Vi odio per tutte le volte che si fa tardi e chiedo a qualcuno di fare la strada assieme per tornare a casa.
Vi odio per le chiavi tenute tra le dita quando torno da sola, per le finte telefonate che facevo soprattutto durante i primi anni di università e che mi davano un'illusione di sicurezza.
Vi odio per i vostri sguardi che sbavano e che riesco a sentire addosso al mio culo anche quando vi supero.
Vi odio per le battute, i fischi, i commenti che siete così sicuri mi facciano solo piacere.
Vi odio per tutte le volte che mi avete fatto prendere le questioni, perdendo un sacco di tempo e accumulando un sacco di veleno.
Vi odio perchè ormai sono abituata anche io a camminare a sguardo basso se non mi va di innervosirmi o sto di fretta, come se la città in cui vivo non mi appartenesse, come se non avessi il diritto di osservarne ogni minimo particolare.
Vi odio perchè anni fa, sola di notte in una periferia romana per una serie di eventi casuali, ho passato due ore rannicchiata dietro una colonna a piangere mentre i due papponi del parchetto lì davanti mi dicevano di tutto e mi minacciavano mentre io speravo solo che qualche amico con la macchina fosse sveglio per venire a prendermi.
Vi odio perchè devo decidere come vestirmi per uscire in base al fatto che abbia o meno la certezza di un passaggio per tornare a casa.
Vi odio perchè quest'odio non è solo il mio, ma appartiene a tutte le mie sorelle.
Vi odio perchè tutto questo non è, non può essere la normalità, Quindi per fortuna che vi odio, che vi odiamo".
(è il pensiero raccolto in questi giorni da una compagna dell'ex opg,
pensiero che però appartiene a tutte noi perchè racconta di cose che
almeno una volta ci hanno sfiorato o che abbiamo vissuto, e che perciò
abbiamo voluto riportare)
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