mercoledì 22 aprile 2020

pc 22 aprile - LENIN: CAPO DEL PROLETARIATO E DELLE MASSE

Lenin: "Il marxismo e l'insurrezione" Dalla Lettera al Comitato Centrale del POSDR - Scritta il 13-14 (26-27) settembre 1917

"Per riuscire, l'insurrezione deve fondarsi non su di un complotto, non su di un partito, ma sulla classe d'avanguardia. Questo in primo luogo. L'insurrezione deve fondarsi sullo slancio rivoluzionario del popolo. Questo in secondo luogo. L'insurrezione deve saper cogliere quel punto critico nella storia della rivoluzione in ascesa che è il momento in cui l'attività delle schiere più avanzate del popolo è massima e più forti sono le esitazioni nelle file dei nemici e nelle file degli amici deboli, equivoci e indecisi della rivoluzione. Questo in terzo luogo. Ecco le tre condizioni che, nell'impostazione del problema dell'insurrezione, distinguono il marxismo dal blanquismo. 
Ma una volta che queste condizioni esistono, rifiutarsi di considerare l'insurrezione come un'arte significa tradire il marxismo e tradire la rivoluzione".

Dal discorso di Stalin di commemorazione di Lenin il 28 gennaio 1924 
Modestia
"...Si ritiene di solito che un "grand'uomo'' deve giungere in ritardo alle riunioni, affinché gli altri lo attendano col cuore in sospeso, e ne annuncino l'apparizione sussurrando: "Sst... zitti... viene!'' Questo rito non mi pareva superfluo, perché impone, ispira rispetto. Qual fu la mia delusione quando seppi che Lenin era già arrivato alla riunione prima dei delegati e che, appartato in un angolo, parlava, parlava con la più grande semplicità di cose comuni in un crocchio dei più comuni delegati alla conferenza. Non vi nascondo che questo mi sembrò, allora, in certo qual modo, una trasgressione a talune regole necessarie.
Solo in seguito compresi che questa semplicità e modestia di Lenin, questo desiderio di passare inosservato o almeno di non farsi troppo notare e non mettere in rilievo la propria superiorità, erano uno dei lati più forti di Lenin, nuovo capo di nuove masse, delle masse semplici e comuni che formano gli strati "inferiori'' più profondi del genere umano.

La forza della logica"...Una forza straordinaria di persuasione, semplicità e chiarezza di

argomentazione. Frasi brevi e accessibili a tutti, nessun artificio, nessun gesto vertiginoso, nessuna frase a effetto, impressionante - tutto ciò distingueva favorevolmente i discorsi di Lenin da quelli dei soliti oratori "parlamentari''.
Ma ciò che mi colpì allora non fu questo lato dei discorsi di Lenin, bensì la forza travolgente della logica che, sebbene un po' secca, faceva tuttavia una presa profonda sull'uditorio, lo elettrizzava gradualmente fino a impadronirsene in pieno. Ricordo che molti delegati dicevano allora: "La logica dei discorsi di Lenin è simile a tentacoli potenti, che ti afferrano nella loro stretta da tutte le parti, e da cui non ti puoi più svincolare: o ti arrendi o deciditi ad affrontare un fiasco completo''.
Credo che questa particolarità dei discorsi di Lenin fosse il punto più forte della sua arte oratoria.

Senza vanagloria"...Di solito la vittoria dà alla testa a certi capi, li rende orgogliosi e presuntuosi. In simili occasioni, essi cominciano per lo più a cantare vittoria e a dormire sugli allori. Ma Lenin non rassomigliava per nulla a simili capi. Al contrario, proprio dopo la vittoria, Lenin diventava particolarmente vigilante e avveduto. Ricordo come Lenin, allora, ammonisse insistentemente i delegati: "In primo luogo: non lasciare che la vittoria monti alla testa e non inorgoglirsene; in secondo luogo: consolidare la vittoria; terzo: debellare il nemico sconfitto ma ancora ben lungi dall'essere abbattuto''.


Attaccamento ai principi"...Nella storia del nostro partito si ebbero dei momenti nei quali l'opinione della maggioranza, o gli interessi momentanei del partito, si trovavano in conflitto cogli interessi essenziali del proletariato. In questi casi, senza esitare, Lenin si schierava decisamente dalla parte dei principi, contro la maggioranza del partito. Meglio ancora, egli non temeva in quei casi di mettersi, letteralmente solo, contro tutti, tenendo conto, - come diceva spesso, - che "la politica dei principi è l'unica politica giusta''.

Fiducia nelle masse"I teorici e i capi del partito, che conoscono la storia dei popoli, che hanno studiato la storia delle rivoluzioni dal principio alla fine, sono talvolta colpiti da una malattia indecente. Questa malattia si chiama paura delle masse, sfiducia nelle capacità creative delle masse. Su questo terreno sorge talvolta un certo aristocraticismo dei capi nei riguardi delle masse che non conoscono la storia delle rivoluzioni, ma sono chiamate a spezzare ciò che è vecchio e a creare il nuovo. La paura che gli elementi possano scatenarsi, che le masse possano "distruggere più del necessario'', il desiderio di far la parte di una governante che cerca di dare alle masse un'istruzione libresca, ma non vuole imparare dalle masse: ecco il fondo di questo aristocraticismo.

Lenin era tutto l'opposto di questi capi. Non conosco un altro rivoluzionario che abbia creduto profondamente come Lenin nelle forze creative del proletariato e nella giustezza rivoluzionaria del suo istinto di classe. Non conosco un altro rivoluzionario che abbia saputo come Lenin flagellare in modo così spietato i critici presuntuosi del "caos della rivoluzione'' e del "baccanale dell'azione spontanea delle masse''. Ricordo che, durante un colloquio, in risposta all'osservazione di un compagno che diceva che "dopo la rivoluzione si dovrà instaurare l'ordine normale'', Lenin rispose sarcasticamente: "è una disgrazia che degli uomini i quali pretendono di essere dei rivoluzionari dimentichino che l'ordine più normale della storia è l'ordine della rivoluzione..."

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