martedì 21 aprile 2020

pc 21 aprile - CONTRASTO CAPITALE/NATURA - FUNZIONE DEL PROLETARIATO

Tutta la questione del coronavirus, delle pandemie sta mettendo il luce il vero "virus" dell'umanità: il sistema del capitale. Su questo è necessario che per primi i proletari ne prendano conoscenza e coscienza, perchè è il proletariato - come dice questo testo - che "come "becchino" del capitale apre la strada a una realizzabile "riconciliazione" dell'uomo con la natura". E quindi alla vera fine delle pandemie prodotte dal modo di produzione capitalista. 
Su questo - cominciando da oggi - pubblichiamo alcuni contributi 
Tratto da un lavoro universitario di un compagno 
"Una lettura non materialistico storico dialettica del rapporto uomo/natura, che mette l'accento sulla natura, non solo non colloca questo rapporto nel sistema capitalista, precludendosi una analisi reale, per cui vede gli effetti ma non la causa, vede l'albero ma non la foresta, non il sistema del capitale che impone per il suo profitto quella
organizzazione, produzione del lavoro, ecc.; ma più in generale esprime una visione statica, immobile di questo rapporto, perchè ne nega la dinamicità e la dialettica.
E andando al cuore di questa visione, essa nega l'uomo storico, l'umanità reale, per affermare l'idea di "Uomo" (mai apparso nella storia reale), l'idea di una presunta immutabile natura umana, l'uomo astratto.

A questa visione, si oppone l'uomo concreto, che è il reale attore della storia nell'usare a suo vantaggio lo sviluppo delle forze produttive e della tecnica portata avanti dal capitalismo; che volge alla propria liberazione i limiti irrisolvibili in cui il capitale ha portato le sue stesse contraddizioni. Il limite del capitale, riaffermiamolo, è il capitale stesso ed è quindi questo che va "negato".
Questo "uomo" è il proletariato, la classe operaia.
Il proletariato è frutto e nodo centrale della contraddizione del sistema del capitale tra massimo sviluppo delle forze produttive, potremmo dire massima potenzialità di un uso "umano" della natura, e loro massimo uso distruttivo, strette come sono nel loro utilizzo, capitalistico, "contro-natura" e "contro umano" potremmo dire, al solo fine del massimo profitto.
Il proletariato come "becchino" del capitale apre la strada a una realizzabile "riconciliazione" dell'uomo con la natura.

Chi nega il proletariato, la sua funzione storica, nega questa "riconciliazione" e contrasta l'unica forza che può volgere a favore dello sviluppo dell'umanità la contraddizione "distruttiva" a cui è giunto il sistema del capitale.

Cercando di esprimere il concetto con maggior efficacia si potrebbe sottolineare come la massima appropriazione della natura da parte dell'uomo, raggiunta grazie alla grande industria nel sistema capitalistico, capace di porre al servizio della produzione le leggi e la scienza della natura, il punto più elevato, quindi, nel quale la natura è umanizzata e l'uomo è naturalizzato, sia, allo stesso tempo e proprio per ciò, il momento in cui il rapporto di oggettivazione umana per mezzo del lavoro raggiunge il massimo grado di estraneazione, rendendo netta come non mai la separazione tra i due poli, pur nel loro collegamento inscindibile. In tale orizzonte l'uomo viene separato dalla natura proprio per assicurare la più profonda appropriazione della stessa al lavoro sociale determinato dal capitale.

Le macchine e il sistema della grande industria risultano incarnare dialetticamente il punto di maggiore sviluppo del capitale e il punto di maggiore messa in crisi dello stesso; il punto nel quale esso spinge all'estremo se stesso proprio nell'ineliminabile scontro con i suoi propri invalicabili (per il capitale che ne è l'incarnazione) limiti.
Solo superando il capitale stesso, è possibile realizzare le potenzialità rese storicamente reali dal capitale".

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