PERCHE' UN NUOVO SCIOPERO DELLE DONNE
La condizione delle operaie, delle
lavoratrici più sfruttate viene taciuta, non se ne parla, al massimo
compare in qualche statistica di inserti dei giornali, o in qualche
inchiesta scoop, che resta appunto solo uno 'scoop' (normalmente,
devono morire le lavoratrici perchè appaiano sui giornali, o entrino
in qualche reportage). Eppure le lavoratrici stanno subendo attacchi
come non mai, sono le prime vittime delle politiche del padronato,
del jobs act del governo Renzi.
Ma non se ne deve parlare. Perchè la
loro condizione mette a nudo tutto il sistema di sfruttamento e
oppressione, sul luogo di lavoro e fuori, fatto di attacchi alle
condizioni di lavoro, discriminazioni, fino ai ricatti sessuali.
Gli stessi sindacati confederali,
tacciono o parlano solo quando la condizione delle donne esplode,
spesso tragicamente, come le braccianti quest'estate; non organizzano
le lotte, anzi le impediscono - la Fiom al massimo esce ogni tanto
con qualche utile inchiesta, ma poi frenano le lavoratrici che
agiscono, come alla Sata di Melfi, e fa di una questione di dignità,
un misero punto di una inutile piattaforma.
MA LE LAVORATRICI NON NE POSSONO PIU'!
Le operaie della Sata di Melfi, come
degli altri stabilimenti Fca, sono stanche dopo poche ore di lavoro,
esaurite dalla fatica. Nelle brevi pause di 10 minuti devono decidere
se andare nei bagni lontani, dove devono sbrigarsi anche nei giorni
del ciclo, o mangiare un panino; i turni stressanti, i ritmi e i
carichi di lavoro attaccano anche la loro salute riproduttiva; gli
ultramoderni sistemi di intensificazione del lavoro di Marchionne
(Ergo Uas) portano per le operaie ad una condizione da
medioevo. Devono poi sentirsi anche offese, umiliate, se chiedono una tuta blu per evitare l'imbarazzo di macchie nel periodo delle mestruazioni. Quando escono sfinite dalla fabbrica, nei giorni di riposo – dicono le operaie - non possono riposarsi, perché a casa ricominciano con le faccende domestiche, i figli, ecc.
medioevo. Devono poi sentirsi anche offese, umiliate, se chiedono una tuta blu per evitare l'imbarazzo di macchie nel periodo delle mestruazioni. Quando escono sfinite dalla fabbrica, nei giorni di riposo – dicono le operaie - non possono riposarsi, perché a casa ricominciano con le faccende domestiche, i figli, ecc.
Le braccianti dicono: “Ci sentiamo le
schiave del terzo millennio”. Sono pagate poco più di venti euro
al giorno, per dieci, dodici ore di lavoro, anche 15 nei magazzini;
sono a nero o con una busta paga falsa, per un lavoro massacrante, in
piedi sotto tendoni dove d'estate si arriva a 50 gradi, respirando
prodotti tossici, o piegate per ore ed ore. Sono selezionate come
schiave dai caporali o dal moderno e “legale” caporalato delle
agenzie interinali, per i superprofitti delle grandi aziende; devono
lavorare sotto gli occhi di una “kapò” che decide anche quando
possono andare a fare pipì, ma dietro un albero; le più giovani
subiscono anche i ricatti, molestie, fino alle violenze sessuali di
caporali e padroni. E poi, stanno morendo di fatica, come Paola e le
altre di quest'estate.
Le lavoratrici delle Coop, sempre sotto
la mannaia del licenziamento, con salari sempre più tagliati, che
non possono ammalarsi. Ricattate, molestate e costrette a lavorare
con ritmi disumani per aziende con milioni di fatturato; sempre
rimproverate, minacciate di trasferimento per punizione.
Lavoratrici\madri discriminate e lasciate a casa senza paga perché
non servono più (colpevoli di avere figli piccoli). Dove le operaie
vengono molestate sessualmente e licenziate se si ribellano (come le
operaie della coop. della logistica Yoox Mr Job di Bologna).
Ci sono le ultraprecarie lavoratrici
delle pulizie, dal nord al sud, sempre a rischio licenziamento, da
appalti ad appalti sempre più al massimo ribasso, lavorano per
misere ore e ancor più miseri salari, troppo spesso neanche pagati
E c'è l'ultimo “anello della
catena”, le migranti, le "schiave della monnezza", come
le lavoratrici di Monselice (PD) licenziate dalla coop perché
protestano per le condizioni inumane di lavoro. Donne marocchine,
piegate otto ore sui rifiuti a caccia della plastica riciclabile. Un
business ecologico fondato sullo sfruttamento selvaggio delle donne
migranti. E devono sopportare anche insulti razzisti e ricatti
brutali.
ECC, ECC, ECC...
Sono solo alcune delle tante realtà
simbolo della condizione delle donne lavoratrici, in cui è in atto
da parte dei padroni, a volte multinazionali, un “moderno
medioevo”, che ogni giorno mostra l'intreccio tra attacchi di
classe e attacchi schifosi in quanto donne. Una condizione che non ha
respiro, perchè la pesantezza, il ricatto della condizione sui posti
di lavoro viene portato in casa e la pesantezza in casa, i problemi
della maternità, dei figli, della mancanza di servizi sociali, ecc.
pesano come altrettanti macigni sulle condizioni e le stesse
possibilità di lavoro per le donne.
Una condizione che il governo Renzi ha
peggiorato due volte: con il Jobs act ha istituzionalizzato la
precarietà a vita, il libero licenziamento che per prima colpisce
proprio le donne, spesso con la scusa della maternità; poi con la
miseria dei bonus, ha scaricato ancora di più sulle donne il
peso/mancanza dei servizi sociali.
Ma in alcune delle realtà che abbiamo
riportato, vi è anche altro. Vi è la ribellione, a volte lotte,
scioperi, proteste delle lavoratrici: dalla battaglia contro le tute
bianche a Melfi delle operaie, alla denuncia coraggiosa delle
braccianti, alla protesta delle operaie di Bologna contro i
licenziamenti e i porci padroni, alla forte lotta delle immigrate.
Ma queste lotte e tante altre delle
donne ancora non hanno vinto.
Le lotte delle operaie, delle
lavoratrici più sfruttate non escono dall'isolamento, le donne
operaie, le lavoratrici non sono unite, autorganizzate in una
battaglia nazionale, che deve porre con forza la condizione delle
donne, di doppio sfruttamento e di oppressione, che sta in ogni lotta
singola ma va oltre le singole lotte, perchè richiede un cambiamento
a 360°.
L'ARMA CHE ABBIAMO E DOBBIAMO USARE E'
LO SCIOPERO DELLE DONNE!
La situazione oggettiva mostra con
mille fatti che è tempo di dire “Basta”, che è tempo di un
nuovo forte sciopero delle donne. Ancora non c'è una altrettanta
coscienza soggettiva, ma occorre cominciare.
Questo sciopero delle donne, il secondo
dopo quello del 25 novembre del 2013, ha al centro proprio le
operaie, le lavoratrici più sfruttate e oppresse. Che tutte le altre
donne si uniscano!
In primo luogo le lavoratrici della
scuola che hanno fatto grandi lotte e nello sciopero del 2013 furono
grandi, scendendo in lotta in 12 mila.
Ma sono le lavoratrici delle fabbriche,
delle campagne, dei luoghi di lavoro più “neri”, le immigrate
schiavizzate quelle che mostrano fino a che punto arriva il moderno
medioevo del sistema del capitale che si prende e distrugge tutta la
vita, a 360°, e che è il capintesta del maschilismo/sessismo
organizzato, istituzionalizzato.
L'8 marzo cominciamo la marcia dello
sciopero delle donne. Esso deve continuare anche dopo l'8 marzo,
perchè via via diventi grande e si estenda dappertutto. Costruendo
insieme, nello sciopero, una rete delle realtà di lavoro delle
donne, delle lotte, e una piattaforma dal basso.
L'8 marzo NON MIMOSE MA SCIOPERO!
Movimento Femminista Proletario
Rivoluzionario
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