“Mediterraneo tomba dei profughi”
Rapporto dell’Oim sui flussi: sbarchi dimezzati dal 2016, ma il
numero di morti è rimasto lo stesso.
Gli sbarchi diminuiscono, le tragedie continuano. Gli ultimi dati
sui flussi migratori, visti nel loro complesso, sono drammatici. Perché
se è vero che il numero di arrivi sulle coste europee del Mediterraneo
si è dimezzato nei mesi di luglio e agosto rispetto al 2016 (da 52.220
si è scesi a 23.301), il numero di morti è rimasto praticamente identico
(288 nel 2016 contro i 283 di quest’anno). Con un balzo ad agosto (151
morti nel 2017: nel 2016 furono 62), che contribuisce ad assegnare al
Mare Nostrum il triste primato di rotta più pericolosa al mondo.
Dall’inizio dell’anno, a livello globale, 3.741 persone sono morte nel tentativo di emigrare. Di queste, 2.542 sono state inghiottite dal Mediterraneo. Due su tre. Alle quali andrebbero aggiunti gli altri caduti sulla stessa rotta: 281 nei Paesi nordafricani, 147 nell’Africa Subsahariana e 156 nel Corno d’Africa. Queste le cifre accertate dall’Oim, L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ma in realtà potrebbero essere molti di più.
Tra i governi proseguono le trattative per modificare il piano operativo della missione Triton: «Sarà pronto entro due mesi» annuncia il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, anche se è difficile aspettarsi grandi rivoluzioni nella parte che prevede gli sbarchi esclusivamente in Italia. E dopo il vertice a quattro di Parigi, giovedì toccherà ai ministri dell’Interno dei 28 sedersi attorno a un tavolo e trasformare in pratica le buone intenzioni. Entro venerdì i governi europei dovranno comunicare alla Commissione il loro contributo al piano di reinsediamenti, che (teoricamente) porterà in Europa quasi 40 mila rifugiati nel 2018 attraverso i corridoi umanitari. I soldi ci sono, gli Stati devono mettere a disposizione i posti (su base volontaria).
C’è poi la necessità di rafforzare i controlli al confine
meridionale libico e di spingere il piano di rimpatri volontari
assistiti da Libia e Niger.
L’Europa cerca anche un piano comune sui rimpatri forzati degli «irregolari». Ieri Leggeri ha spiegato che il numero di quelli effettuati da Frontex è raddoppiato nei primi mesi del 2017: «Abbiamo organizzato 220 voli, per un totale di quasi 10 mila persone. In tutto il 2016 i voli furono 232 per 10.700 migranti». I rimpatri, però, sono possibili solo se esistono accordi di riammissione con i Paesi di origine. Giovedì i ministri discuteranno anche della necessità di utilizzare la leva dei visti - in senso restrittivo - con gli Stati che non collaborano.
Dall’inizio dell’anno, a livello globale, 3.741 persone sono morte nel tentativo di emigrare. Di queste, 2.542 sono state inghiottite dal Mediterraneo. Due su tre. Alle quali andrebbero aggiunti gli altri caduti sulla stessa rotta: 281 nei Paesi nordafricani, 147 nell’Africa Subsahariana e 156 nel Corno d’Africa. Queste le cifre accertate dall’Oim, L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ma in realtà potrebbero essere molti di più.
Tra i governi proseguono le trattative per modificare il piano operativo della missione Triton: «Sarà pronto entro due mesi» annuncia il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, anche se è difficile aspettarsi grandi rivoluzioni nella parte che prevede gli sbarchi esclusivamente in Italia. E dopo il vertice a quattro di Parigi, giovedì toccherà ai ministri dell’Interno dei 28 sedersi attorno a un tavolo e trasformare in pratica le buone intenzioni. Entro venerdì i governi europei dovranno comunicare alla Commissione il loro contributo al piano di reinsediamenti, che (teoricamente) porterà in Europa quasi 40 mila rifugiati nel 2018 attraverso i corridoi umanitari. I soldi ci sono, gli Stati devono mettere a disposizione i posti (su base volontaria).
L’Europa cerca anche un piano comune sui rimpatri forzati degli «irregolari». Ieri Leggeri ha spiegato che il numero di quelli effettuati da Frontex è raddoppiato nei primi mesi del 2017: «Abbiamo organizzato 220 voli, per un totale di quasi 10 mila persone. In tutto il 2016 i voli furono 232 per 10.700 migranti». I rimpatri, però, sono possibili solo se esistono accordi di riammissione con i Paesi di origine. Giovedì i ministri discuteranno anche della necessità di utilizzare la leva dei visti - in senso restrittivo - con gli Stati che non collaborano.
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