La manifestazione in piazza Plebiscito |
Da Il manifesto - Adriana Pollice
Erano in 15 ieri mattina davanti la prefettura di Napoli, in piazza del Plebiscito, per un sit in di protesta: avevano mascherine e guanti, si sono sistemati rispettando le distanze di sicurezza. Al centro dell’emiciclo hanno aperto lo striscione «L’emergenza sociale non finirà. Reddito di esistenza per tutte e tutti».
Il numero scelto non è stato casuale: erano in rappresentanza di circa 1.500 famiglie disseminate tra il centro storico, Materdei, la zona della Stazione centrale, Fuorigrotta e Bagnoli rimaste fuori dalle forme di sostegno messe in campo da governo, regione e comune. «Dopo settimane in cui assorbiamo
la disperazione della gente nel porta a porta della spesa solidale, ci siamo assunti la responsabilità di rompere il divieto di manifestazione imposto dal lockdown – spiegano – perché se si può fare la fila al supermercato, se si può andare in fabbrica a lavorare, allora si possono esprimere anche i nostri diritti democratici. Serve un reddito di esistenza subito, non una misura tampone di un paio di mesi visto che la crisi sarà molto più lunga».
In piazza ieri i volontari dello Sgarrupato/Damm, dell’Ex Opg Je so’ pazzo, la Brigata solidale Vincenzo Leone e l’Area Flegrea solidale in rappresentanza anche di altre realtà. Da quando è iniziata la pandemia, prima persino delle misure degli enti pubblici, stanno distribuendo generi alimentari. Raccolgono fondi con la solidarietà dal basso. Sgarrupato/Damm, ad esempio, impiega 3mila euro a settimana per sostenere 350 famiglie più un centinaio di persone meno assidue. Il cibo lo prendono dai grossisti e da reti contadine che hanno scelto di dare una mano. «Possiamo tenere qualche altra settimana ma la crisi sarà molto più lunga» spiegano.
Il comune di Napoli ha dato un bonus spesa a 15.517 nuclei familiari, pacchi alimentari sono stati consegnati a poco più di mille famiglie, altre mille persone segnalate dai servizi sociali avranno il pacco, ma l’area del disagio è molto più ampia. A Vico lungo Teatro Nuovo vive una famiglia sostenuta dai volontari: sono in nove in un basso di due stanze. I due bambini piccoli fanno lezione a distanza a giorni alterni perché internet prende in un solo punto, all’ingresso del basso. Il nonno ha la demenza senile. Il Reddito di cittadinanza è stato sospeso per accertamenti. Poi c’è un’altra famiglia con un figlio, lei aveva accettato un Rdc di 40 euro al mese perché sperava che l’Anpal le trovasse un lavoro: l’impiego non è mai arrivato ma in compenso non può avere il buono spesa.
Ci sono quelli che avevano un impiego grigio, contratti da 2, 8, 10 ore a settimana che in realtà nascondono un full time: non hanno ancora avuto la cassa integrazione, quando arriverà sarà di poche centinaia di euro ma, a causa della cig, non accedono al bonus spesa. È il caso di un uomo che vive ai Quartieri spagnoli: dipendente di in un’azienda edilizia emiliana, ogni 6 mesi va su a lavorare, ha un contratto da 10 ore che nasconde un tempo pieno. Il datore di lavoro non gli risponde più a telefono, la cig non è arrivata, non sa come sfamare moglie e figlio.
Non solo l’estensione del reddito di cittadinanza per i non garantiti, è necessario anche un intervento sugli affitti: «Alla pandemia sanitaria seguirà una pandemia di sfratti se non si introdurrà un nuovo equo canone – spiegano -. Finora nemmeno la sospensione delle bollette è stata attuata»
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