AST, NON TUTTO VA SECONDO I DESIDERI DEI PADRONI E DEI SINDACALISTI
Assemblee molto partecipate, molte le critiche all’accordo, soprattutto da parte dei lavoratori delle ditte esterne che da quell’accordo non si sentono tutelati. Critiche anche sui tagli all’integrativo. Ma nel contempo non c’è aria di contestazione aperta. Il referendum confermativo si svolgerà il 15, il 16 e il 17 dicembre. Voteranno sia i lavoratori di Ast e controllate, che quelli delle ditte esterne. Ma mentre per i primi il voto sarà vincolante sull’accordo, il secondo sarà soprattutto politico. “C’è molta voglia d’informazione, in parte delusione, comunque la stragrande maggioranza dei lavoratori accetta l’accordo. Il piano industriale è per quattro anni, ci dicono, ma se non ci sono le commesse tra un anno si sta da capo. Le tensioni maggiori si sono avute con i lavoratori delle ditte che non si sentono tutelate dall’accordo”. Sintetizza così l’andamento delle assemblee il segretario territoriale della Fismic Gioacchino Olimpieri. Straordinaria o ordinaria, comunque adesso ripartirà la cassa integrazione per centinaia di lavoratori. La salvaguardia dei lavoratori delle ditte terze sarà rimandata alla contrattazione aziendale, e sarà un problema non da poco. I sindacalisti hanno difeso l’accordo: nessun licenziamento collettivo, ma solo uscite volontarie. Per Mario Bravi, segretario generale della Cgil dell’Umbria e Maria Rita Paggio, segretaria regionale Cgil e responsabile Industria, “si sono poste le condizioni per la difesa di una realtà produttiva fondamentale per l’Umbria e per il Paese”. Intanto è ripresa gradualmente la produzione, non al cento per cento, dato che si esce da due mesi di scioperi. Gradualmente si ricomincia, anche ricomponendo le squadre sguarnite di 296 organici che hanno accettato il bonus per l’esodo volontario. In molti casi persone esperte con professionalità particolari.
I licenziamenti incentivati
Proseguono le assemblee all’interno dei reparti di Ast e controllate, molto partecipate. Il problema che sta emergendo con forza in queste ore è quello della riorganizzazione interna dopo l’esodo di massa degli operai e dopo la scarsa uscita volontaria degli impiegati. Per tradurre: sono andati via più operai del previsto e molti meno impiegati delle previsioni. Anche le cifre oscillano. Alla firma dell’accordo le uscite volontarie dall’Ast erano 296, il giorno dopo 305, adesso c’è chi parla di 320 dipendenti che hanno firmato. La lista resta sempre aperta: fino al 31 dicembre 80mila euro lordi, un anno di mobilità per chi ha meno di trent’anni, due per chi ha più di quarant’anni e tre anni per gli ultracinquantenni. Gli impiegati in esubero nel piano Morselli erano 93, solo una ventina ad oggi sarebbero andati via. Restano una settantina di esuberi. E’ chiaro che di fronte all’ipotesi di demansionamento qualcuno, obtorto collo, potrebbe accettare gli 80mila euro lordi, i due o tre anni di mobilità e firmare le dimissioni. Problema inverso per gli operai. Se ne sono andati più delle previsioni, creando vuoti dappertutto e difficoltà nel creare le squadre
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