domenica 10 settembre 2017

pc 10 settembre - Notizie e informazioni sulla classe operaia americana

LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO: INTERVISTA A BEVERLY SILVER (PRIMA PUNTATA)
Per gentile concessione di Jacobin Magazine pubblichiamo la traduzione dell’intervista a Beverly Silver, presidente del Dipartimento di Sociologia alla John Hopkins University. Silver è una delle più importanti figure della sociologia del lavoro e da sempre una militante per i lavoratori. Tra le sue opere “Le forze del lavoro” e “Caos e governo del mondo” firmate con Giovanni Arrighi, entrambi pubblicati da Bruno Mondadori.
DOMANDA
Negli ultimi decenni c’è stata una ristrutturazione profonda della classe lavoratrice negli Stati Uniti e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Qual è l’immagine a grandi linee di questo processo di ristrutturazione? Quali sono le forze che lo guidano?
RISPOSTA
Il capitalismo trasforma continuamente l’organizzazione della produzione e gli equilibri di forza tra capitale e lavoro, ristruttura la classe lavoratrice, la ricostruisce. Quindi, per rispondere alla
domanda, penso che dobbiamo adottare una visione di lungo termine.
Ha senso andare fino alla metà del ventesimo secolo, dagli anni ‘30 agli anni ‘50, quando per la prima volta è emersa negli USA una classe operaia della produzione di massa molto forte, principalmente nel settore auto, ma anche in settori come quello minerario, i trasporti e l’energia, settori centrali per l’industrializzazione e il commercio.
Appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, il capitale ha cominciato a ristrutturare, riconfigurare l’organizzazione della produzione, il processo del lavoro, le fonti di manodopera e il posizionamento geografico della produzione. Questa ristrutturazione è stata in larga parte una risposta ai movimenti dei lavoratori nella manifattura, nelle miniere, nella logistica e nei trasporti.
Per capire questa ristrutturazione, è utile espandere il concetto di “soluzione geografica” di David Harvey. Il capitale ha provato a risolvere il problema della forza dei lavoratori, e la minaccia ai profitti avanzata da essi, con una serie di “soluzioni”.
Le imprese hanno usato una serie di soluzioni geografiche spostandosi verso luoghi con minori salari. Hanno attuato delle “soluzioni tecnologiche” riducendo la loro dipendenza dai lavoratori accelerando l’automazione. E hanno attuato quella che possiamo pensare come la “soluzione finanziaria”, muovere il capitale fuori dal commercio e dalla produzione, muoverlo nel campo della finanza e della speculazione come un ulteriore mezzo per ridurre la dipendenza dei profitti dalla classe operaia strutturata dalla produzione di massa.
L’inizio dello spostamento del capitale verso la finanza e la speculazione è stato visibile fin dagli anni ‘70, ma è esploso dopo la metà degli anni ‘90, dopo l’abolizione della legge Glass-Steagall (che separava le banche di risparmio da quelle di speculazione) da parte dell’amministrazione Clinton.
Quindi, quello che sembrava un collasso improvviso del potere del lavoro organizzato negli Stati Uniti tra gli anni ‘80 e ‘90, in realtà ha le sue radici in decenni di ristrutturazione su questi fronti, iniziata a metà del secolo.
Ovviamente, è importante sottolineare che c’è un altro lato della medaglia. Queste soluzioni capitaliste hanno smontato la classe operaia della produzione di massa, ma hanno simultaneamente costruito nuove classi operaie negli USA e altrove. Queste nuovi classi operaie sono oggi i protagonisti emergenti delle lotte dei lavoratori in molte parti del mondo.
DOMANDA
Non è un segreto che le forme tradizionali di organizzazione della classe operaia, come i sindacati negli USA e i partiti socialdemocratici in Europa, sono in grave crisi. Come ha fatto il capitale a indebolire e addomesticare queste espressioni degli interessi della classe operaia?
RISPOSTA
Se guardiamo ai massimi storici di militanza operaia (specialmente quelli in cui erano coinvolti movimenti di sinistra, partiti socialisti ed operai) appare chiaro un insieme di strategie per indebolire il potenziale radicale di questi movimenti. Si può riassumere così: ristrutturazione, cooptazione e repressione.
I tipi di ristrutturazione o soluzione menzionati sopra (geografica, tecnologica o finanziaria) hanno certamente giocato un ruolo nell’indebolire questi movimenti. Nel frattempo, la cooptazione dei sindacati e dei partiti dei lavoratori (la loro incorporazione come partner minori nei progetti egemonici nazionali e nei patti sociali) hanno giocato a loro volta un ruolo importante. Infine, la repressione è sempre stata una parte importante della ricetta.
Prendendo gli USA come esempio, nel secondo dopoguerra abbiamo visto il maccartismo e l’espulsione della sinistra e dei militanti comunisti dai sindacati. Poi, tra gli anni ‘60 e anni ‘70, i forti movimenti dei lavoratori neri radicati nelle fabbriche e nelle comunità (il Partito delle Pantere Nere e Movimento del Sindacato Rivoluzionario di Dodge) sono stati riportati sotto controllo con la pura e semplice repressione.
Oggi, con la militarizzazione delle forze di polizia e l’infinita “guerra al terrore” (che creano un clima ostile alla mobilitazione dei lavoratori neri e immigrati) la coercizione continua ad avere un ruolo di primo piano.
DOMANDA
Uno dei maggiori dibattiti oggi è se la dinamica che definisce la forma della classe operaia globale sia lo sfruttamento (lavoratori spremuti sul luogo di lavoro) o l’esclusione (lavoratori di fatto esclusi dal lavoro salariato stabile). Cosa pensi di questo dibattito?
RISPOSTA
Li vedo ugualmente importanti. Sarebbe un errore ignorare la persistente importanza delle lotte contro lo sfruttamento sul luogo di lavoro. Infatti, uno dei risultati della strategia di soluzione geografica è stata la creazione di nuovi classi operaie e di nuove contraddizioni lavoro-capitale ovunque vada il capitale.
In altre parole, la resistenza operaia allo sfruttamento sul luogo di lavoro ha seguito il movimento del capitale attraverso il globo nella scorsa metà di secolo. Infatti, osserviamo le ultime manifestazioni di questa dinamica con la massiccia ondata di agitazioni operaie che accade ora in Cina.
Una volta che le imprese hanno compreso che semplicemente spostare le fabbriche in luoghi a basso salario non avrebbe risolto il problema del controllo sul lavoro, il capitale ha cominciato a fare più affidamento su automazione e finanziarizzazione. L’automazione, per quanto non sia una novità, recentemente ha espulso rapidamente lavoratori salariati dalla produzione, aumentando la visibilità della dinamica di esclusione. Un esempio lampante è l’attuazione da parte della FoxConn delle minacce di introduzione di un enorme numero di robot nelle sue fabbriche cinesi.
Realisticamente, il movimento del surplus di capitale nella finanza e nella speculazione dà anche un importante contributo alla crescente esclusione. La finanza (specialmente le attività finanziarie non direttamente legate al commercio e alla produzione) assorbe poco lavoro salariato; più importante, trae profitti principalmente dalla redistribuzione regressiva della ricchezza attraverso la speculazione, piuttosto che con la creazione di nuova ricchezza. Da qui, il collegamento che Occupy Wall Street ha trovato tra i livelli di disuguaglianza di classe e di finanziarizzazione.
Automazione e finanziarizzazione guidano un’accelerazione nella tendenza di lungo termine del capitalismo a distruggere le condizioni di vita già esistenti a una velocità molto più alta di quanto ne crei di nuove. Questa è sempre stata la tendenza predominante del capitalismo storico in gran parte del Sud Globale, dove la dispossession ha teso a essere più importante dell’assorbimento di lavoro salariato, quindi vi erano sempre più lavoratori che non avevano altro da vendere se non la propria forza lavoro, ma con scarse possibilità di venderla.
Questa tendenza non è nulla di nuovo, sia la sua accelerazione, sia il fatto che i suoi effetti si sentano anche nei paesi centrali (non solo nel terzo mondo) aiuta a spiegare come mai l’esclusione sia in primo piano negli attuali dibattiti.
DOMANDA
Per inquadrare diversamente la domanda, ha senso pensare a esclusione e sfruttamento come fenomeni separati?
RISPOSTA
Marx di sicuro non li vedeva come fenomeni separati. Nel libro primo del Capitale, ha sostenuto che l’accumulazione di capitale vada di pari passo con l’accumulazione di un surplus di popolazione, che la ricchezza viene creata attraverso lo sfruttamento, ma contemporaneamente grossi settori di classe operaia vengono esclusi i resi superflui per i bisogni del capitale.
Per la gran parte del ventesimo secolo, c’è stata una distribuzione geografica ineguale nei termini di percezione del processo di esclusione. Infatti, fino a poco tempo fa uno dei mezzi per mantenere la legittimazione da parte del capitale nei paesi centrali è stato spingere il peso dell’esclusione sul terzo mondo e sui settori marginalizzati della classe operaia dei paesi centrali.
La classe operaia mondiale è stata divisa con confini definiti da cittadinanza, razza, etnia e genere. Questi confini continuano a essere piuttosto importanti. In particolare dopo la crisi del 2008, il peso del processo di esclusione è stato sentito nei paesi del centro più che in passato, con tutte le possibili implicazioni politiche.
DOMANDA
Nel tuo lavoro hai ragionato molto sul potere dei lavoratori e della classe lavoratrice. Fai una distinzione tra diverse forme di potere dei lavoratori. Puoi dirci qualcosa in più?
RISPOSTA
Si, una delle distinzioni principali è tra potere strutturale e potere di associazione. Il potere di associazione è la capacità di ottenere avanzamenti attraverso l’organizzazione sindacale e politica. Il potere strutturale è quello che deriva dalla posizione strategica dei lavoratori nel processo di produzione, un potere che può essere (e spesso è stato) esercitato in mancanza dell’organizzazione sindacale.
DOMANDA
Perché sono utili queste distinzioni?
RISPOSTA
Facciamo un esempio sul potere strutturale. Ci sono due tipi principali di potere strutturale: potere di contrattazione sul luogo di lavoro e potete di contrattazione sul mercato.
Di solito, per comprendere il potere dei lavoratori in senso ampio, si guarda al potere di contrattazione sul mercato. Con disoccupazione alta, questo potere si riduce, e viceversa.
Il potere di contrattazione sul luogo di lavoro (l’abilità di interrompere processi di produzione interconnessi grazie a scioperi localizzati) riceve meno enfasi, ma è forse ancora più importante per capire le odierne fonti di potere dei lavoratori.
Questo perché, se si guarda alle tendenze storiche di lungo termine, il potere dei lavoratori sul posto di lavoro è, innegabilmente, in crescita. Questo sorprende la gente, ma questo aumentato potere di contrattazione sul luogo di lavoro diventa palese con la produzione just-in-time nella manifattura. A differenza dei metodi tradizionali di produzione di massa, non ci sono buffer o surplus nel processo di produzione.
Quindi, con la diffusione della produzione just-in-time nell’industria dell’automobile, per esempio, un numero relativamente piccolo di lavoratori, fermando la produzione in nodi strategici (anche, per esempio, nella fornitura di tergicristalli) può fermare l’intera produzione. Ci sono molti esempi recenti di questo nell’industria dell’automobile in giro per il mondo.
Similmente, i lavoratori nella logistica, trasporti e comunicazione hanno un significativo e crescente potere di contrattazione sul luogo di lavoro legato agli effetti economici a cascata delle interruzioni in questi settori. Inoltre, nonostante la tendenza quasi universale a pensare al processo di globalizzazione come indebolimento del lavoro, la potenziale scala geografica dell’impatto di questi scioperi si è ampliata con la globalizzazione.
DOMANDA
E sul potere di associazione? Se i lavoratori non hanno sindacati o partito dei lavoratori, questo non mina il loro potere di contrattazione strutturale?
RISPOSTA
Non necessariamente. Pensiamo alla Cina. I sindacati autonomi sono illegali, ma ci sono stati recentemente importanti miglioramenti sul salario minimo legale, sulla legislazione del lavoro, sulle condizioni di lavoro. Questi cambiamenti vengono da un movimento di base basato sul potere strutturale dei lavoratori, sia sul mercato sia, ancora più importante, sul luogo di lavoro.
Penso che dobbiamo essere anche onesti sulla posizione strutturale ambigua dei sindacati. Se sono troppo efficaci e ottengono troppi risultati per la loro base, il capitale diventa estremamente ostile o non vuole avere a che fare con loro e quindi si muove verso una strategia più repressiva.
Il capitale può fare saltuariamente accordi coi sindacati, ma solo se i sindacati sono disposti a un ruolo di mediazione, limitare la militanza operaia e assicurare il controllo sul lavoro. Per poter avere questo ruolo, i sindacati devono dare qualcosa alla loro base, questo ci riporta al primo problema. Alla fin fine la domanda è: quali sono le situazioni in cui questa dinamica contraddittoria tra sindacati e capitalisti gioca a favore dei lavoratori?

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