Roma, movimenti per il diritto all'abitare occupano la sede regionale del PD
I
movimenti per il diritto all’abitare di Roma stanno occupando la sede
regionale del PD a Garbatella, in via delle Sette Chiese.
Il volantino distribuito durante l’iniziativa:
Creano emergenza per accumulare profitti
Il sistema che l’inchiesta della procura di Roma sta mettendo in evidenza, non può destare stupore. Sono anni che il “modello Roma” ha queste caratteristiche ed i movimenti lo hanno più volte denunciato, con mobilitazioni e iniziative anche eclatanti. Che la gestione dell’emergenza abitativa, dei flussi dei migranti, della manutenzione del verde e delle strade, dell’accoglienza per i rom fossero oggetto di vivo interesse per il gran numero di soldi che gli girano intorno è cosa risaputa e consolidata. Ora tutti parlano di terremoto, compreso il Pd, ma sanno benissimo che la situazione attuale è frutto di relazioni e modi di agire corrotti e consapevoli, del fatto che mantenere questioni non risolte è più vantaggioso economicamente che sistemarle definitivamente.
Per questo non abbiamo visto piani di edilizia pubblica degni di questo nome, organizzazione strutturata dell’accoglienza per i migranti, superamento della logica dei campi. È molto più lucroso intervenire in una condizione di emergenza permanente, saltando paletti e trovando corsie preferenziali nel definire appalti e finanziamenti. Così Roma è stata ed è governata. I nomi che circolano non sono di poco conto e hanno condizionato non poco l’uso delle risorse pubbliche, orientandole per soddisfare interessi privati piuttosto che bisogni sociali. Il vero dramma è proprio questo: questo denaro non affrontava in modo risolutivo problemi gravi della città ma li perpetuava, e con questo metodo innescava procedure che si ripetevano nel tempo, premiando un circuito e una compagnia di giro consolidata e trasversale.
Più volte abbiamo tentato di rompere questo processo distruttivo. Chiedendo piani strutturali e un uso della città, delle sue risorse, funzionale alle necessità del “mondo di sotto”. Sempre siamo stati contrastati da modalità che invece di dare risposte hanno scelto di allungare i tempi, trovare soluzioni temporanee, favorire il mantenimento di un metodo dilatorio utile a dare un ruolo a corpi intermedi corrotti e politicamente screditati.
Il diritto alla casa per tutti si è sempre più allontanato come orizzonte, lasciando spazio ad altre modalità di gestione dell’emergenza e i soldi sono andati così a foraggiare le molteplici mangiatoie di cooperative, associazioni, lobby legate a consiglieri e assessori. Nel frattempo, il welfare di prossimità è stato cancellato e sempre più persone sono entrate pienamente nella schiera dei colpiti dalla crisi senza poter ricevere aiuti di sorta. Anzi chi si è organizzato dentro pratiche di riappropriazione, risolvendo collettivamente o singolarmente il proprio problema, viene colpito, sanzionato e considerato socialmente pericoloso. Con provvedimenti governativi pesanti, come il decreto Lupi, che nega anche la residenza e il diritto all’acqua e all’energia elettrica.
I movimenti sono stati spesso accusati di sfruttare i migranti come numeri da esibire dentro le manifestazioni o nelle occupazioni. Invece di prendere atto che c’era una sofferenza che voleva sottrarsi dalla propria condizione di disagio conquistando diritti, si è preferito criminalizzare e aggredire questo attivismo sociale. Ora viene da dire che c’è qualcosa che non va. Chi è che sfrutta la condizione di emergenza in cui si trovano migliaia di migranti? Chi è che si è scagliato nei giorni scorsi contro la loro presenza? Chi ha denunciato l’uso di soldi per la gestione dei flussi e dell’accoglienza? Gli stessi che stavano accumulando enormi guadagni sulla nostra pelle.
A queste domande ora esigiamo delle risposte. Vogliamo soprattutto capire come si intende andare avanti. Visto che le norme che il governo sta approvando, dal Jobs act al cosiddetto Piano casa con la vendita all’asta delle case popolari, a Roma come a Milano, stanno rendendo sempre più precaria la condizione di vita di milioni di persone.
Uscire dall’emergenza e cambiare rotta, questo è ciò che ora pretendiamo. Per non vedere più ripetersi il sensazionalismo di nuove e vecchie tangentopoli, che alla fine sono solo scontri di potere nella gestione dei soldi, presunti terremoti che poi lasciano tutto come prima. Il profilo assunto dalla politica è ormai chiaro e la distanza che si sta scavando tra i bisogni delle persone e le scelte governative è enorme, per questo non intendiamo mendicare nulla. Reclamiamo quello che ci spetta e non vogliamo ottenerlo fidelizzandoci con questa cordata o quella lobby. Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo mai. Solo le lotte sociali ci possono riconsegnare la dignità che giorno dopo giorno tentate di toglierci, insieme al reddito, alla casa, alla salute, allo studio, all’ambiente. Non vi stupite se oggi siamo qui.
Movimenti per il diritto all’abitare
Il volantino distribuito durante l’iniziativa:
Creano emergenza per accumulare profitti
Il sistema che l’inchiesta della procura di Roma sta mettendo in evidenza, non può destare stupore. Sono anni che il “modello Roma” ha queste caratteristiche ed i movimenti lo hanno più volte denunciato, con mobilitazioni e iniziative anche eclatanti. Che la gestione dell’emergenza abitativa, dei flussi dei migranti, della manutenzione del verde e delle strade, dell’accoglienza per i rom fossero oggetto di vivo interesse per il gran numero di soldi che gli girano intorno è cosa risaputa e consolidata. Ora tutti parlano di terremoto, compreso il Pd, ma sanno benissimo che la situazione attuale è frutto di relazioni e modi di agire corrotti e consapevoli, del fatto che mantenere questioni non risolte è più vantaggioso economicamente che sistemarle definitivamente.
Per questo non abbiamo visto piani di edilizia pubblica degni di questo nome, organizzazione strutturata dell’accoglienza per i migranti, superamento della logica dei campi. È molto più lucroso intervenire in una condizione di emergenza permanente, saltando paletti e trovando corsie preferenziali nel definire appalti e finanziamenti. Così Roma è stata ed è governata. I nomi che circolano non sono di poco conto e hanno condizionato non poco l’uso delle risorse pubbliche, orientandole per soddisfare interessi privati piuttosto che bisogni sociali. Il vero dramma è proprio questo: questo denaro non affrontava in modo risolutivo problemi gravi della città ma li perpetuava, e con questo metodo innescava procedure che si ripetevano nel tempo, premiando un circuito e una compagnia di giro consolidata e trasversale.
Più volte abbiamo tentato di rompere questo processo distruttivo. Chiedendo piani strutturali e un uso della città, delle sue risorse, funzionale alle necessità del “mondo di sotto”. Sempre siamo stati contrastati da modalità che invece di dare risposte hanno scelto di allungare i tempi, trovare soluzioni temporanee, favorire il mantenimento di un metodo dilatorio utile a dare un ruolo a corpi intermedi corrotti e politicamente screditati.
Il diritto alla casa per tutti si è sempre più allontanato come orizzonte, lasciando spazio ad altre modalità di gestione dell’emergenza e i soldi sono andati così a foraggiare le molteplici mangiatoie di cooperative, associazioni, lobby legate a consiglieri e assessori. Nel frattempo, il welfare di prossimità è stato cancellato e sempre più persone sono entrate pienamente nella schiera dei colpiti dalla crisi senza poter ricevere aiuti di sorta. Anzi chi si è organizzato dentro pratiche di riappropriazione, risolvendo collettivamente o singolarmente il proprio problema, viene colpito, sanzionato e considerato socialmente pericoloso. Con provvedimenti governativi pesanti, come il decreto Lupi, che nega anche la residenza e il diritto all’acqua e all’energia elettrica.
I movimenti sono stati spesso accusati di sfruttare i migranti come numeri da esibire dentro le manifestazioni o nelle occupazioni. Invece di prendere atto che c’era una sofferenza che voleva sottrarsi dalla propria condizione di disagio conquistando diritti, si è preferito criminalizzare e aggredire questo attivismo sociale. Ora viene da dire che c’è qualcosa che non va. Chi è che sfrutta la condizione di emergenza in cui si trovano migliaia di migranti? Chi è che si è scagliato nei giorni scorsi contro la loro presenza? Chi ha denunciato l’uso di soldi per la gestione dei flussi e dell’accoglienza? Gli stessi che stavano accumulando enormi guadagni sulla nostra pelle.
A queste domande ora esigiamo delle risposte. Vogliamo soprattutto capire come si intende andare avanti. Visto che le norme che il governo sta approvando, dal Jobs act al cosiddetto Piano casa con la vendita all’asta delle case popolari, a Roma come a Milano, stanno rendendo sempre più precaria la condizione di vita di milioni di persone.
Uscire dall’emergenza e cambiare rotta, questo è ciò che ora pretendiamo. Per non vedere più ripetersi il sensazionalismo di nuove e vecchie tangentopoli, che alla fine sono solo scontri di potere nella gestione dei soldi, presunti terremoti che poi lasciano tutto come prima. Il profilo assunto dalla politica è ormai chiaro e la distanza che si sta scavando tra i bisogni delle persone e le scelte governative è enorme, per questo non intendiamo mendicare nulla. Reclamiamo quello che ci spetta e non vogliamo ottenerlo fidelizzandoci con questa cordata o quella lobby. Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo mai. Solo le lotte sociali ci possono riconsegnare la dignità che giorno dopo giorno tentate di toglierci, insieme al reddito, alla casa, alla salute, allo studio, all’ambiente. Non vi stupite se oggi siamo qui.
Movimenti per il diritto all’abitare
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