Redazione Contropiano
Veniamo da lontano e andiamo lontan, dicevano una volta
quelli del Pci. E in effetti ci sono ancora nostalgici del
"partitone" convinti che ci sia un legame almeno
"culturale" tra la vecchia casa di Togliatti-ecc e il guscio vuoto
scalto dal duo massonico Renzi-Verdini. Specie nell'"Emilia rossa",
dicono. E nel cuore più rosso dell'Emilia, nel cuore di quello che fu il
"triangolo delle Bermude" per i fascisti anche molto tempo dopo la
fine della guerra, il vecchio carrozzone che portava soldi al Pci - la Coop
fino a due anni fa presieduta da Poletti - ha deciso di far vedere che le
radici sono cambiate
. Ma ci sono. Peccato che siano quelle del fascismo italico, con grave scorno dei clienti dell'ipermercato di Reggio Emilia (ramo Nord-Est della holding). Negli espositori che accolgono i clienti, proprio all'ingresso, insieme a tanti calendari 2016 diversi - la fine dell'anno si avvicina, i gusti del pubblico sono differenziati - fa pessima mostra di sé il "calendario del duce". Le prime proteste, scritte, non si sono fatte attendere: «In barba a tutti i principi fondatori della Coop! Come socio, sono disgustato!», scrive il povero Milo Rozzi, evidentemente memore della storia anche politica di quella che ora è solo una multinazionale della distribuzione e tra i peggiori esempi di sfruttamento della manodopera (non deve essere per un caso che l'ex presidente è diventato ministro del lavoro e dunque padre del Jobs Act).
Una mancanza di tatto troppo grossa, specie nella città dei Fratelli
Cervi e della rivolta del 1960. E infatti nel pomeriggio il duce era stato
rimosso dal suo trono di latta. Ma non si tratta di un "disguido"
imputabile a qualche "giovane dirigente dell'ufficio commerciale". A
oltre cento chilometri di distanza, a Firenze - altra città medaglia d'oro al
valore militare nella Resistenza antifascista - identica scensa, con qualche
piccola ma più grave differenza. Questa mattina, infatti, i soci e gli utenti
della Coop di piazza Leopoldo a Firenze hanno avuto la sgradita sorpresa di
vedere un’associazione neofascista all’interno della struttura commerciale, con
tanto di cartellone, tavolo informativo e volantinaggio. La campagna, promossa
da un sedicente Progetto Firenze Dinamo, sostiene di voler
aiutare i fiorentini ed il popolo italiano, ovviamente senza “alcuna finalità
discriminatoria” ma solo per “un profondo senso di giustizia”. Q volantinano un
etsto in cui si annunciano iniziative che studiano “la protezione del
patrimonio artistico italiano nella Repubblica Sociale Italiana” e si
denunciano le “infamie” scritte dall’Unità nell’immediato secondo
dopoguerra. Alcuni clienti antifascisti meditano per un attimo di far parlare
le mani, ma vince il cosiddetto "senso della responsabilità" e prende
carta e penna per denunciare la presenza dei fascisti autorizzati dalla
direzione della Coop. La quale, tempestata di telefonate, pensa bene di
ammutolire il centralino. Le radici sono riconosciute, insomma, ma ancora non
hanno il coraggio di rivendicarle...
. Ma ci sono. Peccato che siano quelle del fascismo italico, con grave scorno dei clienti dell'ipermercato di Reggio Emilia (ramo Nord-Est della holding). Negli espositori che accolgono i clienti, proprio all'ingresso, insieme a tanti calendari 2016 diversi - la fine dell'anno si avvicina, i gusti del pubblico sono differenziati - fa pessima mostra di sé il "calendario del duce". Le prime proteste, scritte, non si sono fatte attendere: «In barba a tutti i principi fondatori della Coop! Come socio, sono disgustato!», scrive il povero Milo Rozzi, evidentemente memore della storia anche politica di quella che ora è solo una multinazionale della distribuzione e tra i peggiori esempi di sfruttamento della manodopera (non deve essere per un caso che l'ex presidente è diventato ministro del lavoro e dunque padre del Jobs Act).
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