martedì 2 ottobre 2018

pc 2 ottobre - Presidio a Piacenza di solidarietà agli imputati per il 10 Febbraio

Oggi 2 ottobre, a tempo di record, il tribunale di Piacenza si esprimerà contro Giorgio “Brescia” e Lorenzo “Dibi”, imputati per il processo relativo alla rivolta cittadina del 10 febbraio. Appuntamento per le 9 di mattina sotto il Tribunale (Via del consiglio 12, 29121 Piacenza).


Le richieste esorbitanti dell’accusa e la vergognosa costituzione in parte civile del Comune di Piacenza, macchiano una volta di più di fango l’onore di Piacenza e la sua medaglia d’oro alla Resistenza.
Ciò a cui stiamo assistendo è l’ormai compiuto scivolamento verso una democrazia autoritaria, svuotata di possibilità decisionale nei suoi istituti fondamentali e fortemente repressiva verso tutto quanto manifesta una qualche forma di resistenza, sia essa sui posti di lavoro o nelle strade, come in occasione del corteo del 10 febbraio.
Corteo quanto mai avveduto, dato che nel gridare “no” all’apertura di covi razzisti e fascisti ribadiva anche la critica a quel razzismo istituzionale sdoganato dalle politiche di Minniti (PD) e ora portato
alle estreme conseguenze da quel Salvini nelle cui fila era stato candidato Luca Traini, autore a pochi giorni dalla mobilitazione piacentina di un attentato razzista che nelle sue intenzioni voleva portare alla strage.

Le vergognose spiate dei giorni seguenti al corteo fatte da Casapound, prode informatrice questurina e come da sempre allineata al ministero dell’interno (con il cui capo si diverte a farsi fotografare, in barba a ogni velleità “non conforme” raccontata a ragazzini poco informati per accalappiarli) hanno fatto il paio con le evidenti complicità del Comune a guida fascio-leghista, arrivato addirittura a censurare le legittime preoccupazioni di un dirigente scolastico per l’apertura della sede fascista.
Ciò che se ne desume è una ragionata strategia di sdoganamento della barbarie nazi-fascista da parte di politicanti in camicia verde o doppiopetto, volta oggi come allora a combattere esclusivamente le resistenze sociali, mentre alle vittime dell’autorità costituita viene nel frattempo garantita la più totale impunità ed anzi riconoscimento (il reinserimento in servizio degli agenti implicati nell’omicidio Aldrovandi, così come la trafila di promozioni spettata ai torturatori di Genova, sono lì a dimostrarlo).
La de-fascistizzazione delle istituzioni non si è evidentemente mai compiuta in questo paese, e non stupisce quindi che non solo nelle piazze ma anche nei municipi, nelle questure e nelle aule di tribunale ampli settori di establishment si facciano in quattro per coccolare e tutelare chi del fascismo più sfacciato si fa vanto e si considera interprete odierno.
Come sempre, ai proletari rimane l’unica arma della solidarietà, capace di scavare trincee come di gettare ponti.

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