La sorpresa che nasce per
una crisi capitalistica, anche quando è scatenata da un virus, può
essere comprensibile per i membri falsi e ipocriti della borghesia e
i suoi ideologi, non per i proletari che nelle crisi ci vivono, né
per i comunisti che le crisi le devono “prevedere”, perché le
crisi da sovrapproduzione sono una specificità ricorrente del Modo
di produzione capitalistico, anzi più che periodiche possiamo dire
che queste crisi sono diventate permanenti.
Non vogliamo certo
sottovalutare gli effetti che questa pandemia avrà sulle masse di
tutto il mondo e che dovremo tenere in grande conto, ma non siamo
d’accordo nel definire l’attuale pandemia da coronavirus e il suo
impatto sull’economia uno shock esogeno, come dicono i
compagni di Cuneo Rosso in un loro scritto, che però attenuano
questa definizione in questi termini: “…anche se tale
aggettivo è corretto solo se utilizzato in senso stretto, cioè
prescindendo da tutte le devastazioni che il modo di produzione
capitalistico ha inferto all’ambiente naturale, nel senso più
ampio del termine e che, negli ultimi decenni, si sono estese e
approfondite con una progressione esponenziale.” Naturalmente
dell’“ambiente naturale” fanno parte anche gli esseri umani,
ma, i compagni sanno bene che proprio da tutto questo non si può
prescindere perché così è il capitalismo, "viene
al
mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro" dice Marx, e non ha mai smesso e non potrà smettere finché vive, aggiungiamo noi.
mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro" dice Marx, e non ha mai smesso e non potrà smettere finché vive, aggiungiamo noi.
Semmai, nella forma che
questo specifico momento storico ha assunto oggi, il “cigno nero”
sarebbe il fattore scatenante: “…il coronavirus – aggiungono
infatti i compagni - ha svolto la funzione di detonatore di
contraddizioni e problemi che l’economia capitalistica porta in
grembo da tempo…” e individuano la radice di questo nella
crescente difficoltà di valorizzazione del capitale.
Ciò significa che
l’ammontare di profitti fatti dai capitalisti estorcendo plusvalore
alla classe operaia di tutto il pianeta, nonostante la crisi
permanente, sono impressionanti: l’insieme della classe borghese
possiede “liquidità” cioè soldi in contanti, tra depositi in
banca e possesso di azioni, obbligazioni e titoli di ogni ordine e
tipo per migliaia di miliardi di dollari, solo per fare un
esempio Blackstone e Carlyle, due fondi che
gestiscono i soldi dei padroni, “fanno ingresso nel 2020 –
riferisce un articolo online - con una montagna di liquidità
inutilizzata. Si tratta, secondo i dati di Preqin, di circa
1.500 miliardi di dollari. Una cifra record…” questi soldi,
perché continuino a fare profitti, non possono stare fermi,
devono essere investiti, e infatti girano il mondo, ma i settori in
cui “investire con profitto”, da quelli dell’“economia reale”
a quelli della finanza, sono sempre meno e la concorrenza è
spietata e senza confini, come il coronavirus.
“La crescente
concorrenza dei borghesi fra di loro e le crisi commerciali che ne
derivano rendono sempre più oscillante il salario degli operai;
l'incessante e sempre più rapido sviluppo del perfezionamento delle
macchine rende sempre più incerto il complesso della loro
esistenza…” dicevano già Marx ed Engels nel Manifesto, e
continuano dicendo che lo scontro assume: “sempre più il
carattere di collisioni di due classi.” Qui possiamo dire che
una delle due classi, quella del proletariato, non fa in questo
momento fino in fondo la propria parte nello scontro necessario
nell’attuale crisi mondiale… e i suoi salari restano bassissimi e
le sue condizioni peggiorano. Il proletariato non ha approfittato,
fino a questo momento, insomma delle condizioni create dalla crisi
permanente che viene raccontata anche quotidianamente da molti
economisti borghesi.
Anche i compagni di Cuneo
Rosso si dilungano nell’analisi della crisi con molti dati e
tirando in ballo giustamente la guerra del petrolio, la Cina e i
possibili scenari futuri su cui si potrebbe tornare in seguito.
Ma sull’analisi
vogliamo qui solo accennare al vero “canto del cigno” del
Capitale, cioè la sua dichiarazione di morte, a quello del banchiere
borghese Keynes, che dopo la Rivoluzione d’Ottobre e la “crisi
del ‘29”, ha ammesso nella sostanza che bisognava “iniettare”
soldi freschi in qualsiasi modo nel sistema capitalistico se si
voleva che questo continuasse a vivere. Un sistema folle che puzza di
morte, insomma. E appunto consci della putrefazione di questo
sistema, i compagni di Cuneo Rosso, fanno appello a che: “le classi
lavoratrici scendano in campo in massa, si difendano accanitamente
dall'aggressione alle loro condizioni di vita e di lavoro, e alla
fine presentino loro il conto storico e definitivo...”
Ecco, la rivoluzione, questa sì, sarebbe il “cigno nero” per la
borghesia!
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