento dell’opinione pubblica
sul tema della guerra e della militarizzazione dei territori, delle
economie e dell’etica.
In particolare i compagni
del movimento No MUOS hanno ribadito, anche sulla base della loro
esperienza, non solo l’autonomia dalle istituzioni ma, soprattutto,
la partecipazione diretta ed individuale al movimento, la sua
orizzontalità ed il radicamento territoriale. I compagni in più di
un intervento si sono soffermati sull’importanza dell’azione
diretta, intesa come strumento condiviso e dal basso nella
opposizione alla guerra ed alla militarizzazione. L’altro elemento
su cui hanno insistito è la necessità di fare della battaglia
contro il MUOS, una battaglia nazionale, mentre finora il peso
politico-organizzativo è gravato esclusivamente sulle realtà NoMuos
siciliane. Ad oggi, la loro lotta è stata “trattata” come una
lotta tutta locale mentre in gioco c’è uno dei più importanti
dispositivi di aggressione militare degli USA e della NATO. Il
movimento contro la guerra se ne deve fare carico fino in fondo.
Stesso discorso vale, ovviamente, per la lotta contro le servitù
militari in Sardegna.
Sempre dai compagni è
stata posta l’attenzione sulla centralità della Sicilia come
piattaforma nella gestione del flusso dei migranti. La presenza del
CARA di Mineo e la prossima inaugurazione di 5 hot spot - nuovi
centri di identificazione degli immigrati per distinguere tra quelli
economici, da espellere, e i profughi – gestiti direttamente da
Frontex (la cui sede centrale è stata trasferita a Catania), ci
impongono un intervento più conseguente e continuativo su questa
questione. Puntando a creare sinergie con le reti antirazziste, i No
MUOS Catania hanno già avviato un percorso con il Coordinamento Sans
Papiers per costruire all’inizio del 2016 una manifestazione contro
Frontex che deve diventare un momento nazionale. Un’altra
manifestazione sarebbe prevista a Roma nei primi mesi del prossimo
anno organizzata dalle reti antirazziste, a cui sicuramente dovrà
andare il nostro pieno supporto.
Altri interventi hanno
insistito sull’importanza della centralità del ruolo dei migranti
nell’opposizione alla guerra, non solo in quanto vittime ma
puntando a farli diventare protagonisti a tutti gli effetti del
movimento contro la guerra.
L’assemblea,
nell’individuare il percorso da fare per rafforzare il lavoro
comune, si è espressa per tenere un prossimo incontro entro la prima
metà di dicembre, a chiusura cioè di tutte le iniziative già
calendarizzate contro la Trident e la NATO. L’incontro, a cui
punteremo a coinvolgere le realtà non presenti a questo primo
confronto, dovrà essere una messa a punto dei nodi comuni, in parte
già individuati, intorno a cui lavorare in maniera unitaria.
Sicuramente questo percorso condiviso, non dovrà essere un semplice
mutuo soccorso limitato a rafforzare reciprocamente le mobilitazioni
che si daranno. La presenza delle delegazioni di altre realtà è
certamente rilevante ma dovremo puntare da subito a campagne unitarie
sui singoli aspetti della lotta alla guerra e al militarismo volte a
sensibilizzare, a denunciare ed intralciare le politiche di
aggressione sia verso l’interno che verso l’esterno. Così come
si dovrà reagire come fossimo una sola realtà, anche se
nell’immediatezza solo sui singoli territori, nel caso in cui ci
siano nuove aggressioni militari e accelerazioni verso uno scontro
militare generalizzato. Per agevolare tutto questo si dovranno
costituire anche strumenti unitari (siti, pagina fb, ecc).
Più di un intervento ha
sottolineato la necessità di tenere uniti i temi
dell’antimilitarismo e dell’antirazzismo con quello della
devastazione ambientale: un elemento importante di sensibilizzazione
laddove la presenza delle basi, di poligoni ed altre strutture
militari incide sulla vita diretta delle popolazioni dei territori
interessati, ma anche perché sono tra le cause di conflitti e di
emigrazione. In particolare Zanotelli ha invitato a denunciare i
danni ambientali delle guerre, legati alle armi di distruzione di
massa ed al consumo di petrolio, nonché a riprendere la campagna
contro le banche armate. Parole d’ordine come la demilitarizzazione
del Mediterraneo, la riconversione delle basi e delle industrie
belliche sono state indicate da un intervento e condivise da molti.
Il tutto va approfondito nel prossimo incontro.
Una delle attiviste
presenti ha sottolineato altresì la necessità di semplificare il
linguaggio, soffermandosi negli appelli e nelle denunce solo sui
concetti-chiave, “leggibili” dalla maggior parte della
popolazione a prescindere da loro eventuali pregiudizi
sull’appartenenza politica.
Alcuni interventi hanno
posto all’attenzione, come terreno di confronto e di mobilitazione,
la vicenda ucraina, quella curda (il 1o novembre si
manifesterà per Rojava in tutto il mondo) e la questione
palestinese. Il compagno palestinese, nel tracciare l’attuale
drammatica situazione, ha proposto di lanciare una manifestazione
nazionale nell’anniversario della prima intifada. Guardando, però,
a quanto sia stato faticoso costruire una mobilitazione nazionale
nell’estate 2014, tanto da arrivare in ritardo nonostante si
fosse in pieno bombardamento sulla striscia di Gaza, più di un
compagno ha invitato a fare una verifica di fattibilità presso le
realtà di movimento e la stessa comunità palestinese.
Infine, per quanto
riguarda la possibilità di costruire una rete anche con gli
attivisti antimilitaristi di altri paesi, la compagna tedesca
suggeriva di cominciare a prendere contatti per provare a lanciare un
appuntamento per maggio-giugno del prossimo anno, in prospettiva di
un’iniziativa europea congiunta, da tenersi contemporaneamente in
tutti i territori militarizzati, che potrebbe essere organizzata per
il 21 settembre, giornata internazionale per il disarmo.
Sempre guardando in
avanti, in un altro intervento si proponeva di lanciare una
manifestazione antimilitarista in occasione del 2 giugno.
L’assemblea si è
conclusa con l’impegno delle singole realtà presenti a rafforzare
e rilanciare, sia attraverso i propri strumenti (pag Fb, siti, ecc.)
che con iniziative sui propri territori, le iniziative contro Trident
e la NATO che si terranno da qui al prossimo incontro, a cominciare
da:
31 ottobre Manifestazione
a Marsala
3 novembre Manifestazione
a Capo Teulada
26 novembre iniziative
contro il summit della NATO a Firenze
Infine, ci si è impegnati
a fare il massimo sforzo per coinvolgere in questo percorso realtà e
singoli individui non presenti a questo primo incontro.
Napoli 25 ottobre 2015
I partecipanti
all’assemblea NO Trident
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