giovedì 4 dicembre 2014

pc 4 dicembre - Poletti e la cupola fascio mafiosa di Roma... le sue risposte sono quelle tipiche dei politicanti collusi da Andreotti a Cuffaro in poi

Poletti e la cena con Casamonica:

di Alberto Gentili
«Sono stufo di essere tirato in ballo per quella foto del 2010. Come presidente della Lega coop partecipavo a migliaia di iniziative e non potevo conoscere tutti coloro che incontravo. E in ogni caso non c'è alcuna mia responsabilità». Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, non ha gradito la pubblicazione sui giornali di una vecchia foto in cui viene ritratto a tavola insieme all'allora sindaco Alemanno, all'ex capo dell'Ama Panzironi, al dimissionario assessore alla casa Ozzimo e al capo della cooperativa sociale 29 giugno, Salvatore Buzzi, definito dai pm romani «braccio destro imprenditoriale» di Carminati, il presunto boss della mafia romana. Nella stessa sala, un tavolo più in là, la medesima foto ritrae Luciano, un esponente del clan Casamonica.

Ministro Poletti, è finito sui giornali in discutibile compagnia. Cosa risponde?
«Sto tornando in Senato a occuparmi del Jobs act, ho appena posto la fiducia sulla legge delega e non vorrei dedicare altro tempo a quella foto».

Però è la foto del giorno...
«Strano, anche perché è una fotografia molto vecchia e molto conosciuta. Durante l'ultima campagna elettorale romana del 2013, finì anche nei manifesti elettorali contro Alemanno, in quando in quell'istantanea era ritratto uno del clan dei Casamonica».

Nessun imbarazzo?
«Fastidio sì. E' sgradevole essere tirato ancora in ballo: allora ero il presidente della Lega delle cooperative e se fai il presidente delle Coop o di Confindustria e della Confartigianato o di qualsiasi associazione di qualche rilievo, è ovvio che partecipi a tante iniziative e incontri tante persone».

Anche i mafiosi?
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Guardi che se hai un ruolo pubblico, inevitabilmente partecipi a migliaia di incontri e di certo non puoi conoscere tutti quelli che aderiscono alla stessa iniziativa».

Dunque è sereno? Lei ha partecipato anche a diverse iniziative di Buzzi, il braccio destro di Carminati.
«Buzzi lo conoscevo in quanto presidente o vicepresidente della più importante cooperativa sociale di Roma, mi pare si chiami “29 giugno”. Ed è ovvio che sia andato alla sua assemblea di bilancio e che abbia partecipato a delle sue iniziative...".

Mafia Capitale: ministro Poletti, si dimetta


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Attorno a quel tavolo nel 2010 sono seduti proprio tutti: esponenti politici di destra e sinistra, assessori, consiglieri, manager, dirigenti, esponenti di clan e perfino un futuro ministro del governo Renzi: Giuliano Poletti, capo del Dicastero del Lavoro e allora dirigente della Lega Coop. Chiariamo Poletti non è indagato, non è coinvolto nell’inchiesta sulla Mafia capitale ma trasparenza vuole che il ministro – in queste ore – si fermasse a spiegare: in che rapporti era con quei personaggi? La Lega Coop che lui rappresentava ovvero le sue tante articolazioni erano in affari? Hanno usufruito delle amicizie del “mondo di mezzo” per accaparrarsi commesse pubbliche? I fatti sono di estrema gravità. La gente è stanca, disorientata, sfiduciata. Vedere il futuro ministro del Lavoro seduto allo stesso tavolo con quei commensali, chiacchierare affabilmente con gente come Salvatore Buzzi, secondo i magistrati, a capo della nuova Mafia capitolina insieme al sempre fascista Massimo Carminati, impressiona o quanto meno inquieta.
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Sarebbe necessario che il ministro del Lavoro Poletti facesse un passo indietro, rimettendo il suo incarico. E’ una questione di opportunità, trasparenza e chiarezza nei confronti del Paese e dello stesso governo Renzi. Occorre con i fatti “Cambiare verso”. Chi sostiene che Poletti invitato alla cena organizzata da Buzzi attraverso la cooperativa, “29 giugno”, non sapesse nulla della “bella compagnia” risulta essere – a mio avviso – solo un’aggravante. Non sapere, non conoscere e non comprendere non solleva dalle responsabilità. Anzi getta ingombranti ombre sulla capacità reale dell’allora dirigente della Lega Coop di autosservare i soci e prevenire le criticità di sistema. Il mondo delle Cooperative come quello delle Fondazioni pone con urgenza al legislatore l’adozione di nuove norme urgenti per garantire trasparenza e correttezza delle pratiche. Su questo ci dovrebbe lavorare perfino l’autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Strutture che nascondono e costruiscono interessi forti; nella maggior parte parallele al potere. Vere e proprie cinghie di trasmissione di interessi all’interno degli apparati pubblici.
Molte sono le cose che non vanno. E’ una brutta storia. Buzzi è stato detenuto negli anni ’70 e ’80 per omicidio e nonostante questo la sua cooperativa era associata alla Lega Coop. Superficialità? Pressapochismo? Improvvisazione? Chissà. Sta di fatto che i “mondi di mezzo” emanano tanfa, sono viscosi, putridi e allo stesso tempo seducono. C’è poco da fare. Insomma il “povero” Poletti non è stato – quanto meno – lesto nel “leggere” chi si trovava di fronte. Una colpa grave anzi gravissima. Quell’associazione malavitosa inedita e pericolosa per livello di abilità nel penetrare nei diversi ambienti economici-istituzionali ha costruito ponti, cunicoli, entrature senza che nessuno se ne accorgesse. Il mondo non è per i marziani. Il pianeta Marte è lontano. Poletti non si è accorto di nulla, non sospettava di niente e più che altro, non si è mai chiesto chi erano i personaggi che l’attorniavano e perché?
Dalla clamorosa inchiesta giudiziaria emerge un Paese senza speranze, dilaniato, imploso. Il quadro è avvilente. Leggere le intercettazioni ambientali, i colloqui telefonici, ripercorrere quelle fitte trame di rapporti e relazioni davvero si ha la sensazione che ormai la metastasi abbia invaso il cuore, le membra, i muscoli dell’Italia. Caro ministro sarà anche sgradevole tirarla in ballo per una foto di quattro anni fa ma addirittura a maggio il pregiudicato Buzzi nel corso di un’assemblea della sua cooperativa la salutava con “Un augurio di buon lavoro al ministro, nostro ex Presidente nazionale che più volte ha partecipato alle nostre assemblee”. Troppa familiarità, cordialità, cortesia verso il capo di un dicastero sensibile e strategico per la cricca fascio mafiosa. Per questo e tanto altro (occorrerebbe indagare affondo nel mondo delle coop) le dimissioni del ministro del Lavoro dovrebbero essere – in un paese normale – un atto dovuto gradevole.
Twitter: arnaldcapezzuto

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