martedì 21 aprile 2020

pc 21 aprile - Il carcere è una polveriera dura da spegnere: a Opera 50 detenuti in regime di 41 bis battono le inferriate per il colloquio via Skype

In 41 bis non c'è il problema del distanziamento sociale, di quello ce n'è sin troppo, ma il blocco dei colloqui con i familiari ha investito anche il 41 bis. Mentre per i detenuti comuni, in seguito alle rivolte, è stato riconosciuto loro il diritto di sostituire i colloqui visivi con quelli via skype, in 41 bis niente. Per questo i detenuti in 41 nel carcere di Opera stanno mettendo in atto da inizio aprile una protesta tramite battitura sulle inferriate, un'ora al mattino, tutti i giorni, per ottenere il colloquio via Skype. Appoggiamo questa protesta e ci auguriamo si estenda. SRP


Milano. Nella Casa di Reclusione di Opera da alcune settimane è in corso di svolgimento la rumorosa protesta di cinquanta detenuti sottoposti al regime del 41 bis inscenata per il rifiuto della Direzione di accordare loro l’autorizzazione a effettuare un colloquio con la videochiamata attraverso Skyper della durata di un’ora con i propri congiunti. La richiesta dei detenuti è stata avanzata a seguito della decisione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di non consentire i colloqui visivi tra i detenuti e familiari al fine di scongiurare il pericolo che dall’esterno potessero portare il coronavirus e contagiare i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria. La decisione di evitare i colloqui tra
detenuti e familiari ha provocato delle violente proteste in molti istituti di pena della penisola e in alcuni anche delle vere e proprie rivolte sfociate con gravi danneggiamenti alle celle di alcune sezioni e di alcune strutture come le mense. I detenuti partecipanti alle rivolte sono stati poi trasferiti in altri istituti di pena e la situazione è ritornata ad un’apparente normalità anche per la concessione fatta ai reclusi comuni di poter sostituire i colloqui visivi con quelli delle videochiamate via Skyper. Ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis questa misura alternativa dei colloqui con i congiunti è stata, però, negata nonostante fosse prevista dal DPCM dell’8 marzo. Nella Casa di Reclusione di Opera, prima che scoppiasse l’epidemia del Covid-19, i detenuti sottoposti al regime del 41 bis avevano a disposizione due modalità di colloquio con i congiunti: o quella visiva con l’ingresso in carcere della moglie o della madre o del familiare autorizzato a fare il colloquio oppure di effettuare una telefonata della durata di dieci minuti con la famiglia. Sia i colloqui che le telefonate erano consentiti una volta al mese. Poi, dopo le rivolte, per i detenuti comuni i colloqui visivi sono stati sostituiti con le videochiamate attraverso Skyper, mentre per i detenuti del 41 bis è rimasta in vigore soltanto la telefonata di dieci minuti al mese. Per questa disparità di trattamento, i 50 detenuti del carcere di Opera dall’inizio del mese di aprile, ad un’ora del mattino, cominciano a battere contro le inferriate delle celle e delle finestre per “persuadere” il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di consentire anche a loro la possibilità di intrattenere i colloqui con i propri cari con la videochiamata mediante il sistema Skyper. Quella dei detenuti della Casa di Reclusione di Opera, ove è ristretto anche il siracusano Giuseppe Guarino (nella foto a destra), è una richiesta legittima dal momento che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non fa alcuna differenza tra detenuti comuni e detenuti sottoposti al regime del 41 bis. Il difensore di Giuseppe Guarino, avvocato Eugenio Rogliani, da quando è iniziata la chiassosa protesta dei 50 detenuti sottoposti al 41 bis, ha presentato delle istanze al Magistrato di Sorveglianza e ha scritto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per far sì che venga accolta la richiesta della videochiamata e permettere in tal modo ai detenuti sottoposti al regime del carcere duro di poter parlare per un’ora al mese con i propri cari.

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