sabato 25 aprile 2020

pc 25 aprile - Ai martiri aquilani, a tutti i partigiani - Odio gli indifferenti





Non si poteva stare in casa oggi a L'Aquila, senza ricordare i 9 martiri aquilani, trucidati dagli invasori nazisti e dai vili traditori fascisti.
Uno striscione è stato appeso a Piazza D'Armi, limitrofa alla caserma Pasquali, dove furono fucilati il 23 settembre 1943.
Da lì a Piazza IX martiri ad apporre un cartello con i versi di Antonio Gramsci "Odio gli indifferenti".
Infine i fiori sulle loro lapidi e quelle di altri partigiani e partigiane.
Sia le targhe a Piazza IX martiri, sia le loro lapidi erano completamente abbandonate e "ripulite", Neanche le vecchie corone di fiori portate dal Comune c'erano più - il sindaco fascista non si smentisce, neanche con celebrazioni di facciata.
Vari altri striscioni sono stati apposti per il 25 aprile da altri antifascisti in vari punti della città.


La storia dei 9 martiri aquilani

Anteo Alleva, Pio Bartolini, Francesco Colaiuda, Fernando Della Torre, Berardino Di Mario, Bruno D'Inzillo, Carmine Mancini, Sante Marchetti, Giorgio Scimia avevano tra i 17 e i 21 anni. 


Poco dopo la liberazione di Mussolini, il 12 settembre sul Gran Sasso, i tedeschi raggiunsero L'Aquila, esigendo la registrazione di tutti i soldati in età arruolabile; questo spinse molti giovani a lasciare la città per trovare rifugio sulle montagne circostanti e, in alcuni casi, ad unirsi alle truppe partigiane locali guidate dal colonnello Gaetano D'Inzillo.

L'obiettivo era quello di raggiungere Ceppo, sul versante teramano dei Monti della Laga, dove stavano radunandosi oltre 1.600 partigiani abruzzesi che di lì a qualche giorno avrebbero dato vita alla battaglia di Bosco Martese, la prima tra tedeschi e partigiani nella storia della resistenza italiana.

La sera del 22 settembre, una quarantina di ragazzi lasciarono il quarto di Santa Maria e, armi in spalla, si diressero verso Collebrincioni. All'alba del giorno dopo vennero scoperti dalle truppe naziste guidate dal tenente Hassen che stavano facendo un rastrellamento di alcuni prigionieri riparatisi nel vicino convento di San Giuliano.
Li tradì la soffiata di un fascista aquilano, che in cambio di denaro li consegnò ai nazisti.

Scoperti, i giovani riuscirono a darsi alla fuga, ma nella sparatoria fu colpito uno di loro, Umberto Aleandri, che cadde ferito. I suoi compagni si fermarono a soccorrerlo e vennero accerchiati e disarmati. Umberto Aleandri — vestito con la divisa militare venne scambiato per un soldato e trasferito in ospedale. Gli altri 9 ragazzi invece vennero dapprima radunati in piazza a Collebrincioni e, in tarda mattinata, condotti all'Aquila in località Piazza D'Armi, presso l'attuale caserma Pasquali. Furono condannati a morte.
Intorno alle 14:30, i nove condannati furono costretti a scavare due fosse e successivamente giustiziati alla nuca da un plotone misto di fascisti e nazisti; secondo alcune testimonianze, alcuni ragazzi rimasero solamente feriti dalla fucilata e quindi sepolti vivi.
La strage fu tenuta nascosta alla popolazione. Lo stesso tenente Hassen vietò i funerali delle vittime consentendo al solo arcivescovo Carlo Confalonieri di far benedire il luogo della sepoltura. I fascisti aquilani tentarono di minimizzare l'evento facendo credere che i nove fossero stati semplicemente fatti prigionieri e deportati. Le salme furono rivenute solamente il 14 giugno 1944, il giorno dopo la liberazione della città e ricomposte nel cortile della scuola elementare Edmondo De Amicis. I funerali si tennero il 18 giugno 1944.

Alla memoria dell'eccidio è intitolata l'omonima piazza nel centro storico dell'Aquila (precedentemente chiamata "Piazza 28 ottobre"). Su un lato della piazza è posta la targa commemorativa con i nomi delle vittime. Un grande sacrario è collocato all'interno del cimitero monumentale ed una lapide è posta nel cortile della caserma Pasquali, il luogo della strage.

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