Le
richieste esorbitanti dell’accusa e la vergognosa costituzione in parte
civile del Comune di Piacenza, macchiano una volta di più di fango
l’onore di Piacenza e la sua medaglia d’oro alla Resistenza.
Ciò
a cui stiamo assistendo è l’ormai compiuto scivolamento verso una
democrazia autoritaria, svuotata di possibilità decisionale nei suoi
istituti fondamentali e fortemente repressiva verso tutto quanto
manifesta una qualche forma di resistenza, sia essa sui posti di lavoro o
nelle strade, come in occasione del corteo del 10 febbraio.
Corteo
quanto mai avveduto, dato che nel gridare “no” all’apertura di covi
razzisti e fascisti ribadiva anche la critica a quel razzismo
istituzionale sdoganato dalle politiche di Minniti (PD) e ora portato
alle estreme conseguenze da quel Salvini nelle cui fila era stato candidato Luca Traini, autore a pochi giorni dalla mobilitazione piacentina di un attentato razzista che nelle sue intenzioni voleva portare alla strage.
alle estreme conseguenze da quel Salvini nelle cui fila era stato candidato Luca Traini, autore a pochi giorni dalla mobilitazione piacentina di un attentato razzista che nelle sue intenzioni voleva portare alla strage.
Le vergognose
spiate dei giorni seguenti al corteo fatte da Casapound, prode
informatrice questurina e come da sempre allineata al ministero
dell’interno (con il cui capo si diverte a farsi fotografare, in barba a
ogni velleità “non conforme” raccontata a ragazzini poco informati per
accalappiarli) hanno fatto il paio con le evidenti complicità del Comune
a guida fascio-leghista, arrivato addirittura a censurare le legittime
preoccupazioni di un dirigente scolastico per l’apertura della sede
fascista.
Ciò che se ne desume è
una ragionata strategia di sdoganamento della barbarie nazi-fascista da
parte di politicanti in camicia verde o doppiopetto, volta oggi come
allora a combattere esclusivamente le resistenze sociali, mentre alle
vittime dell’autorità costituita viene nel frattempo garantita la più
totale impunità ed anzi riconoscimento (il reinserimento in servizio
degli agenti implicati nell’omicidio Aldrovandi, così come la trafila di
promozioni spettata ai torturatori di Genova, sono lì a dimostrarlo).
La
de-fascistizzazione delle istituzioni non si è evidentemente mai
compiuta in questo paese, e non stupisce quindi che non solo nelle
piazze ma anche nei municipi, nelle questure e nelle aule di tribunale
ampli settori di establishment si facciano in quattro per coccolare e
tutelare chi del fascismo più sfacciato si fa vanto e si considera
interprete odierno.
Come sempre, ai
proletari rimane l’unica arma della solidarietà, capace di scavare
trincee come di gettare ponti.
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