Con questo testo, riprendiamo la FO su "L'Imperialismo" di Lenin - dal 2° capitolo:"Le banche e la loro nuova funzione.
Nell'epoca dell'imperialismo le banche sono diventate potenti istituzioni monopolistiche che "dispongono di quasi tutto capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti delle materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi”. Questo costituisce uno dei caratteri fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo.
Nell'epoca dell'imperialismo le banche sono diventate potenti istituzioni monopolistiche che "dispongono di quasi tutto capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti delle materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi”. Questo costituisce uno dei caratteri fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo.
Il sistema delle banche
nel processo di concentrazione annette le piccole banche, le
assoggetta, le include nel proprio gruppo, mediante la partecipazione
ai loro capitali, comprando e scambiando azioni, creando un sistema
di rapporti di debiti, ecc.
Con la concentrazione
avvenuta nell'epoca dell'imperialismo, poche, grandi banche
concentrano tutte le operazioni finanziarie, compresi i prestiti
statali, e realizzano un aspetto importante del dominio del capitale
finanziario nell'intero sistema del capitale.
Già Lenin descriveva questo processo e diceva che si forma “una fitta rete di canali che abbracciano tutto il paese, centralizzano tutti i capitali ed entrate in denaro e trasformano migliaia e migliaia di aziende economiche sparpagliate in un'unica azienda capitalistica nazionale e poi in un'azienda capitalistica mondiale”.
Già Lenin descriveva questo processo e diceva che si forma “una fitta rete di canali che abbracciano tutto il paese, centralizzano tutti i capitali ed entrate in denaro e trasformano migliaia e migliaia di aziende economiche sparpagliate in un'unica azienda capitalistica nazionale e poi in un'azienda capitalistica mondiale”.
Quindi, si realizza “la sottomissione ad un unico centro di un numero sempre maggiore di unità economiche, prima relativamente “indipendenti” o, meglio, localmente circoscritte... esso rappresenta una centralizzazione, un elevamento della funzione dell'importanza, della potenza dei giganti monopolistici”.
Con lo sviluppo della
concentrazione delle banche, esse finiscono ad agire come una sorta
di unico capitalista collettivo, o, meglio, di un pugno di
monopolizzatori che assoggettano le operazioni industriali e
commerciali dell'intera società capitalista.
Qui, poi, Lenin mette in
luce un aspetto del sistema di dominio, che appare, secondo la legge
borghese, legale ma che in realtà da ai monopoli bancari “la
possibilità anzitutto di essere esattamente informati
sull'andamento degli affari dei singoli capitalisti, quindi di
controllarli, di influire su di loro, allargando o restringendo il
credito, facilitandolo o ostacolandolo, e infine di deciderne
completamente la sorte, di fissare la loro redditività, di sottrarre
loro il capitale o di dar loro la possibilità di aumentarlo
rapidamente e in enormi proporzioni, e così via”.
Dopo di che Lenin irride
ai riformisti che normalmente descrivono questo processo o per farne
un'apologia di ineluttabilità, intesa qui come giusta e necessaria,
o per muovere dei patetici rimproveri e mostrarsi spaventati
dell'accelerazione della concentrazione o del dominio di un cartello
sull'altro (di solito facendosi portavoce o dei cartelli dominanti,
quando ne fanno l'apologia, o dei cartelli minori, quando si vestono
da censori e critici).
Per non dire poi, quando
tutto questo viene addebitato alle leggi bancarie esistenti, di cui
si chiedono, quando si è critici, la riforma. Lenin taglia corto su
questo “In tutti i paesi capitalisti, qualunque sia la loro
legislazione bancaria, in ogni caso si rafforza e si accelera di mille doppi, per
opera delle banche, il processo di concentrazione del capitale, di
costituzione (dominio) dei monopoli".
Marx ne Il capitale,
sottolinea Lenin, scriveva che “le banche creano la forma di una
contabilità generale e di una distribuzione generale dei mezzi di
produzione su scala sociale, ma soltanto la forma”.
Qui, Lenin mette in luce
che questa “contabilità generale” significa che nelle banche
affluiscono tutte le possibili entrate in denaro, non solo dei
capitalisti, grandi e piccoli, ma anche della piccola borghesia, dei
proprietari, e di strati consistenti di impiegati e lavoratori meglio
pagati.
Ma questa raccolta
generale, questa socializzazione del denaro nella raccolta, diventa
privata nell'appropriazione e nel suo uso, per possedere per così
dire e ripartirsi i mezzi di produzione che finiscono, così, tutti
nelle mani e nell'uso del grande capitale, mentre proletari e masse
si impoveriscono e l'intera società viene colpita da squilibri
strutturali, agricoltura e industria, industria pesante e industria
leggera, ecc.
Tutta la rete di casse di
risparmio e casse postali svolgono la funzione di decentrare,
penetrare nel maggior numero di località, anche in quelle remote, e,
quindi, nei larghi strati popolari. E qui rastrellano i risparmi e li
vincolano a operazioni cambiarie, ipotecarie. Dall'altro lato questi
risparmi accumulati finiscono comunque nelle mani dei grandi magnati
del capitale bancario e, quindi, si tratta di una rete decentrata di
Istituti che formalmente dovrebbero essere al servizio del popolo,
inteso quegli strati che il risparmio se lo possono permettere,
quando invece diventano dei veri e propri accaparratori, per conto
terzi, di questo risparmi, rovinando il popolo.
Mentre ben altro è
l'atteggiamento verso quei milionari industriali o finanzieri che si
trovano sull'orlo del fallimento. Qui il sistema bancario funziona
come funziona in generale lo Stato verso il capitale: socializzare le
perdite, difendere i profitti presenti o futuri.
Con lo svilupparsi della
fase dell'imperialismo, e della concentrazione, centralizzazione di
cui si è parlato, anche la funzione della Borsa cambia e diventa
altra cosa da quello che dice di essere e che in qualche misura lo è
stata negli albori del capitalismo concorrenziale, vale a dire una
intermediaria di scambi, una regolamentazione di essi, attraverso
l'incontro, per così dire, della domanda e dell'offerta, di
venditori e compratori, qui non di beni materiali ma di azioni e
titoli.
Via via, però, questa
funzione è assorbita e assolta dalle banche “ogni banca è una
Borsa”, e quindi anche la Borsa viene ad essere un luogo in cui
avviene lo spogliamento del pubblico da parte di un gruppo di
monopolisti.
Questo è particolarmente
importante sottolinearlo, perchè anche oggi gli alti e bassi delle
borse pretendono di essere i termometri dell'economia, quando essi
riflettono esclusivamente lo scontro e l'azione dei grandi gruppi
monopolistici e in primis delle banche e della grande finanza. Tutti
i lamenti sul dominio della speculazione o, addirittura, tutto lo
scaricare le oscillazioni della Borsa, i suoi cali e crolli,
all'azione della speculazione, vista come una sorta di moloch oscuro,
è puro, come direbbe Lenin, tentativo di celare le inezie; vale a
dire sono la voce di chi "non si propone di svelare l'intero meccanismo
e di mettere in chiaro gli imbrogli dei monopolisti bancari, bensì
di nasconderli".
Non di disvelare le leggi e le cause di quello che avviene ma di renderle ancora più oscure, per conto e nell'interesse di chi domina effettivamente il sistema capitalista nell'epoca dell'imperialismo.
(CONTINUA)
Non di disvelare le leggi e le cause di quello che avviene ma di renderle ancora più oscure, per conto e nell'interesse di chi domina effettivamente il sistema capitalista nell'epoca dell'imperialismo.
(CONTINUA)
Nessun commento:
Posta un commento