mercoledì 22 aprile 2020

pc 22 aprile - 150° di Lenin: la transizione dal capitalismo al comunismo e la necessità della dittatura rivoluzionaria del proletariato

La società capitalistica, considerata nelle sue condizioni di sviluppo più favorevoli, ci offre nella repubblica democratica una democrazia più o meno completa. Ma questa democrazia è sempre limitata nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico, e rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole classi possidenti, per i soli ricchi. La libertà, nella società capitalistica, rimane sempre più o meno quella che fu nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari di schiavi. Gli odierni schiavi salariati. in conseguenza dello sfruttamento capitalistico, sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che "hanno altro pel capo che la democrazia", "che la politica", sicchè, nel corso ordinario e pacifico degli avvenimenti, la maggioranza della popolazione si trova tagliata fuori dalla vita politica e sociale.
L'esattezza di questa affermazione è confermata. forse con la maggiore
evidenza, dall'esempio della Germania, perchè è proprio in questo paese che la legalità costituzionale si mantenne, per quasi mezzo secolo (1871-1914), con una costanza e una durata sorprendenti. e durante questo periodo la socialdemocrazia seppe, molto più che negli altri paesi, "usufruire della legalità" e organizzare in un partito politico una parte di operai molto più grande che in qualsiasi altro paese del mondo.
Quale è dunque questa parte - la più elevata fra quelle che si osservano nella società capitalistica - degli schiavi salariati politicamente coscienti e attivi? Un milione di membri del partito socialdemocratico su 15 milioni di operai salariati! Tre milioni di operai organizzati nei sindacati su 15 milioni di operai!
Democrazia per un'infima minoranza, democrazia per i ricchi: questo è il sistema democratico della società capitalistica. Se osserviamo più da vicino il meccanismo della democrazia capitalistica, si vedranno sempre dovunque - sia nei "piccoli" (i pretesi piccoli) particolari della legislazione elettorale (durata della residenza, esclusione delle donne, ecc.), sia nel funzionamento delle istituzioni rappresentative, sia negli ostacoli di fatto al diritto di riunione (gli edifici pubblici non sono per i "poveri"!), sia nell'organizzazione puramente capitalistica della stampa quotidiana, ecc. - si vedranno restrizioni su restrizioni al sistema democratico. Queste restrizioni, eliminazioni, esclusioni, intralci per i poveri sembrano piccoli soprattutto a coloro che non hanno mai conosciuto il bisogno e non hanno mai avvicinato le classi oppresse né la vita delle masse che le costituiscono (e sono i nove decimi, se non i novantanove centesimi dei pubblicisti e degli uomini politici borghesi), ma, sommate, queste restrizioni escludono i poveri dalla politica e dalla partecipazione attiva alla democrazia.
Marx afferrò perfettamente questa caratteristica essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi dell'esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!
Ma l'evoluzione da questa democrazia capitalistica - inevitabilmente ristretta, che respinge in modo dissimulato i poveri, e quindi profondamente ipocrita e bugiarda - "a una democrazia sempre più perfetta", non avviene così semplicemente, direttamente e senza scosse come immaginano i professori liberali e gli opportunisti piccolo-borghesi. No. Lo sviluppo progressivo, cioè l'evoluzione verso il comunismo, avviene passando per la dittatura del proletariato e non può avvenire altrimenti, poichè non v'è nessun'altra classe e nessun altro mezzo che possa spezzare la resistenza dei capitalisti sfruttatori.
Ora, la dittatura del proletariato, vale a dire l'organizzazione dell'avanguardia degli oppressi in classe dominante per reprimere gli oppressori, non può limitarsi a un puro e semplice allargamento della democrazia. Insieme a un grandissimo allargamento della democrazia, divenuta per la prima volta una democrazia per i poveri, per il popolo, e non una democrazia per i ricchi, la dittatura del proletariato apporta una serie di restrizioni alla libertà degli oppressori, degli sfruttatori, dei capitalisti. Costoro noi li dobbiamo reprimere, per liberare l'umanità dalla schiavitù salariata; si deve spezzare con la forza la loro resistenza; ed è chiaro che dove c'è repressione, dove c'è violenza, non c'è libertà, non c'è democrazia.
Engels lo ha espresso in modo mirabile nella sua lettera a Bebel scrivendo, come il lettore ricorda, che "finchè il proletariato ha ancora bisogno dello Stato, ne ha bisogno non nell'interesse della libertà, ma nell'interesse dell'assoggettamento dei suoi avversari, e quando diventa possibile parlare di libertà, allora lo Stato come tale cessa di esistere".
Democrazia per l'immensa maggioranza del popolo e repressione con la forza, vale a dire esclusione dalla democrazia, per gli sfruttatori, gli oppressori del popolo: tale è la trasformazione che subisce la democrazia nella transizione dal capitalismo al comunismo.
Soltanto nella società comunista, quando la resistenza dei capitalisti è definitivamente spezzata, quando i capitalisti sono scomparsi e non esistono più classi (non v'è cioè più distinzione fra i membri della società secondo i loro rapporti coi mezzi sociali di produzione), soltanto allora "lo Stato cessa di esistere e diventa possibile parlare di libertà". Soltanto allora diventa possibile e si attua una democrazia realmente completa, realmente senza alcuna eccezione. Soltanto allora la democrazia comincia a estinguersi, per la semplice ragione che, liberati dalla schiavitù capitalistica, dagli innumerevoli orrori, barbarie, assurdità, ignominie dello sfruttamento capitalistico, gli uomini si abituano a poco a poco a osservare le regole elementari della convivenza sociale, da tutti conosciute da secoli, ripetute da millenni in tutti i comandamenti, a osservarle senza violenza, senza costrizione, senza sottomissione, senza quello speciale apparato di costrizione che si chiama Stato.
L'espressione: "lo Stato si estingue" è molto felice in quanto esprime al tempo stesso la gradualità del processo e la sua spontaneità. Soltanto l'abitudine può produrre un tale effetto, e senza dubbio lo produrrà, poichè noi osserviamo attorno a noi milioni di volte con quale facilità gli uomini si abituano a osservare le regole per loro indispensabili della convivenza sociale, quando non vi è sfruttamento e quando nulla provoca l'indignazione, la protesta, la rivolta e rende necessaria la repressione.
La società capitalistica non ci offre dunque che una democrazia tronca, miserabile, falsificata, una democrazia per i soli ricchi, per la sola minoranza. La dittatura del proletariato, periodo di transizione verso il comunismo, istituirà per la prima volta una democrazia per il popolo, per la maggioranza, accanto alla repressione necessaria della minoranza, degli sfruttatori. Solo il comunismo è in grado di dare una democrazia realmente completa; e quanto più sarà completa, tanto più rapidamente diventerà superflua e si estinguerà da sé.
In altri termini: noi abbiamo, nel regime capitalistico, lo Stato nel vero senso della parola, una macchina speciale per la repressione di una classe da parte di un'altra e per di più della maggioranza da parte della minoranza. Si comprende come per realizzare un simile compito - la sistematica repressione della maggioranza degli sfruttati da parte di una minoranza di sfruttatori - siano necessarie una crudeltà e una ferocia di repressione estreme: fiumi di sangue attraverso cui l'umanità prosegue il suo cammino, sotto il regime della schiavitù, della servitù della gleba e del lavoro salariato.
In seguito, nel periodo di transizione dal capitalismo al comunismo, la repressione è ancora necessaria, ma è già esercitata da una maggioranza di sfruttati contro una minoranza di sfruttatori. Lo speciale apparato, la macchina speciale di repressione, lo "Stato", è ancora necessario, ma è già uno Stato transitorio, non più lo Stato propriamente detto, perchè la repressione di una minoranza di sfruttatori da parte della maggioranza degli schiavi salariati di ieri è cosa relativamente così facile, semplice e naturale, che costerà molto meno sangue di quello che è costata la repressione delle rivolte di schiavi, di servi e di operai salariati, costerà molto meno caro all'umanità. Ed essa è compatibile con una democrazia che abbraccia una maggioranza della popolazione così grande che comincia a scomparire il bisogno di una macchina speciale di repressione. Gli sfruttatori non sono naturalmente in grado di reprimere il popolo senza una macchina molto complicata destinata a questo compito; il popolo, invece, può reprimere gli sfruttatori anche con una "macchina" molto semplice, quasi senza "macchina", senza apparato speciale, mediante la semplice organizzazione delle masse in armi (come - diremo anticipando - i Soviet dei deputati operai e soldati).
Infine, solo il comunismo rende lo Stato completamente superfluo, perchè non c'è da reprimere nessuno, "nessuno" nel senso di classe, nel senso di lotta sistematica contro una parte determinata della popolazione. Noi non siamo utopisti e non escludiamo affatto che siano possibili e inevitabili eccessi individuali, come non escludiamo la necessità di reprimere tali eccessi. Ma anzitutto, per questo non c'è bisogno d'una macchina speciale, di uno speciale apparato di repressione; lo stesso popolo armato si incaricherà di questa faccenda con la stessa semplicità, con la stessa facilità con cui una qualsiasi folla di persone civili, anche nella società attuale, separa delle persone in rissa o non permette che venga usata la violenza contro una donna. Sappiamo inoltre che la principale causa sociale degli eccessi che costituiscono infrazioni alle regole della convivenza sociale è lo sfruttamento delle masse, la loro povertà, la loro miseria. Eliminata questa causa principale, gli eccessi cominceranno infallibilmente a "estinguersi". Non sappiamo con quale ritmo e quale gradualità, ma sappiamo che si estingueranno. E con essi si estinguerà anche lo Stato.
Marx, senza abbandonarsi all'utopia, definì più in particolare ciò che è ora possibile definire di questo avvenire, e precisamente ciò che distingue la fase (gradino, tappa) inferiore dalla fase superiore della società comunista.

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