Egitto, sparisce l’avvocato di Regeni
Il
buco nero in cui l’avvocato egiziano Ibrahim Metwally è caduto nella
notte fra domenica e lunedì scorsi al Cairo è solo l’ultima circostanza
con cui lo stato di diritto, quello per il quale si è innanzitutto
cittadini prima che difensori dei diritti stessi, viene quotidianamente
calpestato in Egitto da oltre quattro anni. Metwally
era stato fermato all’aeroporto della capitale egiziana mentre saliva
su un aereo per recarsi a Ginevra, lì invitato dalle Nazioni Unite a
presentare una documentazione sulle sparizioni di persone che avvengono
da anni nel suo Paese. Dopo esser stato prelevato dagli addetti alla
sicurezza di lui per ore non s’è saputo nulla, anzi se ne negava il
fermo.
Forse sarà stato il tam tam lanciato dall’associazione di cui l’avvocato fa parte (Egyptian Commision Right and Freedom),
forse un intervento della struttura Onu che l’attendeva, ieri il
ministero degli Interni cairota ha annunciato che l’uomo è bloccato con
l’accusa di tramare contro la sicurezza nazionale, secondo quanto
disposto dall’incrudimento delle norme della precedente legge sul
terrorismo. Fosse stato un po’ meno conosciuto e soprattutto non
coinvolto in un incontro come quello che l’attendeva in Svizzera, la
sparizione di Metwally si sarebbe aggiunta a quella di migliaia d’altri
concittadini. Dramma che l’avvocato denunciava già prima d’essere
entrato nel gruppo dei difensori di Giulio Regeni.
In
anticipo sull’omicidio del ricercatore friulano, il legale aveva
affrontato la terribile tematica che affligge il Paese venendone colpito
come padre: suo figlio da due anni risulta fra gli scomparsi, ma dal
ministero gestito da Al-Ghaffar nulla trapela e niente finora si è
scoperto su questo caso. Il giovane potrebbe rientrare fra i
sessantamila incarcerati: avversari politici, oppositori o semplicemente
non assoggettati ai voleri del regime che opera un’immediata vendetta
repressiva verso chiunque non sia bloccato dalla paura e azzardi anche
semplici comunicazioni di cronaca sgradite al governo. Di fatto chi
all’interno dei confini della nazione manifesta pensieri molesti al
partito del presidente è considerato un soggetto non solo indesiderato,
ma altamente pericoloso, tanto da poter essere arrestato nel rispetto
della legge vigente.
Dunque Metwally è in galera “per avere collaborato con organismi stranieri che puntano alla caduta di Al Sisi”,
tale è l’effetto del cordone sanitario con cui il generale golpista
difende il proprio esercizio oppressivo. Fra i comunicatori,
giornalisti, intellettuali di cui da anni non si hanno notizie ci sono
persone conosciute e meno. La strada intrapresa da quella che è
diventata una dittatura mascherata, sin dalla strage della moschea di
Rabaa al-Adawiya, è quella che, ad esempio, ha gettato nel vortice
repressivo il fotografo Abu Zeid Shawkan, reo d’aver portato all’esterno
l’entità d’un massacro che si voleva tenere celato.
Quanto
questa situazione potrà durare è una domanda che i politologi si
pongono, e la risposta diventa più imbarazzante del quesito. Il realismo
politico che riporta da domani al Cairo l’ambasciatore italiano
Cantini, mentre il premier Gentiloni si spende in rassicurazioni, a suo
dire, utili per le indagini sul turpe omicidio del nostro studioso, è
sintomatico d’un realismo incardinato sul cinismo. I fatti parlano da
tempo e, mese dopo mese, ribadiscono la tracotanza di Al Sisi che sa di
poter far sminuire questa crisi diplomatica come di fatto sta accadendo.
I
genitori di Regeni e l’ampio fronte di solidarietà nazionale e
internazionale creatosi attorno alla vicenda, costituiscono pur sempre
una minoranza davanti agli interessi internazionali in atto. C’è
l’emergenza migranti dalla Libia, che coinvolge l’Egitto quale partner
dell’uomo forte della Cirenaica, quel generale Haftar che ha un feeling
speciale con Al Sisi. E sempre sul tema di ‘sicurezza transnazionale,
forze armate e pugno di ferro’ ci sono i militari che l’asse Al
Sisi-Haftar possono porre sul terreno contro le bande dell’Isis o di
qualsivoglia islamismo in armi. Già questo è un fine che giustifica ogni
mezzo, seppure ciò che i due regimi, l’ufficiale del Cairo e
l’ufficioso di Tobruk, vogliono eliminare ed esorcizzare è quello
partecipativo e popolare. Il popolo deve solo temere e obbedire.
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it
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