Al
signor Di Battista e ai giornalisti italiani che ci sembrano un po’
confusi rispetto alla cosiddetta “campagna” di
allerta #dibattistafueraya e
alla sua presunta diffusione in America Latina.
Intanto
ci presentiamo: siamo un gruppo di persone, attivisti e
attiviste italiane che vivono in Messico, e tra noi alcuni fanno
riferimento al collettivo Nodo
Solidale,
altri al blog
L’America Latina.
Quando abbiamo letto il
reportage intitolato
“I nuovi zapatisti con la Coca-Cola”, uscito sul Fatto Quotidiano
il 23 settembre a firma di Alessandro Di Battista, abbiamo sentito
l’esigenza di avvisare le comunità e le resistenze con cui abbiamo
contatti politici, costruiti in anni di permanenza e lavoro sul
campo sia come attivisti sia come ricercatori, su chi
fosse costui. Si tratta infatti di un personaggio che,
approfittando della generosa ospitalità dei popoli di queste terre,
entra in incognito nelle comunità in resistenza per raccogliere
informazioni, scattare fotografie e, infine, scrivere articoli
di dubbia veridicità, fare pubblicità a se stesso e indirettamente
legittimare le politiche razziste e xenofobe dell’attuale governo
italiano, guidato da un partito di cui è
stato fondatore e di cui è tuttora un esponente molto in vista. Abbiamo deciso di avvisare le comunità perché in America Centrale hanno altro a cui pensare e non conoscono i volti e i profili politici della politica italiana.
I giornali italiani, con titoli come “Fascista vattene” o “Una
taglia sul pentastellato” hanno strumentalizzato e travisato il
nostro messaggio, tanto che sui social network siamo
stati accusati di diffondere fake
news.
Per questo motivo, prima di tutto ci sembra opportuno offrire una
traduzione corretta in italiano del testo incriminato: “Allerta! A
tutte le comunità e resistenze nuestroamericane.
Attenzione. Questo signore, Alessandro Di Battista, sta viaggiando
per il Centroamerica facendo reportage e foto sui processi di
resistenza. Si presenta come un cooperante di sinistra, ma in realtà
è un leader del M5S, partito italiano che è al governo, il quale
sostiene posizioni fasciste e razziste contro migranti africani,
asiatici e latinoamericani.”stato fondatore e di cui è tuttora un esponente molto in vista. Abbiamo deciso di avvisare le comunità perché in America Centrale hanno altro a cui pensare e non conoscono i volti e i profili politici della politica italiana.
Come
si può notare, nel testo gli attributi di “fasciste e razziste”
sono riferiti alle politiche dell’attuale governo italiano e non
alla persona di Di Battista. L’obiettivo del nostro intervento,
ripetiamo, è stato quello di comunicare alle comunità locali il
ruolo di Di Battista nella politica italiana, affinché potessero
prendere una decisione informata sul lasciarlo entrare o meno nei
propri spazi. Non vi è quindi nessuna campagna di diffamazione né
alcuna news da dichiarare fake,
dato che si fa riferimento a cose scritte dallo stesso Di Battista
sul Fatto Quotidiano. Inoltre, in nessun modo si è voluto far
credere che l’avviso fosse stato ideato e diffuso dalle comunità
locali, così come sostenuto da chi ci accusa. Se l’avviso non è
rivendicato da una firma, non è per giocare su tale ambiguità, ma
perché non siamo alla ricerca di pubblicità personale. In incognito
tra gli zapatisti
Quello
che negli anni abbiamo imparato dai popoli dell’America Latina,
come italiani, è proprio riconoscere il nostro privilegio coloniale.
Abbiamo imparato che l’unico modo di appoggiare le lotte indigene e
le resistenze di questo continente è quello di imparare ad
ascoltare, di stare in silenzio, di tradurre e riportare le parole di
questi popoli e non le nostre analisi e considerazioni spicciole,
prodotto di uno sguardo etnocentrico e colonialista. Il
solo fatto di entrare in una comunità zapatista senza presentarsi
per ciò che si è, ovvero un esponente di un partito al governo in
un altro paese, è di per sé un fatto gravissimo. Lo è ancor di più
se tale partito è alleato con una
forza dichiaratamente di estrema destra che porta avanti
politiche migratorie simili a quelle di Donald Trump negli Stati
Uniti. L’omissione sulla sua identità non può essere
considerata una sottigliezza visto che dalla sua visita al caracol di
Oventik nasce, appunto, uno scritto pubblicato a livello nazionale in
cui non mancano elementi di un paternalismo trito, come quando
dice di non spiegare agli zapatisti che lo accolgono chi
veramente sia perché “sarebbe troppo complicato
spiegarglielo”, sottintendendo che gli zapatisti non potrebbero
capire -o forse che se l’avessero saputo non l’avrebbero fatto
entrare? O elementi di pura banalità, come quando tira fuori
la polemica trita e ritrita della Coca
Cola, già ampiamente smontata dal fu Subcomandante Marcos. O
elementi di grave e pericolosa falsità, come quando il
nostro afferma che “la loro autonomia non è più minacciata
dall’esercito nazionale e dai politici messicani”: niente di
più falso. Niente di più nocivo per le stesse comunità,
che negare la guerra di bassa intensità e la
militarizzazione alla quale sono costantemente sottoposte, con
il pretesto di una fittizia “guerra al narcotraffico” del
governo. Tutti questi elementi sono ampiamente spiegati dal testo,
uscito sul portale Camminar
Domandando, dal titolo: “Sta rottura de cojoni degli zapaturisti”.
Per non parlare del fatto che, in un reportage anteriore, Di
Battista, esattamente come aveva fatto il suo amico/nemico Roberto
Saviano, ha avvalorato la tesi ufficiale del governo messicano per la
quale i 43 studenti desaparecidos di Ayotzinapa sarebbero stati
bruciati in una discarica, tesi di cui più volte si è provata la
falsità e mala fede di funzionari e apparati dello Stato nel negare
un crimine di lesa umanità (Link
1 GIEI-OAS – Link
2 Mastrogiovanni – Link
3 Lorusso).
Questa tesi serve al governo per chiudere il caso e colpevolizzare
fantomatici “cartelli” locali. Contro di essa i movimenti delle
vittime, i genitori degli studenti e i movimenti sociali in generale
si battono da 4 anni a questa parte. L’articolo di Di Battista è
sintomo di una lettura quantomeno superficiale, e denota
una grave e pericolosa disinformazione rispetto ai temi
trattati.
“Un
mundo donde quepan muchos mundos”
Una
delle idee centrali dello zapatismo è riassunta nella frase Un
mundo donde quepan muchos mundos,
“Un mondo che contenga molti mondi”. È un concetto nato al
calore del movimento No Global per un altro mondo e
un’altra globalizzazione come orizzonti possibili, il quale vuole
celebrare l’apertura radicale, dal basso e a sinistra, alla
molteplicità di razze, persone, generi, culture, orientamenti
sessuali e migrazioni. L’autonomia zapatista è la lotta per la
difesa della vida
digna e
del territorio, e non per la salvaguardia di interessi nazionali. A
Genova nel 2001 ci si oppose alla globalizzazione neoliberale con lo
slogan “libertà di movimento, libertà senza confini”. Niente a
che vedere con il sovranismo nato dal vento di estrema destra che sta
invadendo l’Europa. Niente a che vedere con il letale blocco dei
porti. Niente di più lontano dalla critica alla globalizzazione che
Di Battista traccia rozzamente nel suo “reportage”, nel quale si
mescolano le terminologie e il sovranismo nazionalista del governo
italiano viene confuso con la sovranità alimentare e l’autonomia
per le quali le comunità zapatiste, e non solo, hanno lottato e
lottano. Con la mediatizzazione del suo viaggio in America Latina ci
pare che Di Battista voglia giustificare il tendenzioso “aiutiamoli
a casa loro”, con l’obiettivo di dare un volto umano a politiche
di respingimento e allo sdoganamento di discorsi xenofobi.
Altrettanto strumentali ci sembrano le sue considerazioni sul
razzismo, come quando afferma che “è un fenomeno legato
all’ignoranza e alla povertà”. Anche in questo caso, Di Battista
sorvola sulle nozioni di suprematismo bianco e colonialismo che
stanno alla base del razzismo.
La
PDiozia di Ale
Nella
diretta Facebook in cui ha risposto alla “tremenda campagna”
diffamatoria rivolta alla sua persona, Di Battista, sottintende
l’esistenza e la possibilità di una sola sinistra, alludendo
al PD e al marcio mondo che lo circonda. Ci teniamo a mettere in
chiaro una cosa. La nostra avversità nei confronti
di Repubblica e De Benedetti è totale. Il loro
classismo neo-pariolino e il razzismo di 5 Stelle e Lega sono due
facce della stessa medaglia, si alimentano e legittimano a
vicenda come strategie diverse di una stessa guerra ai poveri (un
articolo onesto da segnalare sulla vicenda è quello
di Vice).
Non abbiamo nulla da spartire né con i seminatori d’odio razziale
che ci nascondono quotidianamente la figura dei padroni per esibire
solo il facile bersaglio dei migranti, né con la falsa “sinistra”
del Partito Democratico, e di Banca Etruria. Noi non pensiamo che la
globalizzazione neoliberista si contrasti scaricando il suo peso
sugli ultimi, facendo affondare i barconi di migranti in mare o
sparandogli nelle vie di Macerata, ma affrontandone le cause,
l’accumulazione di capitale su scala globale e le conseguenti
disuguaglianze, costruendo autonomie e alleanze a livello
internazionale, contro tutti i confini.
Vogliamo riaffermare l’esistenza di un’opposizione
sociale in Italia, come nel mondo, che si posiziona in basso a
sinistra e che è composita e variegata. L’abbiamo vissuta e
attraversata nei movimenti contro il Jobs Act, la Buona Scuola, i
decreti Minniti-Orlando e Salvini (drammaticamente simili tra
loro), nel movimento globale Non
una di meno contro
la violenza maschile e di genere, nelle lotte autonome dei migranti,
nella risposta popolare agli attentati razzisti di Macerata e non
solo. Quell’opposizione sociale che in Messico indossa il
passamontagna e lotta per la autonomia nelle montagne del Chiapas.
Quell’opposizione sociale che tutt’ora ci permette pronunciare la
parola “politica” senza doverci vergognare. Così, come abbiamo
appoggiato queste lotte in Italia, siamo solidali con le lotte dal
basso e a sinistra in America Latina tutti i giorni, e non lo
facciamo per andare a
caccia di selfie, voti e
visibilità sul Fatto Quotidiano. PS: mentre sulle reti sociali
montava la polemica sulla “bufala” della nostra campagna, sul
“povero” Di Battista in presunto pericolo di vita perché
minacciato da comunità armate, ci giunge la notizia che a Roma,
città amministrata dal Movimento 5 Stelle, è in corso uno
sfratto. Nel quartiere di Villa Gordiani varie persone, tra cui
una pensionata di 70 anni, sono state sfrattate da case
popolari e quattro di loro sono agli arresti. Tutto
questo ci ferisce molto, ma molto di più del tuo viaggio da Lonely
Planet in Centroamerica, caro Dibba. “La IV Guerra Mondiale, con il
suo processo di distruzione/spopolamento e
ricostruzione/riordinamento, provoca la dislocazione di milioni di
persone. Il loro destino sarà di continuare ad essere erranti
portandosi il proprio incubo sulle spalle, e di rappresentare, per i
lavoratori impiegati nelle diverse nazioni, una minaccia alla loro
stabilità lavorativa, un nemico utile a nascondere la figura del
padrone, e un pretesto per dare un senso all’insensatezza razzista
che il neoliberismo promuove.”
Subcomandante
Marcos, Le sette tessere ribelli del rompicapo globale
“Bisogna
organizzarsi. Bisogna resistere. Bisogna dire “NO” alle
persecuzioni, alle espulsioni, alle prigioni, ai muri, alle
frontiere. E bisogna dire “NO” ai malgoverni nazionali che sono
stati e sono complici di questa politica di terrore, distruzione e
morte. Da sopra non verranno le soluzioni, perché lì sono nati i
problemi.”
Subcomandante
Insurgente Moises, Subcomandante Insurgente Galeano, I muri sopra, le
crepe in basso (e a sinistra).
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