“I salari sono così bassi che dobbiamo fare gli straordinari per coprire i nostri bisogni primari”: così si esprime una lavoratrice indiana che produce abiti per H&M. Nel report della Campagna Abiti puliti si segnala che i salari di H&M sono da fame.
tratto da Abiti puliti
I risultati di una ricerca pubblicata oggi, raccolti nel report “H&M: Le promesse non bastano, I salari restano di povertà”, rivelano come molti lavoratori e lavoratrici che producono abiti per H&M vivano sotto la soglia di povertà, nonostante le promesse dell’azienda di pagare un salario dignitoso entro il 2018 e le recenti ingannevoli dichiarazioni sui progressi raggiunti. I lavoratori intervistati guadagnano in India e Turchia un terzo e in Cambogia meno della metà della soglia stimata di salario dignitoso. In
Bulgaria, lo stipendio dei lavoratori intervistati presso un “fornitore d’oro” di H&M non arriva nemmeno al 10% di quello che necessiterebbero per avere vite dignitose.
Bulgaria, lo stipendio dei lavoratori intervistati presso un “fornitore d’oro” di H&M non arriva nemmeno al 10% di quello che necessiterebbero per avere vite dignitose.
Uno dei più grandi rivenditori al mondo, con profitti per 2,6 miliardi di dollari, ha una catena di fornitura con lavoratori costretti a ore eccessive di lavoro per pura sopravvivenza.
Straordinari per sopravvivere
“I salari sono così bassi che dobbiamo fare gli straordinari per coprire i nostri bisogni primari” ha raccontato un lavoratore di un “fornitore d’oro” di H&M in India.
Le ore di straordinari in tre delle sei fabbriche coinvolte nell’inchiesta spesso superano il limite massimo legale e lavorare di domenica è frequente in tutti e quattro i paesi in cui si è svolta la ricerca: Bulgaria, Turchia, Cambogia e India. In Bulgaria addirittura i lavoratori hanno raccontato di dover effettuare gli straordinari solo per raggiungere il salario minimo legale.
“Entri in fabbrica alle 8 di mattina, ma non sai mai quando ne uscirai. A volte torniamo a casa alle 4 del mattino seguente” ha rivelato un lavoratore della Koush Moda, “fornitore d’oro” di H&M in Bulgaria.
Svenimenti sul posto di lavoro
Scarsi salari, straordinari eccessivi e l’onere aggiuntivo del lavoro domestico portano a malnutrizione, stanchezza e svenimenti sul posto di lavoro.
Un terzo delle donne intervistate in India e due terzi in Cambogia– che lavorano nelle fabbriche classificate da H&M come “fornitori di platino” – sono svenute sul posto di lavoro. Una lavoratrice in India ha raccontato di essere stata accompagnata dai suoi compagni in ospedale per un’emorragia interna dopo che aveva colpito una macchina durante uno svenimento.
Le lavoratrici bulgare parlano degli svenimenti come di eventi quotidiani. Inoltre, una lavoratrice ha denunciato il licenziamento di una compagna dopo uno svenimento.
Il contesto della ricerca
Le interviste ai lavoratori e alle lavoratrici e la fase di analisi sono state condotte tra marzo e giugno 2018 durante la campagna “Turn Around, H&M” coordinata dalla Clean Clothes Campaign e sostenuta dall’International Labor Rights Forum e da WeMove.EU.
La campagna è stata lanciata nel maggio 2018 quando è diventato evidente che H&M non avrebbe mantenuto l’impegno di “adottare modelli retributivi tali da garantire entro il 2018 la corresponsione di salari dignitosi, un provvedimento che avrebbe interessato a quella data 850.000 lavoratori dell’abbigliamento”. Al tempo dell’annuncio le maestranze interessate fabbricavano il 60% dei prodotti del marchio, alle dipendenze di “fornitori strategici e selezionati” che l’azienda classifica come “gold” o “platinum”. Proprio tra queste sono state scelte le fabbriche in cui realizzare l’inchiesta.
Non ci si può fidare delle parole di H&M
“Sapevamo che H&M non avrebbe mantenuto il suo impegno, ma ciò che abbiamo trovato a livello di salari e di condizioni di lavoro nelle fabbriche della sua catena di fornitura è davvero scioccante. H&M deve intervenire immediatamente per porre fine allo scandalo dei salari da fame e delle violazioni dei diritti dei lavoratori” ha dichiarato Bettina Musiolek della Clean Clothes Campaign,che ha coordinato la ricerca.
“La scorsa settimana H&M ha rilasciato una dichiarazione altisonante, un chiaro tentativo di neutralizzare l’impatto dei risultati che pubblichiamo oggi e che, naturalmente, abbiamo inviato in anticipo all’azienda. Di fatto H&M sta cercando di rimuovere dalla memoria collettiva quegli 850.000 lavoratori cui doveva garantire un salario dignitoso entro il 2018. Ma noi abbiamo la memoria lunga e non lasceremo che ciò accada” ha dichiarato Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti, sezione italiana della Clean Clothes Campaign.
“È ormai del tutto evidente che non ci si può fidare delle parole di H&M. Invece di vuote chiacchiere da pubbliche relazioni, vogliamo vedere cambiamenti reali e trasparenti nelle paghe dei lavoratori. Come abbiamo già scritto ai vertici della società, devono pubblicare una road map con obiettivi di aumento salariale misurabili e a breve termine, dettagliando in che modo l’azienda intenda cambiare le sue pratiche di acquisto per essere sicura che i lavoratori ottengano un salario dignitoso” ha dichiarato Judy Gearhart, direttore esecutivo di ILRF.
I consumatori chiedono di agire
“H&M non può continuare a fingere che le cose stiano migliorando quando i lavoratori sono costretti a fare gli straordinari e ancora vivono in povertà. Questa ricerca mobiliterà migliaia di cittadini preoccupati e consumatori critici che hanno a cuore il rispetto dei diritti umani e il consumo e la produzione sostenibile” ha dichiarato Virginia Lopez di WeMove.EU.
All’interno della campagna “Turn Around, H&M! esiste una petizione per chiedere salari dignitosi e condizioni di lavoro giuste in tutta la catena di fornitura di H&M. Le firme raccolte hanno già superato quota 100mila.
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