Capire
cos'è e come si colloca la logistica nell'organizzazione
capitalistica del lavoro è un questione seria, anche per l'ordine,
gerarchia che va data nella lotta di classe.
La
logistica, come ha ben spiegato nella sua “lezione” il prof. Di
Marco al seminario di proletari comunisti (vedi i video pubblicati
nei giorni precedenti), è un settore della circolazione delle merci,
non della produzione; i costi della circolazione sono necessari per
realizzare il profitto, il plusvalore prodotto dagli operai nelle
fabbriche, ma appunto non aggiungono valore alla merce.
E'
elementare dire che senza produzione non c'è circolazione; la
circolazione non può far realizzare al capitalista il profitto se a
monte nella produzione della merce non è stato “messo” valore.
(certo, senza vendere la merce, questo profitto resta solo
potenziale, ma non è certo la circolazione a spiegare l”arcano”
della merce).
Chiaramente
per i lavoratori, sia che lavorino in fabbrica, che nella logistica
non cambia nulla, per il
loro sfruttamento, anzi nella logistica,
per varie ragioni oggettive e soggettive, c'è un attacco più
spietato ai diritti contrattuali, sindacali dei lavoratori; ma questo
non cambia la “gerarchia” né della centralità della classe
operaia di fabbrica nel modo di produzione capitalista e del suo
essere il “becchino” del capitale, né, conseguentemente, cambia
la centralità delle fabbriche, degli operai impegnati nella
produzione nella lotta di classe.
Chi
ora, nel campo dei movimenti antagonisti o del sindacalismo di base,
fa un'operazione di sostituzione dei lavoratori della logistica alla
classe operaia, di spostamento della centralità nello scontro di
classe, sbaglia coscientemente o incoscientemente.
Il
settore della logistica si amplifica sempre più, anche per la crisi,
per l'interesse del capitalista a far arrivare prima le merci sul
mercato; in questa fase di acuta concorrenza sui mercati nazionali e
internazionali la lotta tra i capitalisti è viva e si gioca
sull'ultimo centesimo. Nello stesso tempo per l'azione di
aggressione, miseria dell'imperialismo nei paesi dipendenti vi è una
gran massa di immigrati che, nei paesi come il nostro, viene occupata
nella logistica per fare i lavori più pesanti, tagliare pesantemente
il costo del lavoro, negare diritti, e ricattare la classe operaia.
Questa
situazione - legata al fatto che nella logistica non ci può essere
la “normale” attività sindacale, perchè il rapporto di questo
settore con le leggi, le normative contrattuali è diverso, questo
settore nasce e vive fuori legge; legata anche – e questo è positivo –
ad una scarsissima presenza, in molti casi assenza, dei sindacati
confederali che quindi non possono fare da contenitori, soffocamento
delle lotte, da normalizzatori alle leggi del capitale - fa di questo
settore di lavoratori un settore incandescente, e le lotte dei
lavoratori della logistica hanno
un significativo e crescente peso (a volte potere di contrattazione)
legato agli effetti economici a cascata delle interruzioni in questi
settori.
Quindi
è inevitabile e necessario che i comunisti, che devono organizzare i
settori più sfruttati, i settori più disponibili alla lotta,
organizzino, essenzialmente al nord, i lavoratori della logistica.
Ma
“l'ordine” nella lotta di classe non lo decide la volontà
soggettiva dei movimenti, ma il ruolo della classe operaia nel modo
di produzione capitalista.
Questo,
chiaramente, lo devono comprendere in termini di ruolo centrale nella
guerra di classe, per mettere fine a questo sistema di sfruttamento,
al lavoro salariato, in primis gli operai organizzati come classe,
capaci di unire tutti i settori dei lavoratori più sfruttati e
oppressi.
(Sarà un caso che a Bergamo, chi organizza e dirige le lotte dei lavoratori della logistica dello Slai cobas per il sindacato di classe è un operaio della Dalmine di proletari comunisti?).
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