LAVORATORI DI TUTTO
IL MONDO: INTERVISTA A BEVERLY SILVER (PRIMA PUNTATA)
Per gentile
concessione di Jacobin Magazine pubblichiamo la traduzione dell’intervista a
Beverly Silver, presidente del Dipartimento di Sociologia alla John Hopkins
University. Silver è una delle più importanti figure della sociologia del lavoro
e da sempre una militante per i lavoratori. Tra le sue opere “Le forze del
lavoro” e “Caos e governo del mondo” firmate con Giovanni Arrighi, entrambi
pubblicati da Bruno Mondadori.
DOMANDA
Negli ultimi decenni
c’è stata una ristrutturazione profonda della classe lavoratrice negli Stati
Uniti e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Qual è l’immagine a grandi
linee di questo processo di ristrutturazione? Quali sono le forze che lo
guidano?
RISPOSTA
Il capitalismo
trasforma continuamente l’organizzazione della produzione e gli equilibri di
forza tra capitale e lavoro, ristruttura la classe lavoratrice, la ricostruisce.
Quindi, per rispondere alla
domanda, penso che dobbiamo adottare una visione di lungo termine.
domanda, penso che dobbiamo adottare una visione di lungo termine.
Ha senso andare fino
alla metà del ventesimo secolo, dagli anni ‘30 agli anni ‘50, quando per la
prima volta è emersa negli USA una classe operaia della produzione di massa
molto forte, principalmente nel settore auto, ma anche in settori come quello
minerario, i trasporti e l’energia, settori centrali per l’industrializzazione e
il commercio.
Appena dopo la
Seconda Guerra Mondiale, il capitale ha cominciato a ristrutturare,
riconfigurare l’organizzazione della produzione, il processo del lavoro, le
fonti di manodopera e il posizionamento geografico della produzione. Questa
ristrutturazione è stata in larga parte una risposta ai movimenti dei lavoratori
nella manifattura, nelle miniere, nella logistica e nei trasporti.
Per capire questa
ristrutturazione, è utile espandere il concetto di “soluzione geografica” di
David Harvey. Il capitale ha provato a risolvere il problema della forza dei
lavoratori, e la minaccia ai profitti avanzata da essi, con una serie di
“soluzioni”.
Le imprese hanno
usato una serie di soluzioni geografiche spostandosi verso luoghi con minori
salari. Hanno attuato delle “soluzioni tecnologiche” riducendo la loro
dipendenza dai lavoratori accelerando l’automazione. E hanno attuato quella che
possiamo pensare come la “soluzione finanziaria”, muovere il capitale fuori dal
commercio e dalla produzione, muoverlo nel campo della finanza e della
speculazione come un ulteriore mezzo per ridurre la dipendenza dei profitti
dalla classe operaia strutturata dalla produzione di massa.
L’inizio dello
spostamento del capitale verso la finanza e la speculazione è stato visibile fin
dagli anni ‘70, ma è esploso dopo la metà degli anni ‘90, dopo l’abolizione
della legge Glass-Steagall (che separava le banche di risparmio da quelle di
speculazione) da parte dell’amministrazione Clinton.
Quindi, quello che
sembrava un collasso improvviso del potere del lavoro organizzato negli Stati
Uniti tra gli anni ‘80 e ‘90, in realtà ha le sue radici in decenni di
ristrutturazione su questi fronti, iniziata a metà del secolo.
Ovviamente, è
importante sottolineare che c’è un altro lato della medaglia. Queste soluzioni
capitaliste hanno smontato la classe operaia della produzione di massa, ma hanno
simultaneamente costruito nuove classi operaie negli USA e altrove. Queste nuovi
classi operaie sono oggi i protagonisti emergenti delle lotte dei lavoratori in
molte parti del mondo.
DOMANDA
Non è un segreto che
le forme tradizionali di organizzazione della classe operaia, come i sindacati
negli USA e i partiti socialdemocratici in Europa, sono in grave crisi. Come ha
fatto il capitale a indebolire e addomesticare queste espressioni degli
interessi della classe operaia?
RISPOSTA
Se guardiamo ai
massimi storici di militanza operaia (specialmente quelli in cui erano coinvolti
movimenti di sinistra, partiti socialisti ed operai) appare chiaro un insieme di
strategie per indebolire il potenziale radicale di questi movimenti. Si può
riassumere così: ristrutturazione, cooptazione e repressione.
I tipi di
ristrutturazione o soluzione menzionati sopra (geografica, tecnologica o
finanziaria) hanno certamente giocato un ruolo nell’indebolire questi movimenti.
Nel frattempo, la cooptazione dei sindacati e dei partiti dei lavoratori (la
loro incorporazione come partner minori nei progetti egemonici nazionali e nei
patti sociali) hanno giocato a loro volta un ruolo importante. Infine, la
repressione è sempre stata una parte importante della ricetta.
Prendendo gli USA
come esempio, nel secondo dopoguerra abbiamo visto il maccartismo e l’espulsione
della sinistra e dei militanti comunisti dai sindacati. Poi, tra gli anni ‘60 e
anni ‘70, i forti movimenti dei lavoratori neri radicati nelle fabbriche e nelle
comunità (il Partito delle Pantere Nere e Movimento del Sindacato Rivoluzionario
di Dodge) sono stati riportati sotto controllo con la pura e semplice
repressione.
Oggi, con la
militarizzazione delle forze di polizia e l’infinita “guerra al terrore” (che
creano un clima ostile alla mobilitazione dei lavoratori neri e immigrati) la
coercizione continua ad avere un ruolo di primo piano.
DOMANDA
Uno dei maggiori
dibattiti oggi è se la dinamica che definisce la forma della classe operaia
globale sia lo sfruttamento (lavoratori spremuti sul luogo di lavoro) o
l’esclusione (lavoratori di fatto esclusi dal lavoro salariato stabile). Cosa
pensi di questo dibattito?
RISPOSTA
Li vedo ugualmente
importanti. Sarebbe un errore ignorare la persistente importanza delle lotte
contro lo sfruttamento sul luogo di lavoro. Infatti, uno dei risultati della
strategia di soluzione geografica è stata la creazione di nuovi classi operaie e
di nuove contraddizioni lavoro-capitale ovunque vada il capitale.
In altre parole, la
resistenza operaia allo sfruttamento sul luogo di lavoro ha seguito il movimento
del capitale attraverso il globo nella scorsa metà di secolo. Infatti,
osserviamo le ultime manifestazioni di questa dinamica con la massiccia ondata
di agitazioni operaie che accade ora in Cina.
Una volta che le
imprese hanno compreso che semplicemente spostare le fabbriche in luoghi a basso
salario non avrebbe risolto il problema del controllo sul lavoro, il capitale ha
cominciato a fare più affidamento su automazione e finanziarizzazione.
L’automazione, per quanto non sia una novità, recentemente ha espulso
rapidamente lavoratori salariati dalla produzione, aumentando la visibilità
della dinamica di esclusione. Un esempio lampante è l’attuazione da parte della
FoxConn delle minacce di introduzione di un enorme numero di robot nelle sue
fabbriche cinesi.
Realisticamente, il
movimento del surplus di capitale nella finanza e nella speculazione dà anche un
importante contributo alla crescente esclusione. La finanza (specialmente le
attività finanziarie non direttamente legate al commercio e alla produzione)
assorbe poco lavoro salariato; più importante, trae profitti principalmente
dalla redistribuzione regressiva della ricchezza attraverso la speculazione,
piuttosto che con la creazione di nuova ricchezza. Da qui, il collegamento che
Occupy Wall Street ha trovato tra i livelli di disuguaglianza di classe e di
finanziarizzazione.
Automazione e
finanziarizzazione guidano un’accelerazione nella tendenza di lungo termine del
capitalismo a distruggere le condizioni di vita già esistenti a una velocità
molto più alta di quanto ne crei di nuove. Questa è sempre stata la tendenza
predominante del capitalismo storico in gran parte del Sud Globale, dove la
dispossession ha teso a essere più importante dell’assorbimento di lavoro
salariato, quindi vi erano sempre più lavoratori che non avevano altro da
vendere se non la propria forza lavoro, ma con scarse possibilità di
venderla.
Questa tendenza non è
nulla di nuovo, sia la sua accelerazione, sia il fatto che i suoi effetti si
sentano anche nei paesi centrali (non solo nel terzo mondo) aiuta a spiegare
come mai l’esclusione sia in primo piano negli attuali dibattiti.
DOMANDA
Per inquadrare
diversamente la domanda, ha senso pensare a esclusione e sfruttamento come
fenomeni separati?
RISPOSTA
Marx di sicuro non li
vedeva come fenomeni separati. Nel libro primo del Capitale, ha sostenuto che
l’accumulazione di capitale vada di pari passo con l’accumulazione di un surplus
di popolazione, che la ricchezza viene creata attraverso lo sfruttamento, ma
contemporaneamente grossi settori di classe operaia vengono esclusi i resi
superflui per i bisogni del capitale.
Per la gran parte del
ventesimo secolo, c’è stata una distribuzione geografica ineguale nei termini di
percezione del processo di esclusione. Infatti, fino a poco tempo fa uno dei
mezzi per mantenere la legittimazione da parte del capitale nei paesi centrali è
stato spingere il peso dell’esclusione sul terzo mondo e sui settori
marginalizzati della classe operaia dei paesi centrali.
La classe operaia
mondiale è stata divisa con confini definiti da cittadinanza, razza, etnia e
genere. Questi confini continuano a essere piuttosto importanti. In particolare
dopo la crisi del 2008, il peso del processo di esclusione è stato sentito nei
paesi del centro più che in passato, con tutte le possibili implicazioni
politiche.
DOMANDA
Nel tuo lavoro hai
ragionato molto sul potere dei lavoratori e della classe lavoratrice. Fai una
distinzione tra diverse forme di potere dei lavoratori. Puoi dirci qualcosa in
più?
RISPOSTA
Si, una delle
distinzioni principali è tra potere strutturale e potere di associazione. Il
potere di associazione è la capacità di ottenere avanzamenti attraverso
l’organizzazione sindacale e politica. Il potere strutturale è quello che deriva
dalla posizione strategica dei lavoratori nel processo di produzione, un potere
che può essere (e spesso è stato) esercitato in mancanza dell’organizzazione
sindacale.
DOMANDA
Perché sono utili
queste distinzioni?
RISPOSTA
Facciamo un esempio
sul potere strutturale. Ci sono due tipi principali di potere strutturale:
potere di contrattazione sul luogo di lavoro e potete di contrattazione sul
mercato.
Di solito, per
comprendere il potere dei lavoratori in senso ampio, si guarda al potere di
contrattazione sul mercato. Con disoccupazione alta, questo potere si riduce, e
viceversa.
Il potere di
contrattazione sul luogo di lavoro (l’abilità di interrompere processi di
produzione interconnessi grazie a scioperi localizzati) riceve meno enfasi, ma è
forse ancora più importante per capire le odierne fonti di potere dei
lavoratori.
Questo perché, se si
guarda alle tendenze storiche di lungo termine, il potere dei lavoratori sul
posto di lavoro è, innegabilmente, in crescita. Questo sorprende la gente, ma
questo aumentato potere di contrattazione sul luogo di lavoro diventa palese con
la produzione just-in-time nella manifattura. A differenza dei metodi
tradizionali di produzione di massa, non ci sono buffer o surplus nel processo
di produzione.
Quindi, con la
diffusione della produzione just-in-time nell’industria dell’automobile, per
esempio, un numero relativamente piccolo di lavoratori, fermando la produzione
in nodi strategici (anche, per esempio, nella fornitura di tergicristalli) può
fermare l’intera produzione. Ci sono molti esempi recenti di questo
nell’industria dell’automobile in giro per il mondo.
Similmente, i
lavoratori nella logistica, trasporti e comunicazione hanno un significativo e
crescente potere di contrattazione sul luogo di lavoro legato agli effetti
economici a cascata delle interruzioni in questi settori. Inoltre, nonostante la
tendenza quasi universale a pensare al processo di globalizzazione come
indebolimento del lavoro, la potenziale scala geografica dell’impatto di questi
scioperi si è ampliata con la globalizzazione.
DOMANDA
E sul potere di
associazione? Se i lavoratori non hanno sindacati o partito dei lavoratori,
questo non mina il loro potere di contrattazione strutturale?
RISPOSTA
Non necessariamente.
Pensiamo alla Cina. I sindacati autonomi sono illegali, ma ci sono stati
recentemente importanti miglioramenti sul salario minimo legale, sulla
legislazione del lavoro, sulle condizioni di lavoro. Questi cambiamenti vengono
da un movimento di base basato sul potere strutturale dei lavoratori, sia sul
mercato sia, ancora più importante, sul luogo di lavoro.
Penso che dobbiamo
essere anche onesti sulla posizione strutturale ambigua dei sindacati. Se sono
troppo efficaci e ottengono troppi risultati per la loro base, il capitale
diventa estremamente ostile o non vuole avere a che fare con loro e quindi si
muove verso una strategia più repressiva.
Il capitale può fare
saltuariamente accordi coi sindacati, ma solo se i sindacati sono disposti a un
ruolo di mediazione, limitare la militanza operaia e assicurare il controllo sul
lavoro. Per poter avere questo ruolo, i sindacati devono dare qualcosa alla loro
base, questo ci riporta al primo problema. Alla fin fine la domanda è: quali
sono le situazioni in cui questa dinamica contraddittoria tra sindacati e
capitalisti gioca a favore dei lavoratori?
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