Ma alcuni argomenti che questo signore
usa dimostrano che da questo “reddito di cittadinanza”
bisognerebbe guardarsi piuttosto che esaltarsi.
Tutto fatto all’insegna della
campagna ultra demagogica: “non vogliamo dare soldi a chi sta
seduto d’avanti al televisore”, “non è una misura
assistenziale”…
Ora, innanzitutto la parola, che non ci
piace affatto, “reddito di cittadinanza” dovrebbe significare
letteralmente il diritto di ogni “cittadino” di avere un reddito per vivere e che, dato che padroni, capitalismo, leggi dello Stato fanno sì che milioni di proletari e povera gente sia senza lavoro e quindi senza la possibilità di vivere, dato che, sempre in regime capitalistico e con le politiche di questi governi, non hai a prescindere un diritto alla casa, un diritto allo studio, un diritto all’assistenza sanitaria gratuita, ecc., il reddito a prescindere sarebbe una misura giusta e necessaria se non si vuole dichiarare ufficialmente che questo Stato considera “non cittadini”, e quindi non persone milioni di disoccupati nel nostro paese.
letteralmente il diritto di ogni “cittadino” di avere un reddito per vivere e che, dato che padroni, capitalismo, leggi dello Stato fanno sì che milioni di proletari e povera gente sia senza lavoro e quindi senza la possibilità di vivere, dato che, sempre in regime capitalistico e con le politiche di questi governi, non hai a prescindere un diritto alla casa, un diritto allo studio, un diritto all’assistenza sanitaria gratuita, ecc., il reddito a prescindere sarebbe una misura giusta e necessaria se non si vuole dichiarare ufficialmente che questo Stato considera “non cittadini”, e quindi non persone milioni di disoccupati nel nostro paese.
E, quindi, qualsiasi forma di reddito
non può che essere senza condizione e spettante a tutti coloro che
questo sistema, questo Stato, questi governi riducono in povertà.
Mettere una qualsiasi condizione
significa contribuire non a dare un reddito per vivere ma a
schiavizzare, oltre che il lavoro, la disoccupazione. E ciò è
peggio di quello che c’è attualmente, che è poco o niente, sotto
forma di sussidio per la disoccupazione o qualcosa di meglio come la
Cig che comunque ha permesso di sopravvivere tanti operai che hanno
perso il lavoro.
Quindi, che significa Di Maio che il
reddito di cittadinanza è condizionato all’obbligo del lavoro; se
il lavoro è un obbligo, dacci il lavoro, che peraltro sarebbe la
metà del tuo dovere, dato che rimaniamo tuttora in una Repubblica in
cui la Costituzione all’art. 1 dice che è fondata sul lavoro.
Invece Di Maio e la sua banda vogliono
trasformare in elemosinanti, ricattati, sostituendo il welfare,
conquista sociale riformista delle grandi lotte dei lavoratori degli
anni passati, in workfare , in cui i ‘senza lavoro’ o i poveri in
generale saranno sottoposti a svolgere i sedicenti lavori per la
comunità a seguire sedicenti “corsi di formazione”, in cambio,
come dice lo stesso Di Maio di un compenso variabile, decrescente e
vincolato ad obiettivi.
Giustamente, il riferimento che viene
fatto al film di Ken Loach, “Io, Daniel Blake”, bello e terribile
nello stesso tempo, questo sistema è sciorinato come un percorso
dell’orrore in cui la fine è nota il suicidio dell’operaio prima
reso disoccupato e poi povero e poi schiavo delle ricerca di uno
straccio di lavoro.
Un “reddito di cittadinanza” alla
Di Maio style è la logica continuazione del reddito di inclusione
dell’odiato Renzi/PD, è peggio di tutte le forme di ammortizzatori
sociali che esistono tuttora, è una sorta di lavoro gratis, dal
quale puoi ottenere solo quello che più o meno avevi, e meno di
quello che i disoccupati hanno sbattendosi dalla mattina alla era per
portare il pane a casa, e sicuramente non è concorrenziale col
“reddito della malavita”, del sotterfugio e della clientela, a
cui sono obbligati, questo sì, fette importanti del proletariato,
dei poveri in alcune zone del sud del paese.
Quindi, demagogia fascista “da
balcone” e povertà dichiarata e certificata, censita e
irregimentata che fa del nostro paese più un’immagine di un paese
di guerra, in un’economia di guerra che un diritto sacrosanto che
si può ottenere solo con la lotta: il lavoro o il salario garantito!
Sottrarsi e combattere questa “manovra
del popolo” e questa forma di reddito è, oltre che espressione
della coscienza di classe, della dignità proletaria.
Non entriamo ancora, perché ancora non
sicuro, sulle forme con cui questo reddito sarà dato: niente soldi
ma una carta bancomat, una sorta di “pane con la tessera”,
assegnato, qualcuno ha il coraggio di scriverlo, con il sistema del
‘grande fratello’. Così come è già avvenuto anni fa prima coi
pensionati che dovevano prendere questi soldi da spendere comunque e
ancor più con le famose 500 euro di “buono cultura” che è
diventato solo un affare per commercianti di computer, telefonini,
libri, ecc.
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