In 41 bis non c'è il problema del distanziamento sociale, di quello ce n'è sin troppo, ma il blocco dei colloqui con i familiari ha investito anche il 41 bis. Mentre per i detenuti comuni, in seguito alle rivolte, è stato riconosciuto loro il diritto di sostituire i colloqui visivi con quelli via skype, in 41 bis niente. Per questo i detenuti in 41 nel carcere di Opera stanno mettendo in atto da inizio aprile una protesta tramite battitura sulle inferriate, un'ora al mattino, tutti i giorni, per ottenere il colloquio via Skype. Appoggiamo questa protesta e ci auguriamo si estenda. SRP
Milano. Nella Casa di Reclusione di Opera da alcune settimane è in corso di svolgimento la rumorosa protesta di cinquanta detenuti sottoposti al regime del 41 bis inscenata per il rifiuto della Direzione di accordare loro l’autorizzazione a effettuare un colloquio con la videochiamata attraverso Skyper della durata di un’ora con i propri congiunti. La richiesta dei detenuti è stata avanzata a seguito della decisione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di non consentire i colloqui visivi tra i detenuti e familiari al fine di scongiurare il pericolo che dall’esterno potessero portare il coronavirus e contagiare i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria. La decisione di evitare i colloqui tra
detenuti e familiari ha provocato delle violente proteste in molti istituti di pena della penisola e in alcuni anche delle vere e proprie rivolte sfociate con gravi danneggiamenti alle celle di alcune sezioni e di alcune strutture come le mense. I detenuti partecipanti alle rivolte sono stati poi trasferiti in altri istituti di pena e la situazione è ritornata ad un’apparente normalità anche per la concessione fatta ai reclusi comuni di poter sostituire i colloqui visivi con quelli delle videochiamate via Skyper. Ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis questa misura alternativa dei colloqui con i congiunti è stata, però, negata nonostante fosse prevista dal DPCM dell’8 marzo. Nella Casa di Reclusione di Opera, prima che scoppiasse l’epidemia del Covid-19, i detenuti sottoposti al regime del 41 bis avevano a disposizione due modalità di colloquio con i congiunti: o quella visiva con l’ingresso in carcere della moglie o della madre o del familiare autorizzato a fare il colloquio oppure di effettuare una telefonata della durata di dieci minuti con la famiglia. Sia i colloqui che le telefonate erano consentiti una volta al mese. Poi, dopo le rivolte, per i detenuti comuni i colloqui visivi sono stati sostituiti con le videochiamate attraverso Skyper, mentre per i detenuti del 41 bis è rimasta in vigore soltanto la telefonata di dieci minuti al mese. Per questa disparità di trattamento, i 50 detenuti del carcere di Opera dall’inizio del mese di aprile, ad un’ora del mattino, cominciano a battere contro le inferriate delle celle e delle finestre per “persuadere” il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di consentire anche a loro la possibilità di intrattenere i colloqui con i propri cari con la videochiamata mediante il sistema Skyper. Quella dei detenuti della Casa di Reclusione di Opera, ove è ristretto anche il siracusano Giuseppe Guarino (nella foto a destra), è una richiesta legittima dal momento che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non fa alcuna differenza tra detenuti comuni e detenuti sottoposti al regime del 41 bis. Il difensore di Giuseppe Guarino, avvocato Eugenio Rogliani, da quando è iniziata la chiassosa protesta dei 50 detenuti sottoposti al 41 bis, ha presentato delle istanze al Magistrato di Sorveglianza e ha scritto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per far sì che venga accolta la richiesta della videochiamata e permettere in tal modo ai detenuti sottoposti al regime del carcere duro di poter parlare per un’ora al mese con i propri cari.
detenuti e familiari ha provocato delle violente proteste in molti istituti di pena della penisola e in alcuni anche delle vere e proprie rivolte sfociate con gravi danneggiamenti alle celle di alcune sezioni e di alcune strutture come le mense. I detenuti partecipanti alle rivolte sono stati poi trasferiti in altri istituti di pena e la situazione è ritornata ad un’apparente normalità anche per la concessione fatta ai reclusi comuni di poter sostituire i colloqui visivi con quelli delle videochiamate via Skyper. Ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis questa misura alternativa dei colloqui con i congiunti è stata, però, negata nonostante fosse prevista dal DPCM dell’8 marzo. Nella Casa di Reclusione di Opera, prima che scoppiasse l’epidemia del Covid-19, i detenuti sottoposti al regime del 41 bis avevano a disposizione due modalità di colloquio con i congiunti: o quella visiva con l’ingresso in carcere della moglie o della madre o del familiare autorizzato a fare il colloquio oppure di effettuare una telefonata della durata di dieci minuti con la famiglia. Sia i colloqui che le telefonate erano consentiti una volta al mese. Poi, dopo le rivolte, per i detenuti comuni i colloqui visivi sono stati sostituiti con le videochiamate attraverso Skyper, mentre per i detenuti del 41 bis è rimasta in vigore soltanto la telefonata di dieci minuti al mese. Per questa disparità di trattamento, i 50 detenuti del carcere di Opera dall’inizio del mese di aprile, ad un’ora del mattino, cominciano a battere contro le inferriate delle celle e delle finestre per “persuadere” il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di consentire anche a loro la possibilità di intrattenere i colloqui con i propri cari con la videochiamata mediante il sistema Skyper. Quella dei detenuti della Casa di Reclusione di Opera, ove è ristretto anche il siracusano Giuseppe Guarino (nella foto a destra), è una richiesta legittima dal momento che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non fa alcuna differenza tra detenuti comuni e detenuti sottoposti al regime del 41 bis. Il difensore di Giuseppe Guarino, avvocato Eugenio Rogliani, da quando è iniziata la chiassosa protesta dei 50 detenuti sottoposti al 41 bis, ha presentato delle istanze al Magistrato di Sorveglianza e ha scritto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per far sì che venga accolta la richiesta della videochiamata e permettere in tal modo ai detenuti sottoposti al regime del carcere duro di poter parlare per un’ora al mese con i propri cari.
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